ma buongiornooooo! anzi…buonaseraaaa! l’onda lunga delle cosiddette ferie continua a quanto pare a farsi sentire, dato che pur non avendo sostanzialmente da fare una mazza ho trascurato i miei fedeli lettori. con una promessa non mantenuta di raccontare le mie ehm…vacanze low profile; promessa che non so quando manterrò, forse nei lunghi e piovosi pomeriggi invernali, quando ripensare ai 60 gradi di giannutri con zaino da interrail in spalla pieno sarà un ricordo che scalda il cuore e le membra. ma come sono poetica, quasi pìssera. ora mi resetto.
la settimana è iniziata malissimo; con la gomma della bici bucata, dopo un paio di madonne, ho dovuto ripiegare su corsetta mattutina; che se mi ha riappacificato con il jogging o footing o quello che è (con cui ho sempre avuto un conflitto non risolto), e ringalluzzito sulle personali potenzialità di quello che in termini tecnici si chiama “fiato“…mi ha devastato gli arti inferiori. al secondo giorno (oggi) accuso serie difficoltà nella deambulazione, paragonabile a quella caratteristica di chi soffre di emorroidi. piegarsi per raccogliere un foglio, entrare in macchina, salire le scale sono attività che rasentano la soglia della tortura; il bidet è una quasi mission impossible. come al solito mi rincuora l’oroscopo: in questa giornata riuscirai ad adattarti dinanzi a qualsiasi situazione e troverai il lato positivo di ogni cosa. Allora sto in una botte de fero. A proposito…un caloroso bentornato al dirimpettaio simone.
Questo premesso, vorrei farmi perdonare raccontandovi della gita fuori porta cui ho avuto l’onore di partecipare lo scorso venerdì. Sotto quello che i meteorologi definiscono “tempo instabile con locali rovesci a carattere temporalesco anche di forte intensità“, chi la mattina alle sette e mezzo fosse passato in via massetana davanti a nannini, avrebbe visto un inusuale assembramento di n. 32 architetti con congiunti al seguito, fra battute da caserma, ritardi e giustificazioni improbabili, imbarazzante abbigliamento da mare. Il volantino recava la dicitura “Visita alle cantine d’autore – Rocca di Frassinello di Renzo Piano e Petra di Mario Botta“. Scritto proprio in fondo, dimesso e piccino picciò, le modalità del pranzo, vero scopo inconfessato ed inconfessabile della gita. Dopo lunghe ed estenuanti trattative per la formazione delle macchine, che avrebbero fatto apparire l’organizzazione dello sbarco in normandia una robetta da pischelli, si parte. Destinazione Gavorrano e Suvereto (Maremma)
Visita alla Cantina di Renzo Piano.
Considerazioni preliminari, sgamate nel corso dell’attesa e pronunciate da stimati professionisti: “Se hanno chiamato Piano per la cantina, il vino deve far cacare“; “A me mi sembra una caserma dei pompieri“; “Manca la scritta mercatoneuno, poi è come un grande magazzino“; “Gliel’hanno fatto fare solo perchè era Renzopiano“; “Voglio andare a pranzo“.
Dal di fuori si presenta come una forma molto semplice, schiacciata, di un rosso vivo, definito “rosso maremma”; in alto svetta la torre acchiappa-luce, un semplice parallelepipedo che con un gioco di specchi incanala la luce all’interno
della barriccaia. l’impatto ambientale, che comunque è stato considerato e valutato attentamente, non è poi così low profile (eh oh, mi garba il termine). Si riconosce la mano di piano (che fa anche rima) per la purezza quasi minimalista degli interni, che mi hanno ricordato molto il padiglione di mies. Il vero fiore all’occhiello è la barriccaia, che è effettivamente uno spazio di rara suggestione: in una sorta di arena a terrazze degradanti, in pianta un quadrato di 40×40 metri, 2500 barriques sono lì che ti guardano, immobili e quasi fiere; con scorci quasi alla kubrik.
