21 Aprile 2008
Architettura d’interni, portoghese
Scusatemi ma vi devo parlare di calcio. Italiano e portoghese. Scusatemi ma è una postilla fondamentale e importantissima per parlarvi di architettura d’interni, portoghese.
Ebbene in Portogallo il calcio è vissuto in maniera molto più genuina rispetto al nostro italico paese. In generale, è molto più seguito che in Italia. Il Portogallo è un paese non ancora toccato da quel moralismo demenziale con il quale viene giudicato il calcio da noi: idiozie come <> per fortuna ci vengono evitate. Qui si ha perfettamente la nozione dei privilegi di coloro che appartengono a questo mondo; si è accettata l’ovvia realtà di un mercato dove gli scambi economici si fanno all’ordine di svariati milioni di Euro, soprattutto alla luce del fatto che si tratta di soldi di privati e non di danaro pubblico estratto dalle casse statali per far giocare ogni sabato, domenica e lunedì 22 sportivi in mutande. C’è molta passione e nonostante la televisione pubblica e una privata (a pagamento) trasmettano molto calcio nazionale, la gente è ancora attratta dalla tradizione di vedere le partite al bar dove, soprattutto a partire dagli Europei del 2004 (che per chi non lo sa si sono svolti proprio qui), il televisore è diventato un elemento fondamentale al pari della macchina del caffé. Un bar portoghese? È una macchina del caffé e un televisore. Molti baretti, anche baretti sporchi, hanno fatto un sacrificio economico spendendo molto nella qualità del mezzo, con lcd enormi, di svariati pollici, costosi…il tutto per garantire il più possibile una eccellente visione. Poi magari il caffé fa schifo ma ti vedi da Dio Porto-Benfica. I televisori nelle case portoghesi non mancano, ma questa tradizione c’è. Penso che sia un po’ come succedeva da noi negli anni ’60, quando è apparsa la televisione e la gente riempiva i bar per vederla. Solo che qui si va per vedere il calcio e la gente a casa il televisore ce l’ha.
Ma cosa porta, questo, in termini di conseguenze nell’architettura d’interni?
Nei bar, che a Porto sono centinaia (mai visti tanti bar in una città), lo spazio è occupato in modo da riempirlo completamente di tavolini, infischiandosene delle regole che stabiliscono il numero di coperti rispetto ai m2 a disposizione che sono sicuro esistano anche qui…viene lasciato solo lo spazio fisico per lasciar passare un solo cameriere: un corridoio di circa 60cm. Le sedie, seguono invece un rigoroso ordine di “riferimento”: sono tutte rivolte verso il televisore. Non a raggiera, sono tutte parallele ma con il prospetto principale rivolto verso la tv. Sto parlando di una cosa che non avviene sempre, ma molto spesso avviene: in un tavolo quadrato, piccino, ci sono due sedie affiancate sullo stesso lato del tavolo che “guardano” la tv, mentre il lato opposto è vuoto. Che spettacolo, poi, quando quelle sedie sono tutte piene! Con tutta la gente che sta lì, a guardare in alto, come se stessero vedendo gli UFO!
Potrei raccontarvi anche di come i bar sono pieni di anziani: uomini, ovviamente, e donne, molto meno ovvio, che seguono la partita e con gli auricolari ascoltano assieme al marito quello che fa lo Sporting mentre vedono il Porto vincere 2-0 sul Benfica. Questa sera ho visto una mamma di circa 40 anni disturbare un signore con gli auricolari per sapere chi aveva segnato il quarto gol contro lo Sporting. Suo figlio di dieci anni stava lì e mangiava tranquillo un panino mentre lei chiedeva dello Sporting! E in tutto questo clima la disposizione delle sedie e dei tavolini aiuta all’integrazione sociale: sapete, quella bellissima tradizione di girarti a destra e a sinistra oppure dietro di te, per commentare il gol che è stato appena mancato a porta vuota…
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