Pesce ventiduesimo Paura

Pesce ventiduesimo

Paura

L’unica paura che ho, è quella di tornare a scrivere. Quindi scrivo.

Ho paura di scrivere perché poi mi contraddico. Il tempo passa e le opinioni cambiano, si staccano parti di noi che non ci appartengono più fino a quando non rimane non so che (penso, comunque, qualcosa di meraviglioso)…

La scrittura è solo rielaborazione logica degli elementi che abbiamo ora a disposizione. E domani, quando questi elementi cambieranno? Altra logica, altra scrittura, altro testo. Altra ragione.

Per alcuni la ragione è un ideale universale, una specie di totem da adorare. O una specie di montagna sacra, tipo fujiama. Queste persone sono rigide. Affascinanti, talvolta, ma rigide. Tic rivelatori, mettono a nudo la loro paura di cambiare (non è facile muovere una montagna..). In genere loro hanno sempre qualcosa da dire. In genere, la stessa.

Per altri la ragione è soltanto uno strumento di emergenza, di grimaldello da usare facendosi strada tra situazioni difficili, sempre diversissime tra loro, un po’ come faceva Mc Giver . Nel lavoro (qualunque esso sia) li vedi fare marcia indietro senza troppi fronzoli, li vedi non sorprendersi di fronte agli imprevisti. Li vedi agitarsi come marinai incazzati nella tempesta, con muscoli allenati.

Queste ultime sono persone che poi hanno paura di scrivere. O ne sono un poco imbarazzate, o ne sono addirittura incapaci. Scrivere cosa se tutto è molto complicato e se tutto domani cambierà?

Spedisco in rete pensieri che sono solo pesci in fuga, fatti di sostanza, ma molto, molto leggera. Quanto basta per non collocarmi né tra i superrigidi ne tra gli iperdinamici.

Che qualcuno li legga, è una specie di consolazione che ha a che vedere con la condivisione e con l’ amore.

Pesce ventitreesimo

Brasile

Descrivere una realtà diversa ha un trabocchetto. Quando hai finito di descriverla ti accorgi che devi ricominciare da capo. Cambi prima o poi il filtro di percezione delle cose. Da gringo che descrive il Brasile, diventi un residente in Brasile che descrive il Brasile, fin quando non diventi un brasiliano che descrive il Brasile. Ogni volta devi cambiare, ogni volta è troppo presto. Parlo, solo un poco, di Bahia.

Società poisitiva e ludica, eternamente bambina, sembra essersi presa gioco un poco di tutto quello che hanno cercato di imporle. Si è presa gioco della religione, dividendola, smembrandola, assemblandola insieme a mille altre. I santi li trovi accanto alle bottiglie di rhum. E i vestiti di alcuni santi del Candomblè (Orixas), farebbero impallidire Mies Van de Rohe. Si è presa gioco della democrazia international-style, dell’idea razionalizzante che l’accompagna. Le ha fatto una pernacchia carnevalesca. Ovviamente bisogna immaginare tutte le ripercussioni che questo ha implicato fin’ora, fino alle più drammatiche. Ma questo paese non è l’unico ad avere dei drammi e questi ultimi li trovi poi strettamente connessi alla sua stessa personalità. E se drammi e personalità di un popolo, fossero dati proprio dalla misura in cui questo si discosti dall’ ideale democratico, tutto fatto di ragione, diritto, “ordine e progresso”? Questa idea democratica non ha , in fondo, anche una componente omologante quasi impossibile da applicare ovunque? E soprattutto in quanti paesi del mondo funziona perfettamente?

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