Preambolo (Preambolo)
Due anni “circa” sono una bella quantità di tempo per essere architetti. Ti fa pensare che UuuAaauuu, già è passato qualche tempo da quando si è usciti dal tunnel eeee…azzo, però, ancora non ho uno studio proprio? Un lavoro fisso? Ancora non vivo d’Architettura? Pazienza, sono solo due anni circa. Una volta chiesi a Siza (Senior) se era disposto a farmi una revisione della tesi. Eh! L’Istituto Fernando Távora, gli dissi. Praticamente mi imposi, e quando mi chiese “Perché io” riuscì solo ad inscenare un’efficace esibizione sugli specchi, …che lo convinse. Ma fu circa un mese di trattative, in pieno agosto, nel torpore estivo di una cabina telefonica del mio rione, …di quelle vecchie, chiuse, con le porte alte tipo saloon. Arrivato in Portogallo stava per saltare tutto ma alla fine le parole magiche furono: “Ma come signorina (l’immancabile rigida segretaria), ma io sono venuto apposta dall’Italia!!!”. E dopo tre giorni, la luce.
Presentazione (Vita da Ed)
Sono Ed, e vado lavorando saltuariamente a Porto. Per un po’ ho lavorato in una società di servizi che “procura” ( = fornisce) progetti d’architettura d’interiori per farmacie. Esperienza pessima. Era l’Architettura intesa come catena di montaggio: tanti progetti bellissimi, perfettissimi, in tempi cortissimi. Invece l’Architettura, intesa come “il lavoro nell’Architettura”, qui è sinonimo della parola: crisi. A meno che dal tuo curriculum non evinca in forma più che palese che tu sei in grado di dominare le nude “macchine”, benissimo, e non bene, e con esse tutti i programmi più fighi che esistano per disegnare, progettare, renderizzare, eccetera, eccetera, eccetera. Si, come un po’ dappertutto, voi direte. Solo che qui è un po’ più che dappertutto. Delle volte la gente che lavora negli studi ha delle difficoltà pure a farsi pagare. I grandi, invece, lavorano tutti e tanto e la maggior parte pagano tutti bene. Interessante il piccolo vassallaggio che Siza gode a Porto, per cui vari studi d’architettura della città, quelli “quasi” importanti, di fatto lavorano per lui e per il suo studio di Rua do Aleixo, “onde per cui” chi lavora negli studi satelliti a fine mese va in banca a farsi cambiare gli assegni di Siza e non quelli dello studio dove effettivamente lavorano. Ecco il motivo per cui in alcuni progetti il nome di Álvaro è associato a quello di altri co-autori, i quali però sembrano non produrre mai lavori “indipendenti”: i loro progetti “indipendenti” non sono pubblicati da nessuna parte. Tranne qualcuno: uno.
Convivenze (Detti e linguaggi)
Vivo in un periodo di immobilismo architetturale. Per darsi da fare e uscire un po’ dall’impasse uno che deve fare? Si dà ai concorsi. Tutti difficilissimi quelli di oggi perché ti chiedono degli edifici super-puliti e che non inquineranno mai per tutti i secoli dei secoli. Inoltre ti chiedono pure le relazioni economiche, facendoti capire che oggi, chi prova a fare qualche concorso da solo, deve essere oltre che architetto anche ingegnere ed esperto di computo metrico. Allora ho conosciuto un tipo con il quale cercheremo di fare qualche concorso. Però, io ho conosciuto l’altro estremo: come si dice qui “o 8 o 80”, io mi sono beccato il primo in quanto l’80 sono io. Con questo si parla solo di Architettura, (divorato com’è da “lei”), mentre viene rigorosamente evitato qualunque discorso da “macho” (sapete quelle banalità sul calcio, le donne, la vita…), mai che si parli nemmeno d’attualità, addirittura delle volte mi vergogno un po’ quando chiedo la seconda birra, da 33cl, perché mi dà l’idea di essere un ex architetto ubriacone. Ma il tipo è una brava persona, uno a posto, insomma nel gergo lusitano è un tipo fixe.
Città (Povera Gente)
Si demolisce il vecchio e si costruisce del “nuovo”. Giù le vecchie case con azulejos per far posto alla nobile e ben più cool architettura della Scuola. Alcuni benestanti si convincono che è ancora un bene restaurare le vecchie case del centro storico, magari optando per alterazioni sensibili della facciata solo sul retro, nel quintal. Ma a pochi metri al di là di quello che ti sembrerebbe essere il limite del centro storico, si può buttare via tutto. Come tra l’altro già fecero negli anni ‘60-‘70. Il fatto è che molte di queste bellissime case cadono adesso in rovina, mentre nel centro, quello Storico propriamente detto, non mancano incidenti anche di una certa portata (corto circuiti quindi incendi quindi vittime…) a causa dello stato disastroso in cui riservano le case. Di fatto sono case tecnicamente inagibili, roba che da noi ci sarebbero i nastri bianchi e rossi per intenderci, ma che qui sono abitate dalle famiglie meno abbienti. Quelle povere, poverissime, che vivono di sussidi sociali, quelle i cui figli (i gunas!) possono andare in giro anche vestiti Nike, tanto poi lo capisci subito il “come”, e con il berretto e il cellulare con la radio a palla, delle volte anche un doberman rigorosamente ferocissimo, e tutti rigorosamente Dragões ossia adepti del Futebol Clube do Porto. Dietro la Casa da Música sorge un edificio a curva che dovrebbe ospitare una banca. Le intenzioni dell’architetto dovrebbero essere quelle di dare una risistemazione allo spazio Koolaassiano che, a suo dire, era molto caotico ed instabile. Delle volte si sperimenta qualcosa di nuovo, come una specie di blob tagliente che sta apparendo nell’Avenida da Boavista. E poi c’è la Metro, che forse aprirà una nuova linea là e non qua.
Conclusione (Incomprensione)
Insomma si lavora sempre nella direzione giusta qui: sono gli ingegneri che lavorano per gli architetti e non il contrario. Anche se questo porta a concludere che mentre sono gli architetti coloro che lo devono procurare, il lavoro, a “quelli là”, invece, piove sulla testa, perché di fatto gli è stato “procurato”. Comunque qui si cerca ancora di andare avanti con l’Architettura, vista come uno strumento, un indice di qualità e non come un aspetto banale e marginale della realtà, come in Italia. Continuano gli eccessi “concettuali”, come quello di continuare a parlare di “buona” o “cattiva” architettura, “edifici fatti con una buona architettura, con un’architettura di qualità…”. Ma che *azzo significa?