Il “dove tutto cominciò”, gli appassionati di Álvaro Siza lo conoscono già: è Leça da Palmeira, piccola frazione del comune di Matosinhos.
Matosinhos, villaggio piscatorio, porto di Porto, sede di ottimi ristorantini di pesce (che, ultimamente, si son pure permessi di alzare i prezzi), sede di tantissimi gabbiani, raccoglitore dei natali di Siza, sede di una grande esplanada ignuda griffata Souto de Moura, sede del queimodromo (vedere ultimo post), sede, per ritornare ai “ristorantini”, di un gran puzzo di pesce alla griglia che intossica e profuma un budello viario che è parallelo al mare ma nasconto verso l’interno, dietro una cortina composta da case basse azulejadas e dai primi edifici del porto.
Dal porto di Porto, un individuo si infila in questo budello per arrivare non proprio direttamente verso l’esplanada ignuda.
Siamo a nord-ovest di Porto, sull’Oceano. Un po’ più a nord spunta Leça da Palmeira. Lì, da molto tempo, riposano le vestigia di due primizie giovanili di Siza, la famosissima Piscina delle Maree e l’ancora più famosa Casa del Tè (e ristornate) detta “della Boa Nova”. Entrambe le opere hanno la solennità di un gruppo scultoreo affacciato sull’Atlantico. Chiunque abbia fantasticato sull’uomo di Matosinhos non può non aver presente questi due colossi della “sizità”, perché essi fanno da preambolo a qualsiasi monografia che ci racconti la vita del maestro partendo dall’inizio dei tempi.
Eppure lì vicino c’è un altro Siza. Uno di quelli che “pochi conoscono”, come si direbbe in questi casi. Dall’altra parte della Casa del Tè, e dunque dall’altro lato della strada, su un pezzo di terreno in discesa verso il mare, su un prato dove qua e là fioriscono alcune pianticelle grasse (che io chiamo “pianticelle oceaniche” e che sembrano fatte di plastica anche se sono morbide), …ecco, in questo luogo, prende forma il monumento dedicato al poeta Antόnio Nobre. Data: 1980 (dicono…). Il luogo è stato scelto perché era lì che Antόnio Nobre soleva farsi vedere, mentre passeggiava assieme a delle giovani donne. Di conseguenza, pare che l’opera di Siza trovi ispirazione proprio dall’idea del cammino, del percorso. Il contesto è oggi caratterizzato dalla Casa (che dai palati fini sentirete chiamare anche: Salão), dal vecchio faro, che è a sud, ma sullo stesso versante dove sorge l’Antόnio, e dalle raffinerie, a nord, le cui flatulenze vengono combattute, e a volte anche favorite, dal passaggio dei venti oceanici.
Lo spazio avrebbe dovuto essere circolare, e tale perimetro sarebbe stato definito da due piccoli boschetti laterali. “Avrebbe” e “sarebbe”, appunto. Un un tratturo! avrebbe attraversato la radura da est a ovest, in direzione dell’Oceano. Ma niente stress. Per fortuna questo elemento c’è. L’entrata vera e propria si trova nell’estremo est del percorso, parte da una strada carrabile posta ad una quota più alta ed è composta da una rampa affiancata da un gruppetto di gradini.
Da qui, entrando nella sognata radura, bisogna cercare di distogliere lo sguardo dall’Oceano, e concentrare l’attenzione a sinistra, verso un fascio di rocce giganti, dietro il quale si nascondono un gruppo di statue. Sono il poeta Antόnio Nobre e le sue giovani donne.
Che, in quanto giovani donne del “vate”, dovrebbero essere meglio identificate come “muse”.
Lo scultore Barata Feyo ha messo su tre giganti. Le due muse sedute, forse un po’ troppo distanti dal poeta, con l’Oceano alle spalle, e quindi rivolte verso il protagonista (senza fissarlo), e poi lui, Antόnio, che ritto in piedi non si cura di loro e scruta l’Atlantico.
Rimangono nel terreno le tracce di alcuni muri di proprietà, alla destra rispetto al percorso. Pare che Siza li abbia voluti lasciare. Ma visto che parliamo di percorso, e tenendo presente che siamo quasi alla fine, rimane da menzionare la chicca finale. Come un addio, o un arrivederci, prima di uscire, sul lato sinistro del tratturo, una lapide spezzata come un dente rotto ci riporta alcune parole del gigante.
Fine.
Ma per saperne di più:
PESSANHA Matilde, “II – Monumento ao Poeta Antόnio Nobre em Leça da Palmeira (1980)”, pp. 27-32, in Matilde Pessanha, Siza. Lugares sagrados – monumentos, Porto, Campo das Letras, 2003, pp. 127.