Be’ non so da dove cominciare. Ve la spiego così: la location era una libreria di Lisbona specializzata in libri di poesia. Quindi da una parte abbiamo questo spazio interessantissimo e dall’altra un progetto forse nato male, che volendo costruire dei ponti tra poesia e architettura è andato a naufragarsi sugli scogli della notoria flemma portoghese. Per mandare tutto alle ortiche è bastata una prima serata, dove un autore timido timido che non sapeva molto bene cosa fare ha letto alcune sue poesie (una di queste inedita) e a provato a dialogare assieme a me e al padrone di casa. Il pubblico, poco ma attento, è rimasto molto ben impressionato. Poteva essere la base per rettificare il progetto, è stata invece l’occasione per cancellare tutto. Non mi abituerò mai. Rimarrò sempre sconvolto dalla mancanza di ambizione di questo popolo, sempre più aggrappato a Cristiano Ronaldo e (quindi) sempre più distante da Pessoa.
L’altra sera, mentre abbassavo le persiane della mia finestra, ho notato un grosso tannenbaum bianco, con le palle grandi e le luci fisse. Mi sono girato verso il mio presepe e ho pensato che finalmente avevamo trovato compagnia. Il mio deve essere l’ultimo rimasto in città e non ho paura di essere smentito. E così, quando mi tiro su le coperte, le ultime luci che vedo prima di chiudere le palpebre sono quelle della grotta di Betlemme. Passano dal giallo, al blu, al verde.
Che tenerezza. È il mio modo di prepararmi alle prossime immancabili lusodelusioni.