Pollame
Volevo parlare di una “cosa” di SIZA, cioè di una sua opera che giornalisticamente parlando si può definire “controversa”. Però siccome sono lungo nei post, e siccome avrei dovuto fare un po’ di ricerca per documentarmi meglio, e siccome sono molto, molto pigro…insomma, tanti “siccome” equivalgono ad una rinuncia. Ma no, mi dicevo, che rinuncia! È solo un posticipo.
Detto fatto. Anni fa Siza ha vinto un concorso in Brasile. Si tratta di un museo che raccoglie la collezione di un pittore, un tipo che per me è un grande sconosciuto. Forse qualcuno che mastica arte lo conosce, oppure io conosco troppo poco l’arte. Comunque da adesso alcune delle opere del pittore brasiliano Iberê Camargo sono esposte nella nuova sede della Fundação Iberê Camargo, un edificio mostruoso che dà le spalle ad una scarpata ricoperta da una folta vegetazione (va là, diciamo un bosco). La scarpata è in parte erosa da una serie di vecchie escavazioni minerarie della costa . L’Avenida Cachique separa quella che mi sembra essere la facciata principale dalla baia del fiume Guaíba. La città è Porto Alegre, Brasile ovviamente. Be’, forse la baia, tecnicamente parlando, non è esattamente lì: lì dovrebbe essere ancora fiume ma comunque oltrepassiamo il dettaglio.
Ah! Piccola curiosità: sapete come si chiama qui il film ? A ultrapassagem. Si, traduzione letterale. È una parola dal suono interessante, ascoltandolo hai proprio la sensazione fisica che ti stiano ultra-passando da dietro le orecchie.
Insomma questo museo è fantastico. Ha una parte brutale; una parte banale, cioè rigorosa; una parte alla Guggenheim di New York*; una parte intelligente e una parte che poteva essere fatta con altri materiali. Quando prendevo il mio bel El Croquis per copiare i bagni di Siza del museo Serralves**, ogni tanto la mia mente vagava, assieme alle pagine. Verso la fine del volume si trova questo progetto, fino ad allora assolutamente lontano dai canoni di siziani o sizisti(ci). Dei bracci che sembrano meccanici che escono e si rificcano in una cosa che sembra una specie di bile estrusa. Delle volte penso che a me piacciono questo tipo di scene: più brutali sono più ci rimango “così”. È un “così” che non so definire se negativo o positivo, ci rimango e ci rimugino ma alla fine penso che sono cose che mi piacciono perché per essermi fermato su questi progetti qualcosa mi deve essere rimasto impresso. Mi viene in mente un aneddoto che successe a casa mia, a Porto, ai tempi dell’Erasmus. Una nostra amica brasiliana chiese a me e a Victor quale erano i nostri metodi per valutare un progetto e/o determinarne il suo grado di qualità. Victor era ed è di Barcellona. Grande scuola. Insomma io tirai fuori proprio questa storia molto poetica delle sensazioni: sai Rosa, le dicevo, delle volte ho delle strane sensazioni…ci sono certi progetti che mi colpiscono non so per che cosa e allora io ci ritorno su e cerco di studiarli per vedere come sono fatti (intendevo dire “do un’occhiata a piante e sezioni” quasi senza capirle: io guardavo loro e loro mi fissavano con un’aria ancora più interrogativa). Rosa annotava, era un’annotare che sembrava dire: interessante! Che pollo…Victor diede una risposta fighissima: <>. Ancora adesso non uso completamente questo metodo.
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Che qui chiamano rigorosamente Nova Yorque
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Uno degli spagnoli che viveva in appartamento con me, rideva di se stesso quando guardava i suoi progetti come se fossero un puzzle di citazioni: i bagni di Rafael Moneo, un’entrata alla Miralles…
Anni dopo, i miei progetti erano: dei bagni alla Siza, delle entrate anche,…