Le valigie stavano tutte sotto al letto della stanza dei baci, (così chiamata per i vari Cartier Bresson e Dosneau alla parete che ritraggono baisers.) dove dormivano due mie ospiti. E poi parliamoci chiaramente una valigia dà nell’occhio. Quando la biondina, sui 20 anni, mi fermò per strada, chiedendomi se avevo voglia di partecipare ad una promozione fotografica, mi spiegò che mi avrebbero truccata e pettinata, mi avrebbero fatto delle foto e poi, nel caso mi fossero piaciute le avrei potute comprare. Verso i 20 anni, mi girò spesso per la testa, un’idea del genere, ma un book costava tanto e poi, no nacque mai la reale possibilità.. Mi raccomanda : viso pulito e capelli puliti e 3 cambi di vestiario. Presentarsi con mezzo guardaroba schiattato in un trolley, non era veramente il caso. Per cui due borse grandi di carta rigide, racimolate dall’armadietto, dove riposa la bombola del gas di cucina, grazie all’ordine materno di qualche mese fa, sarebbero andate bene. Due non una. È domenica mattina presto, (le 9.30 A Barcellona rappresentano la domenica mattina presto) e mi sento due occhiaie tremende, visto che alle 3 della notte stavo ancora parlando al telefono con Roma. E anche tenendo conto della voglia di Diazepan dei giorni scorsi, delle 4 ore notturne quotidiane degli ultimi tempi, dell’anarchia più totale adottata nell’alimentazione… insomma nà vitaccia.. Metto nelle borse, quello che mentalmente avevo organizzato il giorno prima, e in più l’unico paio di sandali tacco 100 che ho. Aaggiungo nella mia borsa preferita di Alviero Martini, come sempre, Ipod, chiavi, telefono, soldini e soldoni, per pagare la mia nuova avventura, cosciente, della mia propensione all’essere fotogenica. Top bianco, gonna bianca e mocassini, faccia acqua e sapone e capelli ben legati, stretti stretti… sulla soglia di casa, squilla il telefono è Xavi, mi fa. “senti stavo pensando, se non sei mai stata in questo studio, e non conosci nessuno, perchè non mi dai l’indirizzo e il telefono, sono un pò preoccupato, o vuoi che ti accompagno? faccio in un momento…
no guarda davvero, sono in perfetto orario, prendo un taxi, l’indirizzo è questo e bla bla… grazie per esserti preoccupato per me.
Una volta entrata nel taxi, il tassista mi fa notare che non ho chiuso bene la porta, la riapro e la richiudo cileccando, una ves mas. Ci riprovo ancora e la chiudo bene. ….”La mañana se tiene che desayunar bien!” mi fa il tipo, grassoccio ma simpatico, che è al volante. Gli rispondo che latte scremato e cereali integrali, vanno più che bene, sa, è per la linea…. immedesimandomi ancor di più nella parte. Prende Aragòn e poi scende per la calle Bailen, alla radio Kate Bush….tutto bene tranne il cognome, e penso a Roma…e alle birre con il faccione del guerrigliero americano, incollato sulle bottiglie, che si vendevano venerdì a campo dei fiori…. Siamo in pieno example, a due blocchi dalla sagrada famiglia. Al numero 122 si trova, lo studio fotografico Daylight. Sono le 11, guay, per le fottutissime cose che mi interessano, spacco il minuto, diobbono. Il nome dello studio sul citofono è piccolo piccolo, si avvicina una ragazza con le chiavi e le chiedo se va allo studio, “no, però vivo di fronte”.Mentre saliamo le scale, le chiedo se sa come lavorano quelli di Daylight, e mi dice che li conosce solo come vicini, però c’è sempre un bel via vai. sulla porta, mi accoglie una ragazza, la cui fisionomia, mi fa sfuggire la sua etnia. Pelle scura, capelli biondo-dorato, una t-shirt grigia le cade da un lato scoprendole la spalla, e mostrando una bretellina nera e un paio di jeans, le fasciano una bella 42. Mi da la tipica scheda da compilare, come mi sarei aspettata, dove non firmo l’autorizzazione all’utilizzo delle foto, per pubblicità dello studio. Ad aspettare con me, una ragazzina sui 16 anni, accompagnata dai genitori..penso: col target ci siamo, andiamo bene. Li invitano ad entrare nella sala trucco, alla quale dò una sbirciatina. Presto mi rendo conto che l’addetta al maquillage è sola, e mi tocca aspettare il turno della baby, accompagnata dai suoi. Ci sono ovviamente foto dappertutto. Dlla sinistra del sofà rosso sul quale mi trovo, sfogliando riviste e ascoltando il mio Ipod, proviene una luce porpora. C’è un faro acceso e il filtro colorato, accentua ancor di più l’ ambiente cool. Chiedo a miss spalla da fuori, chi è il fotografo e mi indica la seconda stanza a destra. Entro e vedo un bambino sui 20 anni, che lavora al pc. Sei tu il fotografo? Si, “eres muy joven” gli tiro addosso senza scrupoli, chiude secco ma sorridendo: tu tambien. Si chiama Erik.
ritorno al sofà e dopo un pò….
