data stellare 09.02.2007

Diario del Quasi Arch. – Aggiornamento –

Mi sento di dover intervenire in questo dibattito sul numero chiuso, nuovamente aperto.
Ritengo che la selezione all’ingresso non sia la soluzione. Certo, qualcuno degli astanti, provenendo da una realtà piccola e funzionante, sostiene l’idea che se se aprissero le cataratte, l’invasione sarebbe tale da impedire alla macchina di funzionare in modo così puntuale.
Ripeto quanto già detto: su QUESTO punto posso essere d’accordo. Ma altrove? Dove non c’è un discorso di qualità da preservare?
Lo facciamo per salvaguardare una situazione già di suo estremamente complicata e affollata
Mi dispiace, ma è solo un punto di vista! E’ solo un aspetto del problema. Perchè le nostre facoltà, se si evitasse di trascinare le tesi per 2 anni, riguadagnerebbero molti mq occupati dai poveri disgraziati che attendono di laurearsi! Secondo il mio modestissimo e discutibilissimo parere, la selezione va fatta DENTRO. Non agli “estremi” dell’università. E circa il discorso dei 18, degli esami di progettazione. Io inizio già a non ricordare con esattezza il mio voto di laurea a distanza di un solo anno (forse dipende anche un po dal rincoglionimento…). Questo perchè FUORI, a meno di concorsi o selezioni molto particolari, non stanno troppo a badare a queste cose. E’ più importante COSA sai fare. E l’oggettività del voto… ricordo che uno dei motti preferiti, in periodo di sessione era “l’esame è quasi tutto culo”. C’era la pagina che non avevi studiato e ti veniva chiesta, il 30 dato a chi non aveva fatto una mazza se non un argomento e gli era stato chiesto QUELLO etc etc. E’ già complesso dare un voto “oggettivo” in questi casi. FIGURIAMOCI quando di mezzo ci passa un progetto! A noi viene categoricamente proibito ragione in termini di gusto, perchè dobbiamo avere l’analisi critica, dobbiamo ragionare e tutte ‘ste cacchiate. Poi ci becchiamo 18 perchè il professore ci dice che il nostro progetto a lui “non piace”.
Chiudo rispondendo a L… non sono pochi quelli che vedono dietro al mio intervento un eccesso di ricerca del complottismo. Figuriamoci, nelle mie “sparate”, talvolta esagero e vedo ombre dove non ci sono. Però rimango dell’idea che, anche commettendo peccato, a pensar male ci si azzecca. E’ vero anche che qualche professore (i pochi che costruiscono, in genere) è talmente convinto di essere il super-macho dell’architettura, che ti spaccia il suo stile come l’unico possibile. Ma è anche vero che trovi facilmente chi semplicemente non ha voglia, chi è talmente perso dietro ai fattacci suoi che vede gli studenti come un fastidio necessario per arrivare allo stipendio etc etc
Dio ce ne liberi e scampi! Ma esistono anche quelli bravi. Io sparo a zero spesso e volentieri, ma non dobbiamo dimenticarlo mai: i professori che ti seguono, ti aiutano, ti fanno crescere anche e soprattutto FUORI l’università di sono. Il problema è questo: sono la minoranza! Sono una disgraziata minoranza, con pochissima voce in capitolo…
Detto questo, torno a lavoro!
Buon proseguimento!

