Come al solito fui svegliato da mio padre con un grosso scossone. Mi sollevai e sedetti sul letto, con i piedi ben piantati per terra. Mi fu dato il tempo di incassare il colpo, come tutte le mattine. Un buon mezzo minuto, con il capo chino come un cavallo. Ero e volevo essere una statua di sonno. E prendemmo il cammino verso il cavalcavia, un’ardita infrastruttura che separa la mia periferia dalla città. Il volume di un’ambulanza prese piede all’orizzonte. Nel buio del mattino, proprio all’imbocco del sovrappasso e sotto un cielo color acciaio, alcune persone occupavano una parte della nostra corsia. E assieme a loro, una grossa ambulanza, uno scooter rovesciato a terra ed una sagoma allungata sotto un lenzuolo bianco. Insomma. Gli anni che passano alla velocità della luce, non mi mettono di buonumore. C’è sempre il rischio di perdere i dettagli e non si ha il tempo di valutare con calma il ricordo di certi episodi. E poi non c’è nessuna emozione per l’anno che verrà. L’ottimismo non profuma. È stantio e costa. Morale? Il 2016, si avvicina portando con sé loschi figuri.
Tempo fa guardavo le fotografie degli anni ‘20, 1920. Con una certa superiorità. Ma questi egregi signori, mi chiedevo io, erano o non erano a conoscenza di quanta strada ci fosse ancora da fare, tanta strada, tanta di quella strada, prima di arrivare a toccare i raggianti ‘80 e ‘90? Io vedevo già i 2000 all’orizzonte quando loro, invece, erano appena agli inizi. Dovevano ancora fare tutto. Campa cavallo! Oggi, alle falde del 2016, siamo NOI quelli che percorrono una lunga strada. Tantissimi chilometri sono già lì, tutti in fila ad aspettarci da tempo, severi, accigliati. Fanno da baluardo al prossimo secolo, come un esercito di anni/luce. Al di là di qualche iPhone, siamo come i bisnonni classe 1920. Quanto potrà valere e dove ci portare qualche bella teoria sostenibile? Con quali soldi tirano a campare i giovani studi architettonici multidisciplinari, allegri, ricchi e politically vegans? Nessuno ci risponde.
Violacei sono i cieli di Saldanha, la piazza del duca che indica. E due tannenbaum con le luci color ghiaccio fanno capolino dai piani alti di un edificio anni ‘80 e fantasia. Sembrano padre e figlio. La Triennale di Lisbona ci farà compagnia nel qui vicino 2016. E quando il Natale ci chiede…«è permeessooo!?!», ci ritornano in mente le parole disperate del povero George Bailey:
«Aiutami Clarence! Ti prego! Voglio tornare a vivere!…Fammi vivere, (sigh!), ti prego Dio, (sigh!), fammi vivere ancora, (sigh!)»