Architettura: agente di orientamento e di mediazione.

 

Tra i concetti filosofici di tutti i tempi primeggia un dogma:

“ l’ agire umano trova giustificazione nelle norme”

Eppure una domanda nasce spontanea, in che modo le norme stesse rovano giustificazione nella loro validità? E quanto può/deve durare questa?

Probabilmente possiamo rispondere alla seconda domanda, pensando che la soluzione si trova ll’ interno del binomio norme morali/esperienza umana. Ma la prima domanda rimane un quesito aperto perchè credo che la norma in realtà è un parametro astratto e aqcuisisce un senso solo quando viene rispettata; probabilmente la forma che assume esprime la sua intenzione.

Se guardiamo la storicità delle arti, notiamo che alcune norme venivano dettate e seguite e non si sa perch¡e e per come.La poesia doveva essere scritta in rime e l’ estetica doveva seguire l’ universale principio “ del bello”.Che come tutti sanno è soggetivo.

Mi son presa la briga di cercare l’ etimo della parola norma, dal latino “ corda per tracciare”. Tracciare cosa?Dei modelli? Forse.Può essere una spiegazione il fatto che attraverso degli strumenti pratici l’ attività artistica o progettuale, viene collegata a dei modellli.

Lo storico tedesco Novalis, fu uno dei precursori della rotture degli schemi ideologici che si basavano sulla programmazione e sulla normativa. Nel perido del romanticismo infatti disse che “la vita non debe essere un romanzo che ci viene dato, ma un romanzo che noi stessi scriviamo.”

Seguirono poi tutti gli “ ismi” di fine ottocento e prima metà del 1900 che contribuirono a decomporre le norme e ad assottigliare se non addirittura a eliminare, la durata delle norme.

In una società in cui dominano il caos, il vandalismo,il crimine, dove ahimè vige una disgregazione totale, noi poveri terrestri seguiamo “ le norme” che costituiscono il nostro pane quotidiano, rispettando cartelli stradali,seguendo le cariche militari senza fare obbiezioni, senza porgere domande. Ma questo accade nella vita di tutti i giorni, per la strada, negli enti pubblici, ma nel nostro intimo, noi architetti odiamo le norme.

La norma è sinonimo di prescrizione, serie, griglia, in fin dei conti uno slum estetico.

Allo stesso tempo credo che a volte risulti dannoso svincolarsi dalla tradizione e si è costretti a fondarsi su standard propri, che spesso sfociano in autentici disastri.

Oggi giorno all’ interno sociale in cui ci muoviamo, credo sia urgente munirsi di tecnologie intelligenti che seguano “norme obbligatorie sostenibili”, attraverso le quali articolare forze produttive anche in campo progettuale.E dico questo perché a differenza della letteratura e delle arti fugurative che possono avere come contenuti fodamentali tutte le deviazioni che desiderano, tanto in campo della normalità e dell’ individualismo, l’ architettura ha una sua specificità. L`architettura non smetterà mai di essere interpretata come arte utilitaria e quindi deVe muoversi in ambiti, “purtroppo” ( menomale da una parte)dove le prescrizioni amministrative tendono a uniformare certe ribelli investiture ideologiche.

Anche se viene da pensare:

“a cosa dovrebbe aggrapparsi la nostra fiducia negli accordi politici ed economici, che regolano anche la sostenibilitá, che creano rapidamente regole che si traducono in norme e che altrettanto rapidamente le abbandonano?

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