Finalmente il file autocad dallo studio di architettura di Berlino é arrivato.
Per cui con molta serenitá e con tutte le misure mi sono messa a progettare la nostra futura casetta.
Certo ci vuole piú luciditá e che cuore nel progettare una casa per se stessi. Molto piú di quanto pensassi.
Ad esempio volevo una camera per gli ospiti. Ma quali ospiti? A Barcellona casa mia era sempre piena di amici, ma ad Amburgo, con questo freddo, non viene nessuno!
E se proprio dovessero venire, un divano letto, nello studietto, va piu che bene. Stesso discorso digasi per le camere dei bambini! e se un secondo figlio non arrivasse? e se arrivassero gemelli? In sostanza abbiamo deciso, al momento, di suddividere la casa nella seguente maniera:
2 camere da letto, 2 bagni, uno studietto mini, una lavanderia e un open space con cucina. In realtá se tra 10 anni, per un nonno che viene a vivere da noi, o per un ragazzo che chiede la sua indipendenza, si potrebbe ancora una volta creare una camera da letto, sacrificando, ahimé l´open space!
In realtá questa ultima decisione é stata un pó combattuta. Ho domandato ai miei numerosi amici in facebook, cosa ne pensassero e devo dire che molti sono a favore e tanti altri contrari. Di sicuro sono d´accordo con chi afferma che disegnare gli spazi in cui muoversi nella quotidianitá, pensando a grasso e padelle sporche, puzze di uovo e pesce, potrebbe realmente basarsi su una idea fuori moda e diciamola tutta, un pó triste.
Inoltre ho riletto una parte dell´intervista fatta a Kengo Kuma e che trovate nel mio libro. Eccola:
Quindi il nuovo minimalismo si contraddistingue per leggerezza e transitorietà. Lei pensa che l’incursione delle nuove tecnologie digitali e l’invasione dei media nella vita moderna hanno anche contribuito ad alterare i modi in cui lo spazio viene percepito e utilizzato dall’uomo?
Sicuramente le nuove tecnologie digitali hanno una importanza non indifferente sul concetto dello spazio, ma io vedo soprattutto in Giappone un cambio di concezione spaziale dovuto ad altri fattori.
Nel concetto tradizionale utilizzato nell’architettura occidentale sussiste un gioco nel quale esistono continue occlusioni. Per esempio in un edifico il ruolo dei muri e delle finestre è fondamentale, l’idea di chiudere gli spazi dà vita a una barriera tra il soggetto e l’oggetto.Lo spazio quindi rimane congelato in una sua intrinseca staticità. Nella filosofia orientale, invece, a dominare la scena sono solo le superfici orizzontali, pavimento e soffitto, e questa fa coesistere lo spazio dei vari ambienti in una continua fluidità. In questo caso le entità sono tre: dinamismo, tempo e spazio.
L’idea di suddividere gli spazi solo per rispondere a una domanda concreta di superfici che rispondano, a loro volta, a un concreto utilizzo non è, a mio avviso, una condotta ideale di progettazione. Significherebbe effettuare una analisi delle porzioni spaziali attraverso le quali il tempo non scorrerebbe mai. Progettare una pianta per me significa ricercare i pendii e le inclinazioni esatte attraverso un gioco di livelli, significa immedesimarsi nel soggetto che percorrerà quei campi, creare attrito. Questa è una chiave fondamentale per poter effettuare un programma progettuale che dia un risultato spazio-temporale.
2 risposte a OPEN SPACE? yes please..