Modus Pensandi ancor prima del Modus Operandi

Ultimamente sto studiando vari testi conmporaneamente sull’ arte e sull’ architettura giapponese.Ho una conoscenza abbastanza estesa sui maggiori siti web italiani che parlano di cultura Giapponese e sono arrivata ad una conclusione, avendo anche alcuni buoni  amici giapponesi.

il mondo giapponese sotto gli aspetti organizzativi e di impegno di lavoro per certi versi può essere confrontato con il mondo tedesco. Non ho mai visot gente così dedita e appassionata a quello che fa come in Giappone e in Germania. La grande differenza però è che in Germania si lavota procedendo passo dopo passo cercando di inquadrare un processo globale di progettazione. In Giappone invece si salta da una soluzione all’ altra con grandissima velocità e grandissima noncuranza e quindi automaticamente, si abbandona inconscientemente un filo conduttore.

A me succede la stessa identica cosa. In questa voracità di libri da leggere, testi da studiare, articoli da scrivere perdo il filo conduttore delle cose concrete. Forse è solo dovuto al periodo? Non lo so.

So solo che nonostante i computer, le impaginazioni creative dei concorsi, il virtuale, il digitale, il lavoro che faccio ultimamente sia forse più di coordinamento editoriale del mio materiale che non di progetto vero e proprio. Però penso sempre che il cuore del mio lavoro sta nel disegnare, nel prendere una matita e dare corpo e forma ad un disegno.

Una delle cosenguenze immediate quindi è la ricerca di concorsi e a volte mi ritrovo a chiedermi ” esiste un modo specifico per iniziare un nuovo progetto?”

Probabilmente no. L’ esperienza del libro ArchitecTour me lo ha insegnato.Ma al di là di ogni logica, di ogni analisi razionale e irrazionale, al di là dei sistemi e delle regole, dei committenti e dei limiti da essi posti, credo che ci si debba soffermare su un proprio modus pensandi prima ancora di un modus operandi, cercando di rendere la nostra interpretazione dei significati progettuali assolutamente autentica.

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