Il movimento e il trasporto delle barriques, per essere riempite, svuotate e pulite, avviene attraverso bracci telescopici che si allungano. Niente lusso o sfarzi all’interno, solo cemento a vista che esalta la presenza imponente delle barriques in rovere. Sulla terrazza si sviluppa una struttura in vetro e acciaio inox, trasparente e leggera, alla mies, appunto; in cui e’ stato ricavato uno spazio di 500 mq, colorato ma con misura, con pareti mobili , per accogliere i visitatori, per degustazioni eccetera.
Chi ha assaggiato il vino sembra confermare le ipotesi iniziali, lanciandosi in commenti arditi: “E’ meglio la sciacquatura di botte che ci danno alle cene di contrada“.
Visita alla Cantina di Mario Botta.
Considerazioni preliminari sgamate nel corso dell’attesa e pronunciate da stimati professionisti:: “Se hanno chiamato Botta per la cantina, il vino deve far cacare“; “Effettivamente dall’esterno è tutto un altro stile“; “Gliel’hanno fatto fare solo perchè era Mariobotta“;”Voglio andare a pranzo“.
Il progetto di Botta, in cui è ovviamente riconoscibilissima la sua predilezione per le forme pure, è sostanzialmente un imponente cilindro attorniato da due ali, due parallelepipedi. Il piano superiore del cilindro è inclinato, e spezzato a metà da una scalinata; il piano inclinato è poi diviso in due anelli: quella più vicina alla scala è a sua volta una gradinata, le cui “alzate” sono delle bocche di luce, non percepibili dall’esterno a causa della distanza; l’anello più esterno è un giardino pensile, che ospita degli ulivi, e che rende la struttura quasi parte del paesaggio circostante, minimizzando in maniera efficace l’impatto. Il tutto è trattato con della pietra locale pare a bassissimo costo (20 euro a mq si dice), un caldo calcare bianco rosato; da lontano l’effetto è quasi quello del laterizio. Pare che l‘idea folgorante, della forma architettonica intendo, sia venuta al proprietario, che ha poi incaricato il signor Botta della “messa in forma” (manco fosse un paio di scarpe). Pare. Così recita il sito http://www.petrawine.it/petra.html. E così diceva la guida, abbigliata con una stroboscopica magliettina rosa sgargiula. Il quale proprietario, dicevamo, non è solo l’illuminato committente; ma anche imprenditore di successo nel settore delle costruzioni, in particolare nell’edilizia industrializzata applicata alle grandi costruzioni (prefabbricati), profusi a larga manica all’interno della cantina.
Gli nterni sono splendidi, in modo particolare le barriccaie; grandi ambienti voltati (con volte, appunto, prefabbricate), caratterizzate da un attent
o studio dei materiali, della loro messa in opera, della luce; che conferiscono a questi ambienti un’atmosfera quasi sacra; un grande santuario, silenzioso, imponente dedicato evidentemente al vino. Veramente molto suggestiva, impressionante in senso positivo.
l match, e il signor Piano non ce ne voglia, si è risolto quasi all’unanimità: Botta1-Piano0. Un onesto pareggio pare per la qualità del vino.
La giornata è poi proseguita con il pranzo frugale: sette antipasti, due primi, frittura, patate fritte. Una situazione che a molti ha ricordato un pranzo nuziale, considerato anche l’impegno temporale: due ore e mezzo. Sensazione acuita dai ripetuti brindisi e dal comportamento dell’organizzatore, che per tutto il tempo ha girato per i tavoli come uno sposino novello per fare due paroline con tutti.
Ovvìa giù. Logorroica come al solito. Era tanto che un vi scrivevo ma…ehm…mi sono rimessa in pari…
Vi abbraccio bellini. A presto!!!!! …e come al solito, la parola è una sola: sopravvivere, sopravvivere, sopravvivere.
2 risposte a Scontro tra titani