data stellare 04.07.2007

Mi arriva una mail da Venezia:

Caro Simone, scusa se non ti molesterò sessualmente in questa mail

Cominciamo malissimo…

Ma sono uno di quelli. Dei maschi.

Ottimo recupero…

Con dei colleghi, all’università, abbiamo fatto delle scommesse. Non puoi raccontarci come è finita la tua tesi di laurea? Anche in privato. Vorremmo solo sapere chi aveva ragione.

Eccovi accontentati, e oltretutto in pubblico!
La mia tesi, in due parole, è stata la quintessenza dell’idiozia. Se da una parte avevo il relatore che se ne fotteva altamente (completamente scomparso, irreperibile, praticamente disintegrato in aria), dall’altra venivo tiranneggiato dall’assistente. Va chiarito subito che questo essere non compare MAI UFFICIALMENTE in nessun documento della tesi. E’ il classico collaboratore esterno, il famoso dodicesimo uomo in campo, il famigerato virus ebola, uno stronzo come tanti.
Vorrei fare una breve pausa per specificare che potrei risultare LEGGERMENTE VOLGARE quando citerò il cornutissimo assistente.
Il mio relatore, che dio gliel’accresca, aveva più volte chiarito che voleva un rapporto sincero con me. Ma COMUNQUE mediato dall’assistente.

Se lo chiamavo sul cellulare, mi rispondeva che dovevo pararle con l’assistente
Se lo incrociavo per i corridoio della facoltà, mi rispondeva che dovevo parlare con l’assistente
Ho provato anche a scrivergli una lettera e piantargliela con un pugnale insaguinato sulla porta di casa. L’ho ritrovata piantata con lo stesso pugnale alla porta dell’assistente…

Ora, con questo meccanismo perverso, mi era praticamente impossibile comunicare il mio disagio, le mie difficoltà e soprattutto la distanza abissale che c’era tra la normalità, la lucidità, l’intelligenza e il cervello di quell’appendice del suo stesso scroto che mi era stato assegnato come assistente (che da questo momento, per comodità, chiameremo il verme). Figuriamoci parlare di architettura!
Ora, quell’animale privo di ogni ombra di massa cerebrale, era un appassionato delle mode. Lui non progettava. No. Lui COPIAVA il progetto del momento, costringendo ogni povero cristo sotto di lui, a sfornare tonnellate di disegni praticamente identici, ma con piccole e ignobili varianti di sua ideazione (del verme, non del laureando).
In quel momento regnava uno dei progetti più ambigui della storia dell’umanità: la nuvola di Fuksas.
Io, che cercavo disperatamente di completare il mio “palazzo del teatro”, mi ritrovo tra le mani la SUA idea della MIA tesi: dei sassi spigolosi (variante alle morbide curve della nuvola) appesi per aria. Ora, per non rischiare di complicarmi la vita (versione ufficiale), ma fondamentalmente perchè non aveva idea di come fare a far stare appese quelle merde per aria (versione ufficiosa), me le fa piazzare su una selva di pilastri più o meno storti, ma fondamentalmente alla cazzo di cane, come diciamo a Roma. Sparsi così, senza criterio, senza motivo alcuno.
Una bella serie di uccelli in erezione al centro del mio sacro tempio del teatro.
Già mi vedevo il piena carriera, contattato dai vari Rocco Siffredi, Ron Jeremy, Cristopher Clark, per progettare e arredare set di film porno…
Dopo 2 anni di lotta ero pronto a qualsiasi cosa. Il disgusto che provavo per la mia tesi, stravolta dalle assurde idee di quell’imbecille con le gambe e un paio di braccia strappate all’aborto, era tale che non proponevo nemmeno più. Non so se lo zar di tutti i cretini si è mai accorto che non avanzavo più nessuna idea. Mi limitavo passivamente a fare il disegnatore.
Lui cacava qualche stronzata perchè era stato a una mostra che lo aveva stimolato (e la scelta dei termini non è più così casuale) e io correggevo, inserendo la variante.
Lui era preso dallo schiribizzo di appendere dei sassi per aria? Io appendevo sassi per aria.
Lui sputava pilastri senza logica costruttiva alcuna? Io sputavo pilastri senza logica costruttiva alcuna.
Con questo iter, direte voi, ti sei laureato odiando quello che producevi.
NO!
Perchè quell’ignobile testa a pera (e cito Pier Andrea) non solo non capiva che TUTTO quello che era rimasto sul foglio era SOLO ed ESCLUSIVAMENTE roba sua, ma in più ne era anche insoddisfatto e mi costringeva, dopo notti intere a fare i rendering a ricominciare dagli schizzi perchè “non ci siamo”. Io non lo so… ma tu no di sicuro…
Provai a scavalcarlo. O certo! Chiamai il professore chiedendo una revisione PRIVATA. Mi rispose “Ma certo. Nessun problema. Chiedila al tuo assistente!
Arrivai alla conclusione. Non ce la facevo più. Un anno di rinvii in cui lo zar di tutti gli idioti continuava a creare puttanate senza regole e io dietro a cercare di compiacerlo e sentirmi dire “puoi discutere la tesi“.
Ora, per chi non ricordasse, io cercai anche di impormi con mio relatore e far presente che Dio venga in terra, io discuterò la tesi alla prossima sessione. Il signore mi rispose che con tutta la forza che aveva in corpo, se avessi provato un giochetto del genere, mi avrebbe fatto “bocciare”. Ebbene sì, signori. Esiste la possibilità di esser segati alla tesi. La commissione può valutare il progetto non adeguato o non approfonditamente trattato e rinviarlo a una nuova seduta.
Cosa fare a quel punto? Attendere pazientemente? Sì. Certo. L’ho fatto per un anno intero (dopo un altro intero passato ad assecondare le senili manie del mio relatore). Finchè non decisi di giocare sporco. Il caso vuole che QUEL giorno, il professore si degni “apparire”. Faccio la mia revisione. Incasso l’ennesimo “no”. E io? Bleffo.
Benissimo. Non vedo più l’utilità di questa laurea. Io lascio l’università
Ma dai che adesso ti fai il culo per i prossimi 3 mesi e poi discuti la tesi (notare che lo stronzissimo diceva la stessa puttanata da 1 anno)
No, ho deciso. MA mi sembra corretto, andare dal professore e spiegargli che non ho intenzione di proseguire e (sguardo feroce e carico d’odio) PERCHE’
Beh, adesso non esageriamo. FAMMI PARLARE COL PROF E VEDIAMO CHE SI PUO’ FARE
Il prof acconsente a farmi discutere la tesi.
Ma alla condizione che più che una tesi progettuale, diventi una tesi “curriculare”, ovvero un book di esperienze progettuali maturate durante l’università.
Una sorta di depliant del cazzo, con un cazzo di copia-incolla del cazzo dei miei vecchi progetti del cazzo, dove parlo di quanto bene mi abbia fatto la cazzo di facoltà del cazzo. CAZZO
Nessun problema. Lo faccio. Porto, la settimana prima della discussione, il book non rilegato a far vedere. Al verme piace. Mi scarabocchia un po le tavole stampate chiedendo delle modifiche. Rispondo che certo, le farò, poi NELL’ANDRONE DEL SUO STUDIO (a sfregio, nemmeno il tempo di arrivare a casa), cancello i suoi idiotissimi segni di matita dalle mie tavole e porto a rilegare.
Così semplice?

