Tartaré di tonno

Finalmente qualche sera fa, l´ho fatto. Semplicissimo. Marinate il pezzo di tonno tagliato a dadini con erba cipollina, capperi triturati, limone, olio di oliva, sale , pepe, aceto balsamico e un pó di salsa di soia. e vualá…

“Paolo Sorrentino, Hanno tutti ragione. Ossia la tartare di tonno, il crème caramel e la decadenza del mondo”
 
alla pagina 319 il protagonista dice:
Mi piace mangiare e bere: gin tonic, Ballantine’s per l’orchestra, e non disdegno ettolitri di Falanghina. Mi attizzano le zucchine alla scapece, mi arrapo mangiando una cernia con le mani insieme a una che mi va, mi commuovo al pensiero di irripetibili gnocchi di patate di mia madre.

Ma pur essendo allenato al peggio, di fronte ad una tartare di tonno vacillo, sbando: la trovi sempre e ovunque, da Palermo a Bolzano. Ha rotto i coglioni la tartare di tonno.

Io sono sopravvissuto al risotto allo champagne, alle pennette alla vodka, alla fase delle farfalle al salmone, alla vertigine della pizza coi pomodori pachino, alla tossicodipendenza trasversale della spigola sotto sale.


Ancora ieri mi son sentito preso per il culo: Tony, venerdì preparo un puzzle di spigola in granelle di sesamo. L’avrei presa a calci nei polpacci.

Ho ripensato a mio padre quando rifiutò atterrito un crème caramel, ritenendolo forse poco virile, ma certamente responsabile della decadenza del mondo. Il crème caramel.”

Il lettore appassionato gurmé a questo punto mi barcolla, terreo paventa l’ennesima tiritera della genuinità, della tradizione, della cucina di una volta, della cucina delle nostre mamme e delle nostre nonne. Il gastrofanatico fighetto e modaiolo, una sorta di corto circuito, di semplificazione “strisciante”.

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