data stellare 11.07.2007

Gesù ragazzuoli… mi hanno portato a mangiare una pizza ieri seraincubi orribili, la pasta che ha continuato a fermentare dentro di me come nelle migliori scene di Alien, e una scelta difficile: diger-seltz a colazione! E poi, via l’acido, via la mappazza indegna dentro di me, via tutto… certo, la pizza con le cozze e l’uovo potevo anche evitarla, eh (non sto scherzando)! Ma mi piace osare…
anche se poi… burp… scusate…
Detto questo… oggi voglio recuperare quella bella puntata revival di cui vi parlavo la settimana scorsa. Certo, avremmo molto di cui parlare (come l’intervento di Veltroni sul lavoro precario, la condanna a morte di un alto funzionario cinese per corruzione, che se applicassimo questo criterio in italia, avremmo meno abitanti di San Marino, nuovi e appassionanti annunci) ma questa la devo in memoria di tutte quelle persone che, nel bene e nel male, mi hanno fatto crescere come professionista.
Ok, fuori il simpatico che ha detto “allora oggi finiamo presto!
Come nei grandi film degli anni 70, individueremoalcune delle parole chiave, per la vita di un architetto (spesso tormentata da “incidenti” capaci di minare seriamente la sua credibilità) e per ognuna racconteremo un aneddoto. Rimaniamo così in linea con lo stile del blog che prevedeva lo stesso sistema per la classificazione dei cialtroni.
Quindi, iniziamo con:
CONTROLLO
Il controllo è fondamentale, specialmente nella versione autoapplicata. Il vostro corpo deve reagire come una macchina da guerra a fatica, difficoltà, elementi estremi. Non sarà infrequente sporcarsi, ferirsi, o essere sottoposti alle più drammatiche situazioni di “pressione”. E proprio a quest’ultimo evento mi ricollego con una delle mie più proverbiali figure di merda.
Giugno Rovente. 4 del pomeriggio. Tutto il viaggio col casco integrale, che avrà anche come ipotetico utilizzo quello di salvarmi il cranio in caso di caduta, ma sul momento si era limitato a cuocermi la testa e ridurmi la lingua a un pezzo di cartone ruvido. Mi reco, per conto del mio augusto padre, presso un cliente. Zona: quartiere Trieste a Roma. Vecchi palazzi degli anni 20, con ascensori in graticciato aperto e cabina in legno (aperta). Una volta terminata la fase di presentazione del progetto e i ragionamenti sul computo metrico (in cui spiego che NO, non va chiesto a ME lo sconticino sul prezzo di preventivo, casomai alla ditta che LORO hanno contattato…), il cliente sembra soddisfatto e mi domanda a fine incontro
le posso offrire qualcosa? Che ne so, un uischino….?
Alle 4 del pomeriggio? Ma cosa bevete a mezzanotte? Olio per motori con alcool etilico? Facciamo una cosa fresca…
Un bicchiere d’acqua?
Mi piace perchè per lei non c’è solo il bianco e il nero, ma un mondo di sfumature… altro?
Una coca-cola?
Eh, e famo la coca-cola va…
Mi viene servita appena stappata e a temperatura ambiente. Se un camion, durante l’attraversamento del sahara, avesse lasciato cadere una bottiglia in mezzo al deserto alle 6 del mattino e qualcuno l’avesse raccolta alle 3 del pomeriggio, l’avrebbe trovata fresca a confronto di quel liquido magmatico che mi stavano versando. Ma la mia lingua era prossima al punto di fusione. Ingollai dimenticando la regola il primo teorema della dinamica dei gas della coca-cola: la quantità di gas normalmente presente nella coca-cola, è triplicata se la sua temperatura è maggiore o uguale a 15°.
Capii il pericolo quando era ormai troppo tardi.
Mi congedai rapidamente. Strette di mano, la chiamo io, scusi ma devo scappare. Tecniche ninja-zen di autocontrollo venivano rispolverate per evitare un disastro diplomatico. La porta si chiude. Entro in ascensore. Un istante di silenzio. Sospiro. Pericolo scampato. Premo il pulsante e mi godo il “viaggio” col fresco presente nel corpo scale. Avverto un leggero fastidio, per cui allento la cravatta e lascio uscire quello che credevo essere un soffio. Un rumore orribile esce dalla mia gola e invade la pace del palazzo. Un rumore baritonale, devastante, vibrante. Ovviamente la fortuna vuole che in quell’orario improbabile, le scale fossero piene di persone. Persone che hanno assistito a questo ascensore aperto, con dentro un giovane aspirante professionista in giacca e cravatta con la mano sulla bocca e gli occhi fuori dalle orbite, dopo una… ehm… “performance” di tutto rispetto
EMPATIA
E’ FONDAMENTALE capire gli umori in cantiere. Gli operai sono animali estremamente socievoli, al punto da dover esibire sempre in cantiere il cartellovietato dare da mangiare ai lavoratori“. Persone gentili e disponbili, sono soliti utilizzare appellativi scherzosi e divertenti quali “er fanfara” per indicare un signore dalla dubbia credibilià, “signò” per le mogli dei proprietari e ancora “dottò“, “architè” “anfame” “zoccolè” e via discorrendo. Sono famosi anche per le loro prorompenti esplosioni di simpatia.
Ricordo a tal proposito un anziano, piccolo, falegname, imposto dal proprietario, completamente estraneo alla squadra abituale. Durante la ristrutturazione, stava verificando alcune misure dei controtelai delle porte e fermò un energumeno di quasi 2 metri dicendogli:
Scusa. Senti, guarda… il montato del controtelaio… è troppo basso. E ho notato che è così in tutte le porte. Dovresti alzarmelo di due centimetri. Eh? Si può?
Senza alcun perchè, senza alcun avvertimento, il gigante esplose
No, io nun arzo popo ‘n cazzo hai capito? E te te ne vai pure affanculo, porco BIIIIIIP
Credo che tutt’oggi il falegname abbia paralizzata sul viso l’espressione di stupore. Come tutt’oggi nessuno di noi si spiega questo exploit.
DISSIMULAZIONE
Anche la capacità di disinteressarsi di colpo al momento presente, può aiutare il professionista a uscir
e da momenti difficili e frustranti
. Sistema molto utile per distogliere la mente da un “vicolo cieco” progettuale, per lo studio approfondito di una scheda tecnica (per esempio di un ascensore) o anche solo per non soffrire la sindrome dell’abbandono nel momento in cui, a progetto risolto magistralmente, i lavori di ristrutturazione vengono annullati o affidati a un geometra semplicemente perchè “pare” che chieda di meno.
Ma c’è un’altra occasione in cui la dissimulazione torna utile. Durante i conflitti tra clienti. Mi successe una volta, di finire in mezzo a moglie e marito, durante un dibattito circa l’eventualità di sistemare l’antica (è il termine esatto… forse anche “arcaica” andrebbe bene…) cucina. Lui era assolutamente contrario per motivi di affetto (fatta dal nonno). Lei voleva applicare una trasformazione TOTALE. L’accordo pareva esser stato raggiunto con una rimodernata nei materiali e nei colori, ma comunque rispettando le preesistenze.
Nemmeno la sovrintendenza archeologica pianta tante grane…

