a new life….

Domani e’pasqua e mi sembra ieri che ho scritto gli auguri
per nuovo anno..Come previsto il 2010 sta scorrendo velocemente,

scandito da ritmi nuovi a cui ancora faccio fatica ad abituarmi.

Dopo tre anni trascorsi nel dorato borough di Kensington and Chelsea, la
decisione di avere una casa tutta nostra ci e’ costata, tra le altre
cose, il grande privilegio di andare a lavorare a piedi o comunque con
un percorso relativamente breve, fattore che, nella vita londinese,
puo’contare talvolta piu’ di uno stipendio alto.
Ci siamo cosi’ trasferiti tre mesi orsono nel ridente borough di
Ealing, a ovest di Londra, famoso per essere il piu’ verde di tutta
citta’, e siamo finalmente anche noi diventati ‘ commuters’ ovvero
pendolari. Tutto sommato non ci e’andata male, dato che il viaggio e’piu o meno una mezzoretta-trentacinque minuti, tuttavia per
me che non ‘pendolavo’ da tantissimi anni il cambio e’stato forte.

Sto ancora cercando di studiare strategie valide per incastrare le mille
cose che ero abituata a fare nelle mie nuove giornate, in cui mi tocca
passare circa un’ora e un quarto sui mezzi. Ma dopo tre mesi sto
cominciando a rassegnarmi al fatto di dover fare delle rinunce..
Sempre che io voglia salvaguardare la mia salute mentale e di riflesso
quella di mio marito.

In realta’proprio verso fine dello scorso anno, presa
probabilmente da un’ondata di ottimistica fiducia nelle mie
possibilita’ multitask avevo intrapreso anche la via del freelance.
Dallo scorso Ottobre quindi fino a circa 2 settimane fa ho seguito tra
mille peripezie la ristrutturazione di un piccolo appartamento ad
Islington per quella che e’ stata la mia prima cliente ufficiale da architetto british ( cioe’ al di la’ di quelli che seguo in studio ).

L’entusiasmo dell’avere finalmente un cliente tutto mio in terra
anglosassone mi ha fatto sottovalutare probabilmente che quella
dell’architetto, per quanta passione si possa avere, e’ una
professione un po’ difficile da gestire nel tempo libero ( oltre che
nel normale, che poi normale non e’,mai orario di lavoro ).
Dire che e’ stata una stramazzata e’ poco. Ne sono uscita orgogliosa
ma provata e ho deciso che, fino a quando non abbandonero’
definitivamente il mio amato studietto, cosa che prevedo accadra’ non
prima di un anno, dato che voglio portare a termine un cantiere
abbastanza consistente che ho appena iniziato, non prendero’ piu’ dei
lavori per conto mio.

Niente da fare, non si possono fare entrambe le cose bene.. almeno io non ci riesco, salvo trasformarmi in una specie di zombie ambulante privo di qualsiasi altro slancio di entusiasmo che non sia per un dettaglio costruttivo risolto o per un pomeriggio passato senza che squilli il telefono ( tristezza ).
Cosi’, sebbene quest’esperienza mi abbia dato molta piu’ confidenza in me
stessa e in un certo senso la sicurezza di poter cominciare a
camminare con le mie gambe, mi ha fatto anche capire che una scelta
e’necessaria.

In tutto questo sono sempre piu sorpresa di me..sono sorpresa di come
tutto ad un tratto qualcosa sia cambiato nel mio modo di vivere e
affrontare la professione. Qualche tempo Babe fa chiedava ma quand’e’ che
ci si comincia a sentire davvero architetto?
Questa e’una domanda che io mi sono posta per anni e forse solo ora
comincio se non a darmi una vera e propria risposta se non altro a
capirci qualcosa.

