Lei non sa chi sono io…

Ho sperimentato un antidoto contro la sindrome che affligge ogni architetto dal pagamento della prima tassa universitaria sino all’esalazione dell’ultimo respiro.

Quella sindrome che ti fa sentire un po’ superiore agli altri, che ti fa liquidare certe frasi con un sorrisetto ironico, che ti fa dire appena laureato “Io lavoro qui ma solo a certe condizioni. So quanto valgo e non ho nessuna intenzione di perdere tempo, ok?”

Prima cosa liberare completamente la mente, farne un foglio bianco. Poi andare da un amico/a, ragazzo/a e poi dirgli candidamente: senti dovrei progettare una torre in mezzo al nulla, una cosa alta 200 metri che abbia tanto acciaio quanto basta, il resto non so. Mi dai un’idea?

E’ come chiedere qual e’ senso ella vita a un bambino.

Il risultato e’ sorprendente.

Quasi 20 anni fa in un’intervista Foster diceva una cosa di questo genere: ” Da noi ognuno puo’ dare il proprio contributo al progetto e ognuno viene ascoltato, anche se non ha niente a che fare con il nostro lavoro”.

Non so se esagerasse o meno (spero di verificarlo presto), ma questa idea di democrazia applicata all’architettura mi piace.

Ah, nel caso poi quest’idea dovesse essere l’idea vincente, ricordarsi di dividere il premio…

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