Leggere confusioni di una

Leggere confusioni di una mattina di fine luglio

La prima risposta positiva da parte di Dubai, in merito alla volontà da parte dell’impresa di voler farmi il secondo colloquio mi ha messo in crisi.

Erano già passate due settimane e i miei animi si erano placati, dopo l’eccitazione dei primi giorni in cui era sorta tutta la faccenda dell’offerta ben pagata e con previsioni di un’ottima esperienza progettuale.

Sono andata quindi a distrarmi, giacchè per un fatto personale dovevo andare a Diagonal.

sono entrata in un negozio di articoli per la casa di manifattura asiatica e mentre guardavo un contenitore bombato di vetro, col coperchio in vetro anch’esso, molto grande, di quelli che ci puoi mettere solo cazzate per decorare qualcosa, mi è caduto per terra. Mille pezzetti, un solo contundente rumore.

In un momento c’è stato il silenzio totale nel negozio (abbastanza grande) interrotto solo da una esotica musica cantata in spagnolo. Sono rimasta inebetita per qualche secondo e poi mi si è avvicinato subito il commesso, la cui unica preoccupazione, a quanto pare, era quella di vedere se mi ero fatta male.

Ma nulla di fatto, questa cretina colpevole di aver fatto cadere il contenitore è illesa.

Dopo un pò sono andata alla Fnac.

Ho comprato:

un libro di auto-apprendimento della lingua tedesca, con cd incorporato.

2 film: Il signore degli anelli e Babel.

Ho dato la carta di credito alla cassiera e il documento di identità spagnolo e lei, mi fa gentilmente notare che è scaduto. Guardo bene, e si, è proprio scaduto da 10 mesi.

A 30 centimetri da un semaforo in Diagonal, difronte al benzinaio di Verdaguer, dove siamo fermi per il rosso e siamo almeno in 10, vedo un bambino di circa 4-5 anni, col completino del Barça, pantaloni abbassati e mogliettina alzata e con vigore, vedo che sta espellendo il suo liquido giallo nel quadrato di terreno, dove è piantato un albero. Come i cani.

Ricordandomi dei bambini cinesi che hanno i pantaloni col taglio verticale sul di dietro, per ovviare ai loro bisogni ovunque e in qualsiasi momento, dico alla madre: “esistono i bar signora, per queste urgenze, ecco perché Barcellona puzza tanto, perché insegnate loro, ad agire in questo modo fin da piccoli”

Graziè a Dio scatta il verde e me ne vado, tra gli sguardi puntati di tutti gli altri, scrutando solo l’espressione mortificata della madre del bambino, che impietrito è lì a bocca aperta.

Acida e cattiva. Cattiva, cattiva bambina. E tutto questo perché sono angosciata e corrosa dal dubbio-dubai.

Nella metropolitana mi siedo e di fronte noto un ragazzo con la t-shirt di Chichen Itzà, che mi ricorda il mio Messico e al suo lato una ragazza con una pancia di circa 8 mesi.

E penso: eccola lì la mia situazione. Scatta immediatamente un pensiero che va verso il meccanismo di dipendenza-indipendenza, che traffica da parecchio tempo nei miei circuiti celebrali.

Da una parte i viaggi, l’esperienza a Dubai, un altro mezzo giretto del mondo, idea che accarezzo dalla settimana seguente al mio ritorno: paesi dell’est, Russia, medio oriente, Africa del nord.

Dall’altra parte l’dea di una famiglia e la maternità, questo piacere universale che scade come uno yogurth alla soglia dei 40.

Penso, rifletto e mi confondo, senza un ordine preciso delle priorità.

La mia stabilità emozionale potrebbe essere molto vicina. Un amore, una casa, una città, una vita normale. nè meglio nè peggio della mia attuale, solo profondamente diversa.

e forse, sotto sotto, ambita.

Vedo me, Stephan e i nostri magnifici bambini biondi con gli occhi chiari, che parlano italiano con accento tedesco.

È difficile fare chiarezza.

e

comunque non si fa pipì per strada.

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