Ora comincio veramente a sentirmi un architetto, ma non perche’ finalmente so tutto quello che dovrei sapere, ma semplicemente perche solo ora comincio ad avere problematiche vere da risolvere. Ma ce ne e’voluto di tempo…eccome se ce ne e’voluto….Credo che per ognuno di noi ci sia una risposta diversa, dipende da cosi’ tante variabili che non si puo dare una risposta univoca.
Io posso dirti cosa ci e’voluto per me… Ci sono voluti molti anni e
molte esperienze lavorative diverse ( anche se tutte nell’ambito
dell’architettura ), piu’di un paio di architetti italiani arroganti e
convinti di essere dei superuomini del design che ho avuto il pregio
di avere come miei capi, che mi hanno sfruttato e che hanno
regolarmente cercato di non farmi sentire all’altezza. Ci sono volute un bel po di lacrime, un costosissimo corso di interior design che mi ha fatto
capire quanto fossi piu architetto di quello che pensavo.

Ma soprattutto ci e’voluta un’altra cultura e un piccolo studio di
architettura di quelli che non va sulle riviste ma che lavora con
onesta’ intellettuale, rispetto per i clienti e per la professione e
dedito alla ricerca del bello, sempre e comunque. E in questo studio
sono stata presa per mano da qualcuno che ha creduto in me e che mi ha
per la prima volta messa davanti a un cliente senza la paura che
glielo potessi portare via. Semplicemente uno studio che mi ha fatto
crescere. Io sono diventata architetto cosi, con tanti errori, e con
sacrifici che mi hanno portato finalmente nel posto giusto dove sto imparando a camminare sulle mie gambe, o perlomeno a pormi dei problemi e a provare a risolverli.

Non so, saro’ stata sfortunata io, ma in Italia questa possibilita’ in sei anni di lavoro non mi era mai stata data. Qui si. Non voglio ancora polemizzare sul discorso Italia V Inghilterra, ribadisco che Londra non e’ il paradiso in cui tutti hanno successo, ma per me la realta’ e’ stata questa e non posso non prenderne atto.

Non so Babe se ci siano altre strade, probabilmente si, non voglio fare la maestra di vita, ma credo che lo si debba volere davvero e cercare, per quanto sia possibile, di non accettare certe realta’ solo perche’ tanto il sistema funziona cosi’, ma di far di tutto per mettersi nelle condizioni di potere imparare e assorbire il piu possibile, di avere dei problemi da risolvere, anche a costo di ripartire da zero. Fare i biscotti non e’ una brutta alternativa, e non nego che e’ una cosa che spesso penso anche io, ma credo che valga la pena almeno provarci veramente prima no?

E per rispondere a Fausto che vorrebbe tornare in Italia dopo essersi formato qui e aver lavorato sempre nel contesto anglosassone…Caro Fausto, io ora manco dall’Italia da piu’ di tre anni, tuttavia penso spesso di tornare tra un po di tempo, ma se devo essere sincera lo farei solo ed esclusivamente per ragioni sentimentali. So gia’ che dovrei fare una grande rinuncia, perche’ non credo dopo le soddisfazioni che sto avendo qui, di potermi riadattare a certe realta’ italiane, a meno che nei prossimi 3-4 anni le cose non cambino radicalmente, cosa che dubito. Anche io sto pensando all’alternativa dei biscotti, o, in seconda analisi, alla possibilita’ di creare una sorta di attivita’ lavorativa tra qui e il posto in cui decidero’ di vivere. Ma di certo so gia’ che probabilmente l’architettura non sara’ per me un lavoro ma un hobby. Se le cose sono come le ho lasciate caro Fausto non credo che ci sia alternativa…sappi che dovrai ricominciare da zero e che il fatto di avere una laurea ed un’esperienza all’estero sara’ piu’ verosimilmente un ostacolo che un vantaggio. Rischi di perdere tutto quello che hai costruito, lavorativamente parlando, la riduzione di stress che avresti dal trasferirti in un contesto piu’ piccolo e meno distruttivo probabilmente la recupereresti nel nervosismo dovuto a dover accettare molte ingiustizie a cui credo non sei abituato. Detto questo alla fine e’ tutta una questione di pesi e di misure, se hai una bella corazza e soprattutto dai piu’ peso ad altri fattori nella vita, e magari un piccolo salvagente di risparmi o un aiuto della famiglia, allora ci potresti anche provare. Ma io ti farei un sonoro ‘in bocca al lupo’….

Buona Pasqua a tutti!

Rosy

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