Tocca a me. Presentazioni. La maquilladora è messicana. E mi dice che Erik, è americano, del Connecticut. E mormora: si è molto giovane ma è bravissimo. Lei invece è delicatissima. Mi tocca come se fossi di porcellana e mi trucca come se fossi un quadro. Zigzagando con i suoi minuscoli pennellini e tamponandomi con mille spugnette rosa, che cambiano colore a seconda del tipo e della quantità di fondotinta, di cui sono impregnate. Ovviamente esce fuori, lui, il re dei miei argomenti: il viaggio. Le chiedo se è pericoloso andare da DF a Cancun con autobus e treni. Risposta affermativa. Shit, se lo dice lei… Tutto fatto, mi lascia due minuti mentre raccogliere un attimo i capelli della baby, che è appena rientrata, in un elegante scignòn. Torna da me. Mancano solo le labbra. Come le facciamo? mi chiede. Non le facciamo, dico. Come no? Credo che sarebbe meglio non appesantire la cosa, e poi i rossetti non mi sono mai piaciuti. Ci accordiamo per un leggero lucidalabbra che lascia strascichi di colore…un tono su tono se vogliamo. Mi piastra, gira e rigira i capelli in 5 minuti, perché sa che Erik, sta per terminare e presto tocca a me. Il fotografo mi dice di appendere nello spogliatoio tutti gli abiti che ho portato, in modo da scegliere insieme quelli da indossare e soprattutto la sequenza. Inizio con un completo, che gli faccio notare, è sgualcito. Dice che non si noterà. È uno dei miei completi favoriti, del mio colore favorito, ricordo di tante serate indimenticabili; comprato alla Mango un pomeriggio di qualche anno fa, in cui io e Sandra, aprivamo le tende delle cabine dopo aver provato e alzavamo o abbassavamo il pollice, rispondendo agli sguardi interrogativi e complici, tipici di due amiche. Questo completo è molto me. Il verde militare è molto me. Secondo cambio, unico abito nero (tuta) un attimino elegante che ho. Comprato, udite udite nel lontano 1999 a via Chiaia, a Napoli. Insomma, lo spendere soldi per l’abbigliamento veramente non fa per me, la fede sapete qual’ è: viaggiare viaggiare viaggiare. In ultimo camicia bianca aperta e jeans blue, cravatta. Capelli bagnati, questi li ho chiesti io, anche se si notano poco. ….Smorfie, un po’ più avanti, inclina la testa, no no, non così, un po’ più a destra, one more, ok, one more, girati, una di spalle, sposta tutti i capelli a sinistra, vieni in avanti, un po’ in più, guarda me, guarda me, ok, one more, guarda in alto, inclina a destra, abbassa le mani, ok, una mas, una mas, toccati il braccio, si, ferma, ferma, perfetto, alza i capelli, si così brava, sorridi, ok, one more. Posso avere un caffè? Certo….fammene una con la tazza. Me ne fai una con il filtro porpora che ho visto stamattina? The Strokes fanno da cornice trasparente. Le ultime fotografie sono sempre in jeans, mi volto di spalle e mi cambio lì con lui nella stanza (20 anni, povera gioia) solo la parte di sopra. C’è un top, con il quale voglio farmene un paio, assolutamente. Fine. Scendo a comprarmi un panino, Erik, mi indica perfino, in questa domenica deserta barcellonese, dove trovo qualche bar aperto. Dietro il banco, con camice blu, la ragazza mi fa: De
tortilla? Venga, vale. Coca-cola light, che rigenera e su per le scale un’altra volta. Ad aspettarmi c’è la tipa che ritocca le foto, davanti a un mac, schermo 20 pollici. È francese, bionda e maneggia il mouse con destrezza. Le dico, no grazie, io voglio le mie rughe da 33 enne, le macchie e soprattutto le occhiaie. Qualcosa ancora trapela, dopo il trucco e te credo…. Smanetta per farmele scegliere e me ne cambia qualcuna in bianco e nero. Figo, penso. Belle credo. Tanto per essere in tono col mio modo di essere pago metà delle foto in contanti e metà con carta di credito. La vita è bella perché è varia. Chiacchiero con Erik, ci scambiamo le mail a penna, nessuno dei due ha bigliettini a portata di mano, mi augura un ottimo viaggio. Scendo le scale, “flotando”. L’ego è a 3000 e il Diazepan è lontano.
che il fotografo era giovane, si capisce da come mi ha tagliato le mani….comunque l’album delle foto complete, si trova nel sito web, in costruzione, che sarà anche il sito ufficiale del viaggio! rimanete sincronizati e lo svelerò presto!
statevi bene
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