Solo un breve post

E cosi’ ho paura di tornare a Londra. Ma e’ bene forse scorporare questo dalle preoccupazioni sulla carriera. Queste ultime restano indifferenti (o se non lo sono, dovrebbero) al luogo, e voglio le stesse cose dal mio lavoro sia qui, a Firenze, che altrove.

Il giro di interviste e’ servito se non altro a mettere a fuoco il prossimo passo da fare, la conseguenza ideale delle premesse che ho diligentemente raccolto nel portfolio. Ci sono diverse cose che sento onestamente il desiderio di superare, certe dinamiche di studio in cui non vorrei rimanere invischiato di nuovo, entro certi limiti.

Medium-sized design office: low pay, lots of international competitions. Progetti interessanti ma alta probabilita’ di fallimento degli stessi (paper architecture); possibilita’ di imparare cose fondamentali della professione uguale zero o quasi. Valore nel divertimento e nella soddisfazione di produrre qualcosa di culturalmente rilevante, e forse nell’essere corteggiati dai media.

Big Corporate office: high pay, tutti i bonus e plus del caso ma progetti orrendi e/o banali, incredibilmente privi di guizzo creativo ma struttura di delivery efficiente. Se non accompagnata da esperienza di cantiere o comunque di team leader, rimane una esperienza che mi prosciuga di energie e non mi da’ nulla in cambio.

L’i-ching consiglia modestia. Quindi ufficio senza tanti lustrini ma con qualcosa di solido e progetti dignitosi che vanno portati a compimento. In pratica tutti quelli che ho contattato finora non valgono nulla. Bene, a fresh start.

Se non ho il coraggio di tornare laggiu’ ho paura di dover dare a me stesso del cretino fra un po’ d’anni. Ma la paura e’ dura da vincere. Mi ricordo come mi prendeva, come una crisi di panico quando percepivo la distanza sconfinata fra il mio paese, le strade e le persone che conosco e quella citta’ dura e spietata in una terra ingrata battuta da un clima sprezzante, il cinismo e la freddezza della gente di la’. Che ci facevo cosi’ lontano da tutto cio’ che amavo, cosa cercavo di dimostrare a me stesso, cosa speravo di trovare in quel vuoto sovrappopolato.

Sapevo che non avrei trovato nulla, e tenevo pronta la fuga di emergenza. Il bel gatto mammone ha scatenato un meccanismo gia’ in tensione da diverso tempo.

Volevo vedere se veramente la vita quotidiana fatta di piccole cose come la spesa da sainsbury’s e tesco o al mercato, la sauna il bagno turco la palestra la piscina, le mostre e i concerti e gli eventi in between, mi avrebbero costruito attorno un involucro confortevole, ma no, non era poi cosi’ confortevole; mi lasciava sempre l’amaro in bocca, avevo sempre la sensazione di non essere riuscito a godermi le cose perche’ non le condividevo abbastanza con uno, con molti, con nessuno.

Sempre quella sensazione vaga ma sicura di essermi perso qualcosa, che una parte andasse sprecata, che dopotutto fosse inutile sbattersi in giro cosi’ per andare nei posti a vedere cose quando poi alla fine uno restava regolarmente sempre inevitabilmente solo. E allora presi a frequentare scopate occasionali come sport, cercandovi le stesse cose e lo stesso desiderio di condivisione di qualcosa di piu’ intimo almeno per un’ora, due -tre volte, una settimana, un mese. Penso a Frederic. Non credo di averlo amato, pero’ in un certo qual modo era una presenza piacevole e anche buffa. Sovrappeso e con tutti gli errori addosso di un ragazzo allegro e di buona volonta’ che piangeva la notte e non voleva essere consolato.

Non ho perso quasi nulla a tornare, questo e’ il fatto. Ho lasciato un nulla che sembra qualcosa da una certa distanza. Gli amici, mi ha fatto piacere rivederli questa settimana. La dolce Marianne con cui passo sempre momenti incantevoli, tanto che finisco sempre per chiedermi per quale ragione non siamo fidanzati. Il mio amico Pieter mystic bushman, a cui veramente vorrei vedere sempre andare tutto bene nella vita perche’ se lo merita per la sua generosita’ senza ombra di ripensamenti e per il suo volere a tutti i costi rimanere in sella anche se tutto intorno e’ fucked up to the ground.

Ax, fra le sue mille contraddizioni che minacciano di soffocarlo ogni minuto, ride di quella risata stradaiola dell’east end e benevolmente cinica e io rido con lui e non riesco mai a non ammirarlo per la sua cortesia che e’ come un dono e per il suo genuino interesse per la vita delle altre persone. So che ha una vita interiore tormentata e segreta, ma non entriamo mai nel merito e mi dispiace un po’. La sua frequentazione esclusiva di persone ricche ha rischiato di rendermelo antipatico in alcune occasioni, ma poi alla fine e’ veramente un buon diavolo, come si dice. Penso di poterlo considerare un amico, anche se le nostre strade a volte si dividono.

