sul Brasile

Alcune considerazioni sui destini Erasmus (PARTE PRIMA).
Tipo quelli che scelgono gli studenti della FAUP.
(Qui non si vuole dire che se uno vuole andare a studiare a Barcellona, Firenze o Roma è uno stupido. Qui si parla di andare a studiare Architettura nelle spiagge carioca. Sarà così sbagliato?)

Il mio sogno era il Brasile: o Brasil! Porto? Ma che volete…quando ho scelto di partire non c’era la possibilità di preferirgli una Lisbona, o Lisboa,…nemmeno una Guimarães, né una Coimbra. Quella che studia. E sì perché il detto è questo: Porto lavora (immaginatevi una specie di fusione Milano-Torino); Braga prega (nel Santuário do Bom Jesus do Monte); Coimbra, città universitaria per eccellenza, studia (appunto) mentre Lisbona,…be’: Lisboa si sollazza. E che si va a fare in Erasmus se non quello?
Rio dovrebbe essere il sogno di tutti. A quest’ora potrei scrivervi qualcosa sull’architettura carioca dalla spiaggia di Ipanema. Molti portoghesi, e sono molti credetemi, anzi…molti Faupiani, non si rendono conto della fortuna che hanno. Il Portogallo ha dei protocolli con il Brasile per cui c’è uno scambio di studenti tra loro e i penta campioni del Mondo. Il risultato è che sono molti i viaggi dal Sudamerica all’Europa. E ben pochi i gli “inversi”.
Una volta ero in aula-computer. In FAUP. Leggevo beato le mie e-mail mentre una sofisticatissima sconosciuta bellezza portoghese lavorava intensamente al mio lato, impegnata nel mettere su sezioni e prospetti.
Insomma ad un certo punto mi metto a ridere per una cosa che scriveva il mio amico.
– Cosa c’è? Cosa c’è?…
– Oh, niente…è una cosa che scrive il mio amico. Dall’Italia.
E dopo credo di averle detto:
– Sai, sono Italiano. Erasmus…
– Oh, anche io voglio fare l’Erasmus ma sono ancora indecisa.
– A si? E dove?
Che scemo, mi aveva detto che era indecisa!
– No so, pensavo Francia, Spagna…sì: Spagna forse. Ma ancora non so.
– E Italia no?
– No no! L’Italia no. Mi hanno detto che non si lavora lì…
– …..?!!!
Al momento cercai di difenderci. Ma adesso, che è molto tempo che non la vedo, le parole giuste mi uscirebbero quasi spontaneamente. O forse, meglio ancora, non ne uscirebbe nessuna. Avrei potuto chiedergli perché non stesse considerando l’ipotesi di andare a Rio, ma…”tacqui”. Continuo a pensare una cosa: che se gli avessi parlato di Rio, in risposta avrei ricevuto lo sguardo di uno che si sente chiedere 700 Euro da un lavavetri al semaforo.
Gli studenti FAUP dicono che in Brasile ci vanno eccome…ma non capiscono mai la mia osservazione. È che ci vanno in pochi. È come da noi andare a Lovanio o in Danimarca o in Grecia: sì, ci si va ma…Prima di Rio per loro vengono sempre altri destini: quelli dove, oltre all’ambiente, alla cultura e al clima, si deve pure lavorare e lavorare bene. Tipo a Barcellona, la Spagna, il paese che noi dovremmo cercare di essere a sentire molti nostri connazionali. Due miei compagni di appartamento, due personaggi della ETSAB, ci raccontavano spesso delle sconfitte degli studenti portoghesi…che arrivavano lì a Barcellona con le loro conoscenze certificate FAUP e scoprivano amaramente che la loro dottrina si frantumava contro lo stile della ETSAB.
– E loro a dire: ma come! Non può essere! – Ci raccontava Xavi.

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