Durante la conversazione, il tipo guarda il progetto e fa “Sì, mi piace. Ma questo piano di lavoro… sarà difficile adattarlo all’acquaio di mio nonno?” “Veramente” faccio io “l’acquaio non può essere recuperato a meno di ingenti spese. E’ in condizioni terribili. La sostituzione con un elemento più moderno e funzionale costerebbe molto di meno” interviene lei col veleno iniettato negli occhi “Quello è il primo che parte, capito?” lui si gira come una serpe “No, quello RIMANE. ERA DI MIO NONNO!” e lei risponde “Sai che c’è? Tuo nonno non capiva un CAZZO e tu sei uno STRONZO!
Condussi, durante la conversazione tra i coniugi, una magistrale manovra di dissimulazione, conducendo uno studio approfondito su un buco nel tavolo di legno. La cosa finì lì, anche perchè lui pretendeva di completare il progetto, dopo una campagna di rilievi sulla sua persona. Sosteneva che prima di progettare la SUA cucina, dovevo prendere le SUE misure da seduto, il piedi, mentre prendeva la brocca, mentre era chinato… cercai di spiegare che veniamo addestrati all’università a queste misure, ma fu come parlare a una soglia di travertino. Indisponente, diciamo.
Per oggi chiudo ragazzuoli, ma la storia è ancora lunga e dolorosa…
Vi abbraccio!

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2 risposte a data stellare 11.07.2007

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