Secondo. “Veciooo

Secondo. “Veciooo SPACCA TUTOOO….” Urla il pubblico al cantante, scambiato forse per Jimy Hendrix. La musica dal palco fa tremare la città. Venezia è in preda alle convulsioni. E’ carnevale, l’evento veneziano per eccellenza, il più decantato e pubblicizzato. Infatti: giapponesi deliranti, americani ubriachi, spagnoli festanti, negozianti sorridenti per turisti dappertutto e da ogni dove. La città si mette il trucco, sprofondando nel kitch inebriante dei suoi colori pastello, rinvigorita dallo sfavillio urbano di bancarelle e luminarie. Intrigante ed erotica, felliniana ed antica, come una vecchia donna di mestiere. Che a febbraio ritrova la sua identità.

Nonostante il freddo cane, perenne baldoria notturna già dai dieci giorni prima del martedì grasso.. Una banda di suonatori intraprendenti (tamburelli sax e jumbè) ha tirato costantemente fino alle 4 di mattina. Supporto: circa una quarantina di studenti di giorno, rompiscatole ululanti di notte.

Il divertimento, qui prezioso come il fuoco delle tribù primitive, si tiene acceso quanto possibile.

Abbiamo solo voglia di divertirci” dice Elena, studentessa dell’accademia di belle arti e cameriera, animo anarchico, capo-squadra di una di queste bande festaiole “Venezia è una città morta, non si fa mai niente, i giovani si annoiano” Il carnevale è valvola di sfogo per questi ragazzi, che centri sociali a parte (due) non hanno di solito di meglio da fare che ubriacarsi di sprizt al bar di turno. Perfino i cinema, nella città del cinema, si contano sulla punta di un (1) dito.

E il carnet degli spettacoli, mai è più grasso che in questi giorni dell’anno. Musica dal vivo in Campo Santa Margherita e San Marco, poli della vita sociale lagunare.

“Venezia si crede la Jamaica d’ Italia”, dice Claudio, cileno, studente di master che ne ha viste tante. Infatti il reggae spopola, ci sono più capelli rasta che cespugli. Reggae e ska i gruppi più conosciuti “Fahrenheit 451”, “Ska-j”, per citarne alcuni…

Le “Good vibrations” sono le uniche a non nuocere alle fondamenta, si sentenzia nella città lagunare. Per questo tutti a festeggiare l’ingegner Bob Marley, morto esattamente trent’anni fa, ma ancora foriero di tanti aspiranti rastafariani con vin-brulè in mano. Fotografati da giapponesi increduli, che non sapevano di essere atterrati a Montego Bay.

Ma “il carnevale non è più quello di una volta“, mi confida Said, veneziano DOC, malgrado le origini mediorientali. Esperto della movida veneziana come pochi, testimone di una discesa economica e sociale della città. “Da quando la hanno imbellettata per i turisti, questa ha perso abitanti e studenti”, cacciati da un costo della vita stile costa azzurra.

Perché vivere a Venezia equivale a farlo in luogo di vacanze per nostalgici di atmosfere settecentesche. Che, nel week-end grasso, finiscono per concentrarsi in un bar a piazza San Marco dove falsi Casanova e damigelle prendono il caffè esposti ai curiosi. E ai pezzenti. “Questo è il ritrovo dei ricchi veneziani. Aspettano tutto l’anno per venire qui a incontrarsi ed esibirsi.” Dice un passante. Infatti dietro le vetrine fotografi e turisti fanno a gara per ritrarre lo spettacolo rococò opportunamente allestito. E riservato: “Posso entrare? ” chiedo. “No” mi fa il buttafuori, “solo guardare”.

Bon: anche questo è Carnevale.

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