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1- Scrivere una sorta di bilancio di questi sei mesi passati a Hong Kong sull’aereo che ti riporta in Europa a cui ti abbandoni a considerazioni sentimentali e condisci tutto con un po’ di complimenti fatti a te stesso (perchè ti dici, ogni tanto fa bene…)
2- Una volta arrivato in Italia rileggere quello che hai scritto e trovare tutto insopportabilmente autoreferenziale
3- Guardare l’Isola dei Famosi (ebbene sì, è una perversione) e sentire più o meno le stesse cose dette da mezzi manzi che piangono come bambini perchè da ben dieci giorni sono lontani dalla mamma/fidanzata/amante del cugino che a loro volta parlano di sfide, coraggio, rimanere come si è/ dimostrare quello che si ha dentro, toni da romanzo cavalleresco insomma…
4- Chiedersi se forse non abbiamo raggiunto un punto in cui le parole vengono usate a caso senza comprenderne il significato
5- A quel punto mandare a fanculo l’isola, i famosi, la tv e le parole inutili
6- “Certo che però si potrebbe usare quella citazione di Moretti, quella a bordo piscina, con la giornalista”…”Sì ma che palle ‘sto Moretti”…”Poi così sembri uno che vuole fare l’intellettuale e lo sai: non è bello e non puoi permettertelo”…”No?”…”No, ricordati che hai fatto i Geometri”…”Vero”…”E poi quella citazione ormai è stata sdoganata da Striscia la Notizia”…”Ah già. Fanculo anche a Striscia la notizia allora”
7- Riscoprire l’Italia, gli amici, genitori, cane, gatto e chiedersi per quale motivo dovresti aprire il computer che sta tanto bene lì dov’è
8- Divertirsi a guardare Firenze con gli occhi di uno straniero
9- Ritrovare l’emozione di indossare le tue pinne e scendere giù in verticale a ritrovare quell che avevi lasciato un anno prima
10- Tornare qui e avere la prospettiva di un nuovo lavoro.
Lavoro del quale parlerai, eventualemte, se tutto andrà bene. Se no, come al solito, troverai dieci scuse per non scrivere più sul blog per almeno un mese. Le parole non sono poi così importanti, si dimenticano in fretta…
Non ricordo esattamente quando ho deciso di venire qui a Hong Kong. In quel momento per me l'importante era partire. Per fuggire da un futuro già programmato e tremendamente rassicurante, dalla gente con la faccia rassegnata che si incontra da quelle parti, o forse solo per fuggire, viste le cose da pazzi successe poco tempo prima e delle quali un giorno forse avrò il coraggio di parlare. Mi chiamano Holden, e questo è il mio blog.
Una risposta a Dieci scuse per me posson bastare…