Non è uno scherzo

01 Aprile 2008

Os melhores do Mundo. Inteiro (e non sono scherzi)

Ho sviluppato questa teoria, comprovata anche da un altro italiano che vive qui e da un mio amico spagnolo che ha vissuto qui per circa 7 anni. Ah! Teoria verificata anche da un’altra italiana, mia amica, anche lei residente a Porto. Scusate, ma è importante dirvi che ho trovato sulla terra altre tre persone che la pensano come me. E come la penso? O meglio: a che cosa sto pensando? Penso ad un grandissimo senso di inferiorità, grandissimo, profondissimo, che poi alla fine produce una sorta di reazione psicotica…cioè, voglio dire che, per combattere questo complesso di inferiorità, i portoghesi tendono ad esaltare alcuni loro aspetti peculiari che sembrano rivalutare la grandezza della “portoghesità”. Con molti controsensi, ovviamente.

Adesso mi spiego meglio. E mi spiegherò per campi tematici.

Per chi si intende di calcio…

Ricardo Carvalho, l’ottimo difensore del Chelsea, è, secondo questo principio, il miglior difensore centrale del mondo. Do Mundo. Adesso,…si sa benissimo che chi, nel corso della propria vita, voglia apprendere la difficile arte del difensore centrale, deve opportunamente passare in rivista l’ultimo mondiale, dove il Professor Cannavaro Fabio ha dato lezioni di eccellenza. La Bocconi della difesa centrale? Fabio Cannavaro. Pallone d’oro o senza. Carvalho Ricardo, l’ottimo difensore del Chelsea, le partite che Cannavaro ha fatto al mondiale non riesce a farle. Proprio non ci riesce, não dà, não chega. E se non ci è riuscito adesso, a quasi 30 anni (quasi), ma col cavolo che ci riesce a 33, a 32, a 34 e passa…può essere il secondo do Mundo ma la distanza rimane sempre come la differenza di quota tra la Val Padana e la punta dell’Everest. È risaputa, inoltre, la vitaccia che il capitano azzurro fa a Madrid a causa della ben nota scarsezza della difesa del Real, gia ulteriormente peggiorata grazie all’arrivo di Pepe, brasileiro naturalizzato portoghese. Ma per loro, ovviamente, non si discute: Pepe e Carvalho i numeri 1 e 1 do Mundo! (Avete letto bene: numeri uno e uno). Ma è da Manchester che vengono le migliori notizie per i lusitani: l’allenatore del Manchester, Sir Alex Ferguson, ci propone la più patetica distorsione della realtà. Un’equazione del tipo: Maradona sta a Napoli come Cristiano Ronaldo sta a Manchester non gli stava bene e così il Sir ci propone direttamente Cristiano Ronaldo sta a Maradona. Punto. Allora, anche se io non sono un Sir (o forse proprio perché non sono un Sir) posso dire: Gattuso il dopo Rui Costa. Dal punto di vista del tocco di palla, ovvio. Il problema è che le opinioni si possono rispettare, o almeno si può tentare di mettercela tutta per rispettarle, anche le più impossibili, ma questo non vuol dire che non ci siano dei limiti! La distanza tra l’opinione e la provocazione, una volta superati certi naturali limiti di accettabilità (individuali e collettivi, sociali…) può essere cortissima.

Per chi ama la storia, e le tre caravelle…

Da questo campo viene, per me, una delle cose più “ingiudicabili”. Non so dare un giudizio. Parto da due postille. Anzitutto è risaputo che i portoghesi, anche se un po’ scherzosamente (anzi soprattutto scherzosamente), hanno una piccola rivalità con gli spagnoli. Più che con loro ce l’hanno con la Spagna, “l’Economia” Spagna, il modo di come questa “Macchina” culturale, economica, politica, ecc. influenzi la propria economia, il possesso delle proprie terre (in concomitanza che i vecchi e più ricchi pensionati inglesi che vengono nelle bellissime regioni dell’Algarve e dell’Alentejo dove si comprano delle bellissime tenute agricole), la conformazione dei propri interessi (del tipo: dopo quello portoghese, esiste solo il calcio spagnolo, nella sua totalità, e poi il Manchester e il Chelsea, dove giocano dei portoghesi) e via discorrendo. Sono le persone di una certa età che mostrano più antipatia nei confronti degli spagnoli, visti un po’ come dei prepotenti; i giovani, invece, grazie alla globalizzazione e alla maggiore possibilità che abbiamo “noi” di viaggiare e di conoscere luoghi e persone dei luoghi (per non parlare delle molte persone che vengono invece da noi dagli altri “luoghi”) imparano o hanno imparato a uscire da questi piccoli schemi preconfezionati. Una cosa sono le persone, altre sono i sistemi economici. Anche se può sempre capitare (e capita, secondo me) che i secondi influenzino i primi. La seconda postilla è di natura storica: prima che fossero scoperte le rovine, si dava per storicamente accertato, o molto storicamente plausibile, che Troia fosse solo una fantasia omerica. Poi invece si sono scoperte le rovine e la storia è stata riscritta. Ebbene, in Portogallo invece la storia si può riscrivere anche senza prove. È bastato che gli spagnoli avessero un dubbio sulle origini italiane di Cristoforo Colombo. Anzi, per spiegarmi meglio, è bastato che la Macchina storiografica spagnola avesse due certezze (quella della non italianità di Cristoforo Colombo e quella della sua sicurissima origine spagnola, “sicurissima” pur senza prove), per tramutare quello che fino adesso non ancora è stato possibile confutare (e cioè Cristoforo Colombo, nato a Genova, Italia, fra agosto e ottobre del 1451) in una sciocchezza, una favola, una stupida diatriba che vede protagonisti l’orgoglio nazionale italiano e quello spagnolo. Cioè dico che è bastato che gli spagnoli dicessero che, secondo loro, Cristoforo Colombo era spagnolo, pur senza riuscire a provarlo, e cioè pur senza riuscire a confutare il dato storico (nonostante le abbiano provate tutte), che per i portoghesi Colombo già non è più italiano. Come dire: un giorno gli spagnoli diranno che riusciranno a provare che i portoghesi meritano di essere dei loro sudditi e a Lisbona qualcuno comincerà a farci un pensierino. Credendo poi di essere saggiamente al di sopra delle parti, il principale esponente della pesantissima cinematografia portoghese, il 99enne Manoel de Oliveira, ha pensato di fare un film in cui propone al pubblico questa provocazione: e se Colombo era portoghese? Ok, e se Vasco de Gama era di Gallipoli? Me façam o favor…