No, ovvio. Perchè decido di stampare COMUNQUE la tesi progettuale e rilegarla a tradimento nel book. Muoia Sansone con tutti i filistei.
Come è andata? Vediamo di far incassare qualche soldino a un amico di Venezia… Ho discusso la tesi. L’assistente ovviamente piccolo piccolo, in lontananza, perchè non poteva risultare. Il mio professore in creazione libera, perchè NON AVEVA LA BENCHE’ MINIMA IDEA DI COSA CONTENESSE QUEL BOOK. Finchè un membro della commissione fa
“Ma perchè questo progetto?” E apre la pagina sulla MIA tesi, sul MIO progetto, quello ripudiato e schifato per due anni. Tutta la commissione apre il book (una copia a commissario, mi aveva chiesto il verme… 10 commissari, gli venga un colpo secco…) LI’.
Il professore la butta in caciara “Il fatto che non sia una tesi progettuale, non vuol dire che abbia meno dignità di…”
“No, guardi, non ci siamo capiti. Io capisco il book. Io capisco tutto. Ma perchè mettere un progetto alla fine. Che senso ha? Tanto valeva portare QUESTO progetto, no?”
“Beh lui ha deciso di potare un abbozzo di progettino tanto per dimostrare il sunto dei suoi…”
“Abbozzo un corno, mi scusi professore. Ma è finito. In due mosse, questa tesi di progettazione è pronta. Mi dica” e si rivolge a me “Come mai non ha portato questa?”
I grandi film americani, a questo punto, vogliono la risposta bruciante, il discorso patriottico, il pippone conclusivo. Mi spiace, ma non ce l’ho fatta. Ho cercato, come nel migliore teatro drammatico, di racchiudere tutti in uno sguardo.
Ho fissato nelle palle degli occhi il mio relatore e ho lasciato passare il tempo.
In quella commissione, chi avesse saputo leggere negli occhi, avrebbe trovato scritto “Domandi a questo qui
Alla fine del procedimento fui accompagnato fuori. Un caro amico di mia madre, in commissione, mi confermò che il mio relatore si era battuto come un leone per scaricare ogni colpa su di me, sostenendo che non avevo voluto per pigrizia e mancanza di tempo approfondire quel progetto che LUI PER PRIMO mi aveva caldamente consigliato di portare avanti.
Ed è finita così. Punto. Cinque anni di passione, in cui l’università l’ho amata per davvero, terminati come la più classica delle storie adolescenziali: cornuto e mazziato.
Ora a lavoro ragazzuoli, la settimana è solo a metà!

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