Una domenica qualunque

La domenica non sembra qui un giorno di verso dagli altri. Forse diverso perché si lavora meno, ma meno di cosa…

Intanto che il tempo passa ci accorgiamo che c’è ancora tanto da fare per terminare il progetto. Rimarremo ancora un mese in questa terra e bisogna darsi da fare. Dopo due mesi qui iniziamo a guardare l’Italia con aria strana.

Stiamo iniziando a pianificare il ritorno in patria. Ed il nostro viaggio sembra diventare avventuroso come i tanti “viaggi della speranza” che si affacciano sulle coste italiane. Certo tra noi e loro c’è una grande differenza. Non ci sarà nessuno che potrà impedirci l’ingresso sul territorio italiano. Ma per noi sembra stia per diventare difficile lasciare questa terra africana. La nostra agenzia di viaggi italiana non risponde come dovrebbe alle nostre sollecitazioni. Sembra che ci siano delle prenotazioni a nostro nome in settembre ma ancora non abbiamo i codici di volo, e per noi 5 che tra le tante cosa siamo ufficialmente “clandestini” (qualcuno non ci ha rinnovato il visto d’ingresso) l’italia diventa per un attimo il miraggio del belpaese. A volte stanchi di mangiare la terra di questo quartiere. Sempre consapevoli che prima o poi per noi ci sarà il ritorno, inizia in noi la ricerca del capire cosa ci sarà dopo “il ritorno”.

Qui tutti si preparano ad andare in vacanza. Anche negli uffici pubblici per noi risulta difficile lavorare in questo periodo date le numerose assenze. Chiuso per ferie, anzi vuoto per ferie! Eppure il quartiere di Eugenio Lima non chiude per ferie. Donna Militina continua a prestare soccorso a chiunque glielo chieda. Joao imperterrito cerca di costruirsi una casa su un terreno che purtroppo la municipalità non gli concederà mai. Le altre donne del quartiere ogni mattina con un nugolo di ragazzini fanno la fila al fontanario per portare l’acqua in casa e tanti altri ad ogni risveglio cercano di dare significato alle loro esistenze, i tanti del quartiere che ogni mattina provano a dire la loro per migliorare la loro condizione.

Noi in questo periodo intenti a cercare di capire cosa fa o potrebbe fare l’istituzione pubblica. A volte davvero non curante di questi “cittadini” troppo spesso considerati di serie B!


Un mare che si perde all’orizzonte, questo è l’oceano a SANTIAGO. Acqua tutt’intorno. È un luogo senza eguali, la vegetazione è rada, il cielo non è solcato da nessun volatile, ne rondini ne gabbiani e poche navi nel porto, giusto quelle che portano i rifornimenti all’arcipelago.

Su quest’isola ci si potrebbe perdere. Lontani da ogni continente, dalle coste del Senegal proviene solo una eco dell’Africa, dall’America Latina il suono di un miraggio dall’Europa… un ingombrante cordone ombelicale.

Tutto questo per 10 piccole isole in pieno Oceano Atlantico.

Eppure la gente vuole vivere, vivere bene, vivere meglio. Dai quartieri informali della capitale a quelli benestanti si riesce a percepire il clima di chi non si vuole arrendere.

Molto spesso in contrapposizione entrambi, con uno sguardo all’oceano, oltre l’orizzonte, nell’attesa di un “buon veliero”. Quelli che nel passato ormeggiavano a centinaia prima di tentare la traversata oceanica.

Così si consuma un rapporto iniziato 5 secoli fa tra chi dimora qui e gli stranieri, di passaggio, sempre di passaggio!

Tanti su quei velieri ci sono saliti, senza far ritorno, tanto che qualcuno oggi conta più capoverdiani nel mondo che in queste isole.

Eppure, a questa terra sperduta nell’oceano, difficile, arsa dal sole e solcata dai venti africani continuano a pensare con sguardo nostalgico tutti quelli che l’hanno nel cuore. Tanto da ritornare prima o poi su queste coste. A volte anche dopo decenni di permanenza in “terre straniere”.

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