Tra ricchi e poveri, c’ una differenza che si rispecchia nella differenza tra liberi e appartenenti, tra nomadi e stanziali, tra mobili e immobili. Della prima classe fanno parte gli accademici in trasferta, i manager delle multinazionali, i turisti, coloro i quali non smettono di lodare della globalizzazione la parte cool, il melting-pot, l’eclettismo! Non che abbiano torto ad essere affascinati da questo brillante quadro globale, ma, tuttavia, essi vivono il pianeta come se fosse un buffet a cui servirsi con leggerezza, consumando un po qui e un po la, mettendo un’etichetta simpatica a quel luogo, unaltra a quel popolo, nessuna a quellaltro ancora ecc
Della seconda classe, invece, fanno parte non solo gli immigrati tormentati e gli abitanti delle favelas, cio coloro che avvertono la globalizzazione tuttaltro che come una possibilit di movimento, ma piuttosto come una paralisi da vincere soltanto rimettendoci la pelle. Ma anche tutti quelli che, accanto a questa paralisi, sviluppano il risentimento che induce ad auto-escludersi, a separarsi, a ghettizzarsi. Oppure, sono quelli che vedono trasformarsi i propri luoghi in luna-park per estranei, che arrivano, gli guardano come oggetti etnici e pittoreschi e se ne vanno.
Si potrebbe discutere ampiamente su quanto il concetto di libert individuale, fiore allocchiello della societ occidentale, sia soltanto apparente, viziata in partenza, libert di consumare e nientaltro ecc..ec. Come si potrebbe discutere quanto, pur illusi di essere individui, non smettiamo di condizionarci a vicenda anche qui, nella parte ricca.
Resta il fatto che proprio in virt di questa emancipazione dalla stanzialit, dai rapporti a vita, da quella che Bauman chiama la viscosit delle scelte, a causa di questa nostra vera o presunta emancipazione da appartenenze di ogni tipo, che i Paesi in Via di Sviluppo, guardano i paesi ricchi con una gamma di sentimenti che va dallammirazione al risentimento, dallinvidia allodio estremo.
Pp.