Ok, la chiamerò la “rivolta di ferrara“. Nell’intimità della mia casella di posta e nella promiscuità del canale pubblico, ottengo appoggio e solidarietà da praticamente ogni angolo d’italia (curiosamente dai mega e grandi atenei), ma da Ferrara ricevo mail di persone quasi scandalizzate che ci tengono a puntualizzare quanto loro abbiano vissuto bene la realtà accademica (qualcuno lo dice scherzando e giocando, qualcuno me lo fa notare con una punta di acidità). Questo non fa che confermare l’indagine del sole 24 ore che da diversi anni pone la facoltà di architettura di ferrara ai primi posti assieme a roma 3 (due piccole ed efficientissime realtà).
Qualcuno addirittura (ebbene sì) DUBITA possa esistere una realtà come quella che ho descritto, attribuendomi una fantasia notevole o comunque un’enfasi eccessiva
Signori, per voi che mi date del miscredente, vi invito a farvi un giro in alcuni grandi atenei. Mi saprete dire. Ma non venitemi a dire che non vi avevo avvertito.
Perchè le realtà sono COSI’ differenti? Qualche amico nordico provava ad avanzare la teoria romana: più si è vicini ai luoghi di potere, più lo schifo e l’inciucio sguazzano. Questo è parzialmente vero. Ho ricevuto diverse mail anche da Milano, Torino, Genova, però, che mi fanno pensare a un completamento del teorema: più soldi ci sono in ballo, più lo schifo e l’inciucio sguazzano. Eh già, perchè quando c’è la possibilità di arruolare più studenti possibile, quando è tutto un discorso di certi atenei che si contendono i soldi dallo stato ignorando bellamente la QUALITA’, questo disgustoso teatrino da me descritto diventa improvvisamente possibile, reale. A chi rivolgersi, mi domanda qualcuno di voi. Provate a domandare a qualcuno in alto…
Professore, ma queste storie di laboratori pilotati, dove viene stroncata la creatività dello studente?
Bah, piccole realtà che non ci riguardano. Forse qualche professore ha indotto con più forza del dovuto un determinato stile, o forse ha dovuto imbrigliate gli studenti vulcanici, sotto il profilo delle idee; ma comunque qui produciamo professionisti eccellenti
Oh mio Dio… sembrava una risposta seria! A momenti ci cascavo anche io! In realtà la cosa andrebbe interpretata così:
Bah, mi sembra assolutamente normale! Mica hanno l’esperienza che abbiamo NOI professori! Loro devono imparare e stare zitti! Se non abbiamo sfondato NOI, come sperano di potercela fare LORO? Gli studenti con capacità di produzione superiore? Non c’è problema, li mazzoliamo per benino, stroncando ogni loro voglia creativa con revisioni stupide e ripetitive, sino a spegnere in loro ogni volontà di ribellione
Ecco.. suona decisamente più onesto, non trovate?
E ancora…
Ma non trova che 60-80 anni, come fascia di età dei professori sia un po altina?
Ma noi siamo apertissimi ai professori giovani! Anzi, li incoraggiamo (senza mai chiarire COME li incoraggino… forse intende “al suicidio”)! E’ vero anche che la nostra politica è sempre stata quella di favorire l’esperienza di professionisti che possono dedicarsi completamente all’insegnamento, piuttosto che abbandonare gli studenti agli impegni di giovani architetti, che oltre alla didattica, lavorano anche a studio.
Sto diventando davvero bravo… mi sto persuadendo da solo. E oraaaaaaa VERSIONE REALE!
Ma chi se li schioppa i giovani professori! ‘Sti sbarbatelli che vengono a insegnare QUI al posto nostro! TZE’! SOLO NOI abbiamo fatto architettura. E SOLO NOI possiamo insegnarla. Quanti anni hanno ‘sti fring
uelli? 35? 40? Ma mettiamoli a fare altri 20 anni di tirocinio, che questi giovani di oggi non hanno la stoffa che avevamo NOI alla loro età!

