Lunedi!!!!!!!!!!! forza e coraggio cittini…per i più fortunati, è pur sempre un giorno in meno alle ferie!!!
Orbene. Questo premesso, mi pregerei di intrattenervi brevemente raccontandovi un po’ di un personaggio che mi ha incuriosito. Tale Icilio Federico Joni. Già il nome è un po’, se si vuole, da burloni; Feder i Cojoni…una finezza da toscani, zozzoni per definizione quasi. Il Comune di Siena dedicò a questo artista una mostra a cavallo dell’estate 2004, al Santa Maria della Scala. Purtroppo la sottoscritta in quel periodo era affetta da una forma grave, in fase acuta, di tesi di laurea; il quadro sintomatologico presentava, tra le altre cose, agorafobia, monomania per l’oggetto della tesi, coma sociale.
Tra XIX e XX secolo Siena pullula di antiquari scaltri, collezionisti e critici creduloni, artisti abilissimi nell’imitazione. In questo periodo furono realizzati dipinti, in gran parte fondi oro, che ingannarono anche grandi storici e critici di storia dell’arte. Tanto che molte di queste opere sono ancor oggi custodite nei musei americani. Il genius loci del falso si chiamava Icilio Federico Joni.
Qui sotto, il nostro eroe in costume da paggetto medievale.
Joni viene al mondo in circostanze abbastanza disgraziate, nel gennaio 1866; il babbo era un militare sardo di stanza a Siena, che non potendolo riconoscere, si suicida. La mamma, giovanissima, lo affida alla ruota dei gettatelli dello Spedale di Santa Maria della Scala. Il lungo certificato di nascita è suggellato da una firma, perentoria e significativa: “CARAVAGGIO”. Il falsario è subito associato, (per beffa del destino?) al genio irrequieto, iroso, in perpetuo conflitto con la società. Trascorsa un’infanzia difficile, si forma al mestiere di doratore in una bottega; e in seguito, con una frequentazione piuttosto irregolare, all’Istituto Senese di Belle Arti, in un’atmosfera purista. Subito viene apprezzato da alcuni antiquari di Siena e Firenze. In pochi anni raggiunge una significativa notorietà anche come restauratore, soprattutto di primitivi senesi, dopo che uno studioso insigne come Bernard Berenson era caduto come una cozza nel trappolone di alcune sue falsificazioni, candidamente propinatigli a più riprese. E fu proprio la frequentazione con Berenson, con cui in seguito divenne culo e camicia, il passepartout per entrare nel circuito dei ricchi collezionisti. I falsi di Joni, per intenderci, vennero attribuiti ad artisti del calibro di Duccio, Botticelli, Ghirlandaio…non imbianchini qualunque, ecco.
Ma a Icilio Federico Joni è associato uno dei misteri misteriosissimi della storia dell’arte, legato all’intreccio di iniziali che compongono il suo marchio di fabbrica, il suo logo, rimasto a lungo indecifrato; il misterioso PAICAP, a lungo ritenuto un acrostico latino, foriero di chissà quali filosofie, concettoni, esoterismi…in realtà un motto beffardo su cui il falsario aveva basato la sua filosofia, di arte e di vita: “Per Andare in Culo Al Prossimo“.
Ovvìa bellini.
Grazie per l’attenzione. Spero vi sia stata gradita questa svolta cultural-storico-artistica di queste ultime due bloggate.
Un applauso di incoraggiamento per il prosieguo dell’industriosa settimana…sciao!!!!!
2 risposte a PAICAP