Nooks… con cui invece non ho nessuna difficolta’ a condividere vita segreta e i pochi eccessi che mi concedevo, poi diventa impossibile negargli dei particolari data la sua curiosita’ e fame di informazioni. Uno sguardo puro a suo modo, senza giudicare. Quanti appuntamenti fasulli ci siamo mai dati? Centinaia. Mi ha invitato a casa dei suoi la notte di natale ed e’ stata un’esperienza esilarante. C’era anche Laura, ma pensa.

E poi altri, e ad osservarli bene c’e’ una piccola macchia nell’amicizia di tutti, una quasi trascurabile mancanza di attenzione, un essere momentaneamente assorbiti da una cosa diversa mentre io rimango li’ in attesa di una corresponsione un po’ naif, totale sorridente un po’ebete, il momento di condivisione assoluta, l’epifania e la catarsi. Mi insegnano che esistono altre cose, e la citta’ riempie tutti gli interstizi e fornisce di continuo occasioni per distrarsi, anche gravemente.

Fatto sta che sei sempre da solo, nel buono e nel pantano. Gente cortese ma abituata a cavarsi d’impaccio da sola e senza fare troppi discorsi ne’ pubblicita’. A Swansea hanno amputato entrambi i seni ma lei non fa altro che spararci battute. “Ah si’, ho tolto anche l’altro perche’ alla fine ero troppo sbilanciata e mi ero scocciata di girare su me stessa”. Le voglio bene per questo, oltre che per il fatto che mi fa ridere e imparo di nuovo a farlo ogni volta che la vedo. Suo padre era uno stronzo alcolizzato che ha messo in croce lei e sua madre finche’ e stato in vita. Quando e’ morto lo hanno cremato e lei ha messo le ceneri dentro un vaso in cui cresce una bella palmetta. Se vai a trovarla per il te’nello chalet in fondo al giardino lei, mentre passa gli scones ancora caldi di forno con la panna e i lamponi, con aria molto seria fa il giro delle presentazoni e alla fine ti presenta suo padre, indicando la pianta e raccontandoti la sua storia. Gia’ una cosa del genere a me basta per volerti bene per almeno dieci anni, penso. Forse mi ha anche trovato un posto dove stare, dalla sua amica Alexa che e’ un’altra adorabile squilibrata con una macchina giapponese che sembra una bianchina bicolore degli anni ‘60 ma non lo e’.

Quante paure: ho paura di lasciare Cisco come conseguenza del mio ritrasferimento la’. L’abisso della mancanza mi si apre davanti e minaccia di ingoiarmisi tutto intero. Ma forse con un po’ di pazienza riesco a fare qualcosa che non sia ammuffire di inedia qui a Firenze.

Vediamo

27/10/2006

Roma: possibile proprio tu? Intervista dall’uomo nero, Fuksas. Temo le sue sfuriate e le umiliazioni modello zio valerio che segnano la psiche di una persona. In realta’ credo fermamente che non sia necessario quel tipo di atteggiamento per diventare un architetto famoso. Gli ho gia’ dato, quasi in trance, quasi senza accorgermene, il tacito accordo. Si’ verro’ a lavorare per te, ok. Si’ che sono in grado di fare quello che tu mi chiedi, e lo faro’. A Roma. “Poi mi spiegherai perche’ vuoi venire a lavorare qui. Poi.” Te lo dico: perche’ ho bisogno di riscattarmi nel mio paese, un po’ come te, penso.

Fatto sta che alla fine Massimiliano si e’ fidato e mi ha dato il posto. Io forse parto in salita ma parto bene, non proprio dall’ultimo gradino.

Ma dio, Londra e’ cosi’ carica e ti da’ la
carica per affrontare qualunque cosa. Roma e’ bella ma insidiosa. Roma: Mi accorgo che riesco ad essere puntuale. Arrivo li’ un po’ distratto, ancora digerendo le colonne smozzicate che si ergono come denti marci dalla piazza-scavo, e il mosaico indecifrabile dei palazzi delle vie delle piazze che vi si attesta fieramente sopra o tutto attorno, che si combina e ricombina nel mio cervello senza produrre niente che abbia senso. Londra: Parti da casa caricato a molla ¾ d’ora prima , arrivi 5-10 minuti in ritardo che ti sembra di aver attraversato il mondo, vai li’ e parti in quarta a parlare, fare, risolvere. I giorni passano, le settimane ticchettano via come in un paesaggio sfocato dal treno. Roma: il tempo si fa beffe del tuo volergli dare un senso. Ti vende e rivende la sua storia inventata e riscritta mille volte, secondo come gli fa comodo al momento. La gente non e’ particolarmente benevola, come del resto in tutte le citta’. Gli fa schifo di lavorare, servire il prossimo poi non ne parliamo. Tutti signori, dall’edicolante alla tabaccaia all’angolo.

Un pochino pero’ mi ci vuole, mi sa.

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