Non attinente
Il popolo italico ama fare commenti. Nella rete si custodiscono milioni di commenti su milioni di avvenimenti di questo “sporco mondaccio”. Come lo chiamava lui, Spencer Tracy, in…<>. I commenti, come era logico supporre, si fanno in tutto il mondo. La qualità è variabile, così come la sostanza. Ad esempio, dal sito del quotidiano o Público, si leggono cose interessanti; mentre dall’Italia, …leggo qualcosa di inquietante. Parliamo, anzi parlo, se mi permettete, di un caso decisamente non attinente con questo blog. Faccio cioè un’eccezione alla regola, e credo l’ultima, nella speranza di essere perdonato. Parlo del caso Englaro, del quale vorrei darvi la mia personale opinione.
Caso Englaro,…è giusto staccare l’alimentazione a Eluana Englaro?
Allora dunque, il mio orientamento è per la vita. Volendosi intendere che: se c’è la possibilità di poter evitare l’interruzione dell’alimentazione (pur sempre “forzata”) di una persona, questa opportunità dovrebbe essere sfruttata e anche il più celermente possibile. Leggo diversi commenti nella rete, e nella media sono tutti contro il governo con la G maiuscola. L’azione di Berlusconi viene considerata come un atto di protagonismo attuato tramite l’uso della vita e del corpo di Eluana. Da anni il Cavaliere ha scisso l’Italia in due categorie: o lo si ama o lo si odia. E siccome è di moda stare nella seconda categoria, è altrettanto logico che qualsiasi cosa lui faccia sia negativa a prescindere. Se queste poche righe potessero costituire una specie di testamento biologico, ne approfitterei per chiarire che nel caso mi trovassi in condizioni simili a quelle di Eluana, gradirei che non mi fossero staccate le macchine o che comunque in alcun modo fossero interrotte le mie terapie. A questo punto sorgerebbero alcune contestazioni: “…ma come, vorresti continuare ad essere un peso per coloro che ti amano per chissà quanto tempo? Eeeeh, parli bene tu! Che non devi accudire un tuo amato in quelle condizioni e non sai cosa significa farlo e come sia straziante farlo di giorno in giorno, di ora in ora, di anni in anni…” . Già, parlo bene. Tra l’altro ci sarebbe da fare anche il discorso che se io non avessi i soldi per mantenere una persona in quelle condizioni, oppure se non ce li avessero gli altri nel caso in cui fossi io a stare così, allora sì che sarebbe più facile, forse, staccare certe spine. E di fatti queste critiche mi fanno pensare quanto sia assurdo essere estremisti su questo argomento. Nel momento in cui io dovrò affrontare il dramma di assistere una persona amata nelle stesse condizioni di Eluana, sono convinto che la mia scelta “sulla vita” entrerebbe in una profonda crisi. Sto dicendo che l’apparire dei lati oscuri “della vita” mi potrebbe portare a ribaltare completamente il mio pensiero. Eppure dall’Italia vedo e leggo di persone che sono fermamente convinte di sapere, magari solo istintivamente, quello che sarebbe giusto, umano e civile fare in questo caso. Che sia a favore dell’interruzione dell’alimentazione o che sia a sostegno del proseguimento della non-vita terrena di Eluana, colgo una impressionante granitica sicurezza nell’essere convinti di stare dalla parte della ragione. Posso capirlo nel caso del padre di Eluana, negli altri, invece, questo atteggiamento mi fa paura. Possibile che non ci sia nessuno che dica “secondo me bisognerebbe fare così ma sai, in questo caso proprio non…”? Guardate, sono anni che vado pensando che per avere successo nella vita avrei dovuto fare il medico in Portogallo oppure in Italia avrei dovuto buttarmi in politica, dove tra l’altro un architetto fa sempre comodo. Ed invece sto cominciando a pensare che ho fatto bene a non scegliere la seconda opzione perché “loro” sì, adesso,..loro sì che devono prendere una decisione! Sono i politici, infatti, coloro che devono fare una scelta in una direzione o nell’altra nella speranza che questa possa essere, di fatto, tutto l’aiuto possibile che uno Stato è in grado di dare a un cittadino nel momento in cui si affrontano certi drammi. Non li invidio, i politici. Forse ho una visione un po’ monarca della Repubblica, ma io penso che lo Stato debba essere, con le dovute misure, una sorta di padre putativo. Se in macchina è d’obbligo usare la cintura di sicurezza, lo è non perché si vuole evitare che il tuo corpo schizzi via dall’auto con il pericolo di colpire un passante. Se un’ambulanza soccorre un tipo che si è ingoiato 40 barbiturici, i rianimatori fanno di tutto per il riportarlo “da noi” e non è che si mettono a dire: poverino, rispettiamo il suo desiderio di voler lasciare questa vita! Quindi di fatto esiste una’azione dello Stato che protegge le nostre vite anche da noi stessi. Perché allora stupirsi di un intervento del Governo? Il perché, secondo me, si rifà anche al discorso delle due italiche categorie sopra citate. Detto questo l’unica cosa che posso sperare è che Eluana si risvegli, miracolosamente, come pochissime volte accade,..per poterci dire lei, con le sue nuove parole, che cosa dobbiamo fare e pensare. O per lo meno per darci qualche suggestione.
C’ho pensato un po’ prima di mettere questo post perché di fatti sarebbe giusto non sforare dal timbro architettonico di questo blog. Ho avuto paura di poter ricevere un richiamo da parte della redazione di p.A, senza contare le probabilità di essere attaccati dai commenti al veleno di qualche (eventuale) mal intenzionato. Ma poi alla fine ho pensato che questo blog potrebbe essere interpretato come un metodo, banale, per parlare in generale dell’Italia..usando il Portogallo come punto di sua osservazione. Vista così uno potrebbe dire: si, ma l’Architettura? Quando ne parli?
Ed è vero, ne parlo poco ultimamente.
Rimedierò allora lasciando un’altra morale di poco valore. Noi architetti dovremmo cercare di creare spazi nuovi dal sapore di vecchio. Mi riferisco agli architetti che in questo momento sono impegnati a progettare qualsiasi tipo di struttura sanitaria. Anche se fosse fuori programma, si dovrebbero prevedere degli spazi dove i parenti o gli “amati” delle vittime di queste tragedie possano trovare riparo per riflettere sulle dure decisioni da prendere, pensare, ponderare, pregare,… . Negli ospedali una volta esistevano le cappellette, ed ancora oggi se ne vedono. Dovremmo suggerire la creazione di spazi che, con l’aiuto dei nuovi linguaggi dell’architettura, possano significare la stessa cosa: una parentesi dal mondo reale dove poter fare il punto della situazione con se stessi, con le proprie scelte, con la propria coscienza, o con qualche Boss dell’Universo. Delle stanze dove poter sentire la propria anima.
Questo finale mi puzza. Troppa poesia, troppa demagogia, …”Delle stanze dove poter sentire la propria anima”, sembra una di quelle frasi poetico-architettoniche da Architetto-Star. Appena trovo in posto così in Portogallo vi faccio sapere.
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