Ma non ci fermiamo qui. Non possiamo! C’è anche chi si sfoga per le nuova tassazioni e le drammatiche procedure legate alla partita iva. Purtroppo, qui, il mio aiuto è minimo. Il problema è però sempre lo stesso: nel tentativo di beccarne uno, ne falciamo una cinquantina. Il principio, quando si è andato a metter mano a queste robe, era la creazione di un sistema più rigido, tale da evitare o comunque rendere facilmente identificabile il possibile evasore. Nel complicare la pratica, inoltre, si cercava di scoraggiare l’apertura delle P.Iva a buffo, per impedire ai cialtroni di usare questo strumento per evitare di assumere. Il risultato non è decisamente dei più felici. Anzi. Ma PARE, almeno stando alle voci interne alla tribù, che le richieste di partita iva stiano diminuendo. Sempre e comunque a vantaggio dei contratti a progetto. Dalla padella alla brace.
Attendiamo pazienti un’adeguata riforma del mercato del lavoro. Non ci prenderanno per stanchezza. MAI.
Adesso… dove eravamo rimasti con la follia delirante della mia tesi? Ah sì… alle nuvolette del palazzo del teatro. Facciamo un piccolo passo indietro. Il progetto su cui avevo poggiato le mie belle speranze di Luglio, era piuttosto semplice: un grande corpo a pianta rettangolare che scavalcava i binari della metro B, andando a ricucire Garbatella e Ostiense. Sopra i binari, una piastra di parcheggi; nel complesso dei mercati, una sala immensa, polivalente per spettacoli a 360° più altre due minisale, ricavate da un gioco di somma e sottrazione di solidi. Insomma: una gran bella caciara. Amante da sempre delle passerelle Piranesiane, il mio progetto era un continuo sovrapporsi di rampe, ingressi, uscite, ascensori. Il tutto rigorosamente trasparente, perchè il flusso dei visitatori fosse tangibile, vivibile. Può non piacere. Può piacere. Non era un problema, QUESTO. Erano le farneticanti follie dell’assistente, che da ora, per amor di brevità chiameremo il Griso, per il suo smodato servilismo, la sua repellente funzione e la sua ignobile fuga nel momento del bisogno del padrone. Noi ovviamente gli auguriamo la stessa fine. Rivedere i promessi sposi, chi non ricorda… Voglio darvi un aiutino: peste bubbonica. Il griso, dicevamo, andava inventando ogni tipo di scusa. Cui ribattevo fieramente, ottenendo però solo nuovi e farneticanti impedimenti.
Dobbiamo rivedere i dimensionamenti. Questa sala è troppo bassa.
Nessun problema. La alzo
Tzè! Tu pensi che basti questo?
E’ troppo bassa. La alzo. Che altro dovrei fare? Le do due colpetti sul culetto e le dico “cattiva, cattiva”?
Tu devi finire la tesi che sai progettare un teatro
E questo come influenza l’altezza della sala?
E poi gli accessi? Non vanno!
Fammi indovinare: gli accessi sono troppo accessi
Dove sono i bagni?
Eccoli
No, lì non vanno
Neanche il tuo cervello sta bene tra le natiche, ma non ti ho creato problemi, no?
E via discorrendo. Rottomi i cabasisi, feci il progetto PUNTO. Piante, prospetti, sezioni. E mi presentai alla revisione. E lui, come ebbe il coraggio di giustificarsi, dinanzi all’ennesimo non luogo a procedere?
“Non riesco a leggere le tue piante”
Prego? Non riesci a leggere le mie piante? E tu saresti un assistente di progettazione? Io non ti farei assistere nemmeno in un pollaio abbandonato!
Vorrei far presente che il problema non derivava dalla grafica sbagliata, dall’assenza dei pennini, degli spessori. No. Semplicemente il principe degli imbecilli mi usa come scusa “non so leggere la pianta”. Interessante. E, se mi è concesso, vostra suprema cialtroneria, come esercita la professione? No non me lo dire, fammi indovinare! Sei di quelli che tracciano due curve, fanno fare il culo ai propri schiavi e poi si limitano a mettere una firma?
Le cose sono, molto stringatamente, due:
1. non sei capace di leggere delle piante. ERGO sei il peggiore dei professionisti e dovrebbero radiarti. E’ come se un avvocato non capisse una sentenza, un ingegnere non sapesse una cippa di matematica, un geologo fosse convinto che la crosta terrestre è sorretta da dei nani vestiti di rosso (coltissima citazione che spero che Leo Ortolani apprezzi)
2. stai inventando delle scuse.
Visto il legittimo dubbio legato al punto uno (nessun professore, per quanto imbecille, seleziona assistenti COSI’ palesemente incompetenti), devo dedurre che ne stai facendo una questione personale.
La cosa viene confermata UNA SETTIMANA PRIMA DELLA DISCUSSIONE. Tavole stampate su carta normale (ma il formato elettronico pronto per la stampa definitiva), tutto finito.
E il griso se ne esce: No. Non ci siamo. Torniamo agli schizzi.
Avrebbe dovuto dirlo anche l’ostetrica che ti ha fatto nascere, una volta vistoti in faccia! Come sarebbe a dire, torniamo agli schizzi?! A una settimana dalla tesi?! No, spostiamo tutto a Settembre! Il 5 settembre c’è un altro appello e noi, mettendoci sotto, troveremo la soluzione.
Delusione mortale. Delusione cocente. Nessuna possibilità di uscirne. Ero a pezzi. Prendo armi e bagagli e torno a casa, praticamente distrutto. Tutto da ricominciare.
Prima di chiudere, vi faccio una domanda: pensate che a settembre mi abbia fatto laureare? Bravi… perchè? Perchè sua cialtroneria è andato in vacanza fino al 31 agosto e il professore si è rifiutato di ricevermi perchè avevo un assistente e dovevo fare riferimento a LUI. E lui, tornato bello fresco il 31 agosto mi domanda semplicemente “Come speri di fare una tesi in meno di una settimana?!“.
E il mio palazzo del teatro è rimandato di un’altra sessione… prossimo appuntamento: novembre
Provai a urlare, scagliare la matita sul tavolo, dissi esplicitamente che DOVEVO laurearmi, che non potevo tirarla alle lunghe, perchè non aveso nessuno alle spalle che mi coprisse una permanenza così ingiustificatamente lunga all’università (falsissimo, ma a quel punto le provo tutte, no?).
Il signorino, figlio di professore universitario, figlio di un architetto che da tempo immemorabile realizza opere di notevole rilievo, nel suo studio al centro, allarga le braccia, e sospira “Nemmeno io avevo nessuno alle spalle“. Avrei voluto. Dio SOLO SA QUANTO AVREI VOLUT
O fargli presente QUALI e QUANTI attorni porno di colore avrebbe dovuto avere alle spalle, ma troppo scolvolto da una così eccelsa forma di bastardagine, presi armi e bagagli e tornai a casa senza proferir favella.
Tutti a lavoro ragazzuoli! Il dovere ci chiama!

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