Stand by. In questi giorni mi sento come il mio vecchio stereo lasciato a casa, con la sua bella lucina rossa di speranza. E’ questo uno dei tanti aspetti negativi del libero mercato: il sentirsi sempre appesi a un filo, lasciando libero chi ti comanda di fare il gioco del gatto col topo. Le regole del gioco però sono queste, e non si possono discutere quando qualcosa non va ( o pensi non andrà) come previsto.
In questa cosa strana che è la Cina, un insieme di realtà così distanti tra loro da non riconoscersi a vicenda, in questo Paese che è al tempo stesso il più comunista e liberista del mondo, in questo yang che sembra avere perso per sempre il suo yin le cose vanno così.
Eppure c’è di peggio.
Nel nostro Paese, dove si confonde la mobilità con il precariato, dove la parola meritocrazia è sconosciuta ai più, dove essere raccomandati sembra la cosa più normale del mondo (tanto da rispondere alle raccomandazioni con raccomandazioni più “forti”), le cose vanno come sappiamo bene tutti.
Non voglio trattare questo argomento perchè in queste pagine c’è chi lo sa fare molto meglio di me, ma insomma, fa rabbia pensare di dovere andare dall’altra parte del mondo per essere presi in considerazione.
Fa rabbia soprattutto sentire chi ti considera quasi un traditore se fai la valigia e vai via. Non sono i professionisti che devono credere nello Stato, ma lo Stato che deve credere nei professionisti.
Sino a quando le cose vanno come vanno ora, molto meglio considerare l’Italia un bel Paese dove passare delle belle vacanze, come del resto fanno tutti ormai.
Io forse sarei il primo a tornare…
Alla prossima, sperando che lo stand by non si sia trasformato nel frattempo in uno stand bye.
Non ricordo esattamente quando ho deciso di venire qui a Hong Kong. In quel momento per me l'importante era partire. Per fuggire da un futuro già programmato e tremendamente rassicurante, dalla gente con la faccia rassegnata che si incontra da quelle parti, o forse solo per fuggire, viste le cose da pazzi successe poco tempo prima e delle quali un giorno forse avrò il coraggio di parlare. Mi chiamano Holden, e questo è il mio blog.
2 risposte a Il liberismo ha i giorni contati?