Per chi studia o è interessato a scienze politiche e affini…

José Saramago, Nobel per la letteratura non ricordo più quando, grandissimo scrittore (secondo me) e, probabilmente, una delle 5 più grandi figure letterarie portoghesi (ok, è una mia stima), se ne esce un giorno dicendo che secondo lui il Portogallo dovrebbe far parte, e sottolineo il “far parte”, della Spagna, come se fosse una sua nuova regione, creando così, e “finalmente” (aggiungo io), l’Iberia…una confederazione di staterelli che vivo
no all’unisono in virtù di una origine culturale comune. La cosa, secondo il Saramago pensiero, dovrebbe portare dei grandi benefici economici ai lusitani. E fin qui tutti d’accordo. I portoghesi sono stati pienamente d’accordo su questo punto. La cosa assurda è invece, e sempre secondo me, proporre il modello spagnolo come simbolo ideale di confederazione di popoli diversi, di supposte origini culturali comuni. La Spagna? Ma chi si sente spagnolo, tra gli spagnoli di Spagna? Forse solo i vecchi amanti di Franco, forse solo i madridisti. Ma avete chiesto a quelli della Galizia, delle Asturie, della Catalogna che cosa preferiscono tra il far parte della Spagna o l’essere degli stati indipendenti, con le proprie leggi e la propria economia? Avete chiesto se sono soddisfatti di far parte della Spagna? E ho nominato solo 4 “regioni” perché altrimenti per fare l’elenco sarebbe stato troppo umiliante nei confronti della teoria del “modello spagnolo”.

Finalmente,…per chi ama l’architettura…

La cosa più bella è avvenuta durante quel mesetto che ho fatto da Alvarinho. Il figlio di Siza, ricordate? Una sera passa da noi un architetto che insegna negli USA. Non ricordo dove, ma siccome è un portoghese, fate conto che deve essere obbligatoriamente una delle migliori facoltà degli USA. Si porta dietro la scolaresca, in gita per qualche giorno in Portogallo. Ad certo punto, dopo un breve saggio sui progetti del Siza minore, nasce la discussione. Il professore comincia a parlare della scuola di Porto. Si parla della Scuola di Porto ma qui a Porto hanno l’umiltà implicita di considerarla La Scuola Portoghese. Il professore sembra essere un po’ esaltato, comincia a decantare le virtù lusitane parlando di come gli architetti portoghesi abbiano successo un po’ ovunque nel globo, no globo, grazie all’eccellenza della loro preparazione, alla cura del dettaglio ecc. arrivando a dire che anche senza Siza e Souto de Moura la cultura architettonica portoghese avrebbe avuto comunque i livelli di successo che stava avendo. Disastro! Non l’avesse mai detto. << che? cosa? ma cosa dici! senza Siza non ci sarebbe mai stato niente! Ma no! Non è vero! >> Grande teatro…Non era una litigata ma i toni erano alti, due galli che cercavano di surclassarsi con il tono di voce. Ora, mi chiedo quante pagine riviste come casabella abbiano dedicato a Siza. E quante ai suoi discendenti. Ma quante pagine avrebbero avuto questi discendenti senza le pagine siziane? Con la paura di essere smentito, mi auto-rispondo: secondo me pochissime. Molto meno di adesso. Accetto smentite, anche vigorose. In fondo sono qui per questo. Anche per apprendere.

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