buona primavera! (?!?)

ebbene si, ha ragione sara, sono sparita da troppo tempo, un ritardo imbarazzante. in realtà amerei scrivere qualcosina tutti i giorni, ma per una serie di ragioni, bè alla fine un ce la fo. gli ultimi giorni di lavoro sono stati un po’ pesi, la tedesca ha ripreso pigolo e mi si è rimpossessata della mia vita, schioccando la lingua e mangiando cereali ad ogni ora del giorno. gli ultimi lavori riguardano un’extension di una chiesa, il rifacimento del tetto della cattedrale di ripon, il rifacimento del tetto di un’altra chiesa a sud di londra, la creazione di un mini ufficio per il prete in una parrocchia a londra (aiuto, avevo scritto siena!), e di una cappella all’interno di un’altra chiesa. quindi sto saltellando gioiosamente tra una cosa e ll’altra. meglio così naturalmente. v’è da dire, a onor del vero, che a volte è come dire, tutta in salita, e non mancano le occasioni in cui mi sento una deficiente, cosa che peraltro è un po’ il mio sport preferito…mi sono ritrovata a interagire con tetti, scossaline, gronde, pluviali in piombo, la cui “progettazione” non è lasciata per niente al caso, ma spesso è una questione squisitamente matematica; e a dovermi spiegare in una lingua che non è la mia, consultando un manuale di cui capivo un 70%…spesso mi sono sentita (e diciamolo, mi sento) una bimba che, a quasi trent’anni, deve imparare a parlare una lingua diversa non solo in senso “etnico”, ma anche architettonico. niente di grave naturalmente, solo che è un po’ faticoso. mi è stato chiesto più di una volta, anche dalla mia coscienza, se serva imparare a relazionarsi con i sistemi costruttivi di quassù, se comunque l’obiettivo è tornare in toscana…la risposta che mi sono data è la stessa che, da fiera classicista, mi do ogni volta che mi si domanda a cosa sia servito studiare greco e latino per cinque anni: ginnastica per le meningi, ossigeno per le cellule grigie, abitudine a sforzarsi per trovare una soluzione. e soddisfazione quando la si trova.

venerdì all’alba sono rimpatriata, per quattro giorni. se avessi dovuto basarmi sul tempo, in senso meteorologico, avrei potuto benissimo pensare di aver viaggiato per 6 ore senza essermi spostata di un micron: pioggia e vento, grandine e udite udite neve hanno, come dire, allietato il mio soggiorno in tuscany. per pasquetta il padreterno o chi per lui si è esibito in uno strepitoso medley che ha visto la neve cedere il passo al sole seguita da pioggia. una cosa però ve la devo onestamente dire: che ogni volta che la mattina alle cinque meno un quarto varco la soglia dell’aeroporto di stansted mi sento troppo gagliarda! ma gagliarda parecchio. soprattutto lo sapete cosa fa la differenza, l’assenza del valigione: vuol dire che torno(o parto) per pochissimo, tanto che mi basta la stessa borsa, enorme, con cui giro normalmente…perchè ora vivo qui. è questa la sensazione che mi dà un senso di vertigine. durante la settimana vivo in una londra molto “casalinga”, ma vedere scritto “welcome to stansted airport” equivale a una grossa frecciona lampeggiante che indica londra e dice “voi siete qui“. e poi a me gli aeroporti, come le stazioni in generale, mi eccitano e mi fanno sentire viva…arrivare, partire, tornare, sono sempre circostanze che mi fanno venire i brividi, sono una delle declinazioni della vita.

tornare all’ovile mi ha fatto bene sotto molti aspetti anche se una permanenza prolungata per più di due giorni mi ha fatto salire un po’ di nostalgia…suoni voci profumi così familiari e così nitidi da stordire, quattro mesi cancellati di colpo. come se tutto fosse stato messo in un cassetto, ma è lì, c’è ancora…e l’eleonora di londra è tanto, tanto lontana, così lontana che sembra addirittura in un’altra vita, la protagonista di un’avventura che avrei voluto vivere. anyway, una pasqua così pisciosetta in senso meteorologico era da qualche annetto che un si vedeva, e passeggiando per le vie di siena londra mi si parava davanti di continuo: immagini delle cabine del telefono, una esposizione temporanea ai magazzini del sale…londra era dovunque. ma forse londra è dovunque, sempre, anche prima che partissi, e l’idea che adesso ci vivo, torno a ripetere che mi entusiasma. ho finalmente dato sfogo alle nostalgie gastronomiche: ciaccino ripieno, miele a cucchiaiate con la ricotta, cantuccini, minestra di legumi, pici cacio e pepe, pici al cinghiale, gorgonzola, finocchiona (dio quanto mi mancava) credo di avere preso un chilo al giorno. ma ho goduto parecchio. e tra un picio e l’altro…sono arrivata all’alba di martedì senza manco accorgermene, con le chiappe di nuovo sull’aereo, un sonno mai smaltito, il corpo intriso di toscana e la testa tanto tanto confusa…vedere l’alba a monteaperti, volare, ritrovarsi a liverpool street ad aspettare il 214, passare il pomeriggio a lavoro (sbadigliando come un ciuco), e vedere il tramonto a west hampstead tornando a casa…insomma, mi sono sentita un po’ confusa ecco. ma non confusa nel senso di malinconica, di voglia di tornare a casa…confusa proprio. da non capire nemmeno quale sia casa, per intenderci. diciamo che mi sono dovuta riconfigurare un attimino, e risvegliarmi stamattina nel mio lettino dopo dieci ore di sonno, rifare la solita strada con i soliti ritmi, bè ha chiarito definitivamente le idee. e visto che le dieci ore non mi sono bastate…mi riappisolo fino a domattina. un post scriteriato più di questo credo di non averlo mai scritto, ma, come dire ho detto quello che vi volevo dire, ecco, nè più nè meno.

vi lascio con una fotina di alcune settimane fa…io e il principe “consorte”! (il quale ci tiene a precisare che non e’ pelato come sembra nella foto)

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