Quinto. In città si

Pesci:

Quinto

Sesto

Settimo

Quinto. In città si muore. La povertà globale si sposta sempre di più dalle campagne alle città. Il miraggio di migliori condizioni di vita finora ha trascinato 900 milioni di dannati (1500 milioni nel 2030, secondo il trend attuale) nei ghetti metropolitani delle bidonvilles sudamericane, degli squatter settlement di Kinshasa, nelle favelas di Rio (dati ONU, Interim report on Improving the Lives of Slum dwellers) . Perdenti di tutto, dei vincoli di reciprocità sociale che avevano nei loro villaggi, dei risparmi. Padroni di niente, nessun titolo di proprietà, nessuna rappresentatività sociale.

La città è il nuovo inferno. Morire in Africa, significa sempre di più farlo in gabbie di lamiera, ai margini di città duali. Il 43% de della popolazione urbana dei paesi in via di sviluppo vive in uno slum settlement. Percentuale che sale a 73% per i paesi più poveri (fonte citata)

Rapidità impressionante: dal 2001 al 2003 Bombay è cresciuta di 1,3 milioni in due anni; Jakarta di 1,3 milioni ; Dhaka di 1,4; Karachy 1,1; Lagos 1,4.

Record di New Dheli: in due anni ben 1,7 milioni.(dati…World Urbanization Prospect, 2003 revision). Traino delle economie nazionali, punti di connessione della rete internazionale, ma sempre meno controllabili con i consueti strumenti urbanistici, le città del terzo mondo (il primo in estensione) lanciano nuove sfide allo sviluppo.

Ma di questo nn si parla. Nelle università e nelle riviste specializzate si ignora che la città che è entrata nel millennio della globalizzazione non quella luccicante dei grattacieli di Manhattan, o delle cupole fosteriane. Ma è sporca e ruvida. Non è quella razionale dei piani regolatori disegnati a regola d’arte. Essa è irregolare ed informale. Non è quella che si vorrebbe. Ma è quella che è, che per tanto si vorrebbe cancellare.

“…La demolizione forzata dei quartieri informali non riduce la povertà, crea povertà; non riduce lo slum, significa solo formazione di slum altrove […] La rilocazione è un’opzione solo quando la popolazione vive a rischio e solo attraverso soluzioni sviluppate con i cittadini […] la migliore opzione è di gran lunga la dotazione di un sicuro diritto di possesso nei quartieri informali esistenti con la partecipazione e il contributo di tutti gli attuali residenti […]” recita l’interim report, ricordandoci che lo squatter settlement va capito, caso per caso, ed assecondato: in fondo è esso il fenomeno urbano peculiare del nostro tempo.

Sesto. Uno schiaffone. L’istante deve stremare, sfiaccare, allungarsi in un tempo infinito.

Arko Datta-Reuters
Tamil Nadu, India, 28 dicembre 2004

Scrive Manuela:

tsunami
che ne pensate della foto che ha vinto (il world press photo 2004, ndpP)?
è giusto comunicare con immagini sulla dignità di una donna……….che vive la sua verità ..la morte?

info@housingitalia.com

Un istante può valere due anni. Un bacio. Una porta che si chiude. Uno sguardo. Ci hai mai fatto caso?

Una fotografia vale solo se riesce a dilatare altrettanto bene il tempo di un istante.

Quella donna non rappresenta sé stessa, ma un qualcosa di più comune e orizzontale che accomuna tutti.

Settimo. SIMONEEE!

Parlantina sottile, tatto di velluto. La tua ironia coglieva puntualmente nel segno. Un giorno, al primo anno, dicesti ad un tipo che azionò in un estintore nei corridoi di Valle Giulia. “Hai il cervello di una serranda!”. Ogni volta che ripeto quella battuta mi ricordo di te.

Il mio blog aspetta i tuoi commenti e le tue idee…

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2 risposte a Quinto. In città si

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