L’Architettura è una bella vetrina di luoghi comuni, ma evidentemente non può essere l’unica scienza a soffrire di questo vizio. Ad ogni modo, pare che in questo campo sia praticamente impossibile fare a meno dei soloni semiprofessionisti. «L’Architettura è in realtà “questo” (e quello)…» è tra le espressioni più abusate. Ma oggigiorno è d’obbligo prestare attenzione più alla forma che al contenuto, in quanto per quest’ultimo sarà sufficiente seguire un copione di successo già ampiamente collaudato. Basta cioè scendere in piazza per una «less aesthetics, more ethics!», o lottare contro le architetture “di troppo”, boicottare tutto ciò che non è e non vuole essere sostenibile, partecipato, condiviso, “crow”. E simil secchiate di fumo negli occhi.
Quasi sempre, tutto ciò che c’è nel Mondo è sbagliato e va cambiato. (Ma solo da un certo tipo di architetti). L’autocompiacimento del settore ha generato un prodotto che faremo fatica a smaltire. Quell’idea, quell’insana suggestione, secondo la quale l’architetto sia, in realtà, “Colui che sa”. Il paladino di una sprovveduta Umanità. Un pastore, che fino agli anni ‘80 portava la giacca con le toppe e lavorava in silenzio, a testa in giù, anzi curvo sul parallelografo. «Il mio cliente è il cittadino!», non diceva (più o meno) così, quel noto milionario progettista del nostro tempo?
Oggi, per celebrare l’inaspettata dipartita di un noto architetto, siamo anche in attesa dei luoghi comuni di più ampia portata («sono sempre i migliori che…»?). Questo perché sappiamo già a cosa andremo incontro. Per fini che mi sono del tutto sconosciuti, ci verrà imposta un’alterazione del linguaggio, che mette al primo posto il sesso dell’individuo (non più architetto, ma “architettA”). A seguire, dovremmo anche sorbirci gli encomi postumi, dopo che per anni l’opera e il suo autore (AUTRICE!) sono stati tacciati di “archistarismo”. In definitiva, non ci toglieremo mai dal groppone quella spassionata voglia di giudicare, di creare eroi, di separare chirurgicamente il Bene dal male, di dire «le cose giuste vanno fatte “così e così” (cioè come dico io!)…». Avete mai letto qualche giudizio positivo sul “dopo Expo” o su qualunque ricostruzione “post tragedia”? È un’assenza statisticamente irreale.
Questo breve testo è esso stesso la prova provata di tutta la filippica assertiva (e sovversiva) in esso contenuto. Come a dire: troppa critica? E allora facciamo un po’ di bella critica alla Critica! Roba già vista. Come la montagna di “nuovi (sconvolgenti!) vangeli” che vengono scoperti una volta ogni dieci (10) anni. Del resto è un antico vezzo umano, quello di combattere un problema con un altro problema. Come un Ente creato per abolire altri e troppi Enti. Viva dunque l’Architettura di coloro che non vogliono salvare il Mondo, snobbano il contesto e (quando possibile) si “archistarizzano” compiacenti.