PROVINCIA

PROVINCIA

Nel XVII secolo, in Italia, nasce il melodramma.

L’unico significativo contributo che l’Italia riusciva a dare alla cultura europea dell’epoca era uno spettacolo di cartapesta, in cui ricchi e poveri si riconoscevano. Che acclamavano e che si accalcavano per seguire.

Probabilmente, allora, non sapevamo di dover essere così avanti nei tempi: nel XXI secolo, condividiamo l’ossessione globalizzata del reality, della fama “liberalizzata” e della spettacolarizzazione in tutti i campi della vita, in ogni punto del globo. Le parole d’ordine sono “senso” “brivido” “show” “stupore” “lo sapevate che?”…

Questa è l’epoca della provincia globale.

Tutto il mondo è un’Italia sei-settecentesca che non guarda l’Opera, ma la TV, o internet o il cinema. In quanto epoca della spettacolarizzazione la parte complementare di questa epoca è un’area di silenzio in cui questo spettacolo deve risuonare.

Ed è la provincia è la grande spettatrice del nostro tempo.

Spettatrice silenziosa e complementare. Silenziosa e misteriosa, mai definibile con esattezza. Sfugge agli obiettivi delle telecamere, alle grandi narrazioni epiche, agli atti eroici. Viene fuori quando spariscono bambini, compaiono ufo o succedono cataclismi.

Quando è possibile, cioè, fare della provincia ciò che per vocazione NON è: uno show.

La provincia è il pubblico di uno spettacolo nel quale scruta cercando dei modelli in cui identificarsi. In provincia vedrai tanti piccoli Vittorio Sgarbi, tanti sosia di Fassino, o simil-Jovanotti, o cape-rezze. Vedrai donne che appendono al muro la foto che le ritrae nude e incinte come tante Britney Spears. Che si comportano altezzosamente come immaginano stia facendo Naomi nell’ennesimo albergo. Il berlusconismo era lo sdoganamento dell’uomo comune di provincia, spensierato e un po’ goliardico. Solo nella provincia è possibile la verifica di ogni comportamento sdoganato, la conferma di ogni modello proposto. Se funziona in provincia, il modello entra nella storia, prende consistenza, diventa POP, stile. La provincia, dunque, fa esistere qualcosa come solo il pubblico può far esistere gli attori (e gli atteggiamenti) di un melodramma.

Da parte loro i luoghi della provincia hanno il vantaggio di essere dei NON luoghi. Posti anonimi, senza un ruolo preciso nell’immaginario collettivo, perchè i riflettori sono girati dall’altra parte. Per cui, tutta la provincia è identificabile come un’unica realtà oscura in cui ricorrono gli stessi elementi: la consuetudine, il conformismo, l’ingenuità, ma anche la calma, la riflessione, la possibilità del distacco, l’immersione. Vista in questo modo, la vita in provincia ricava un senso di appartenenza esteso, che raggruppa un’ identità più grande di quanto si può pensare guardando le colline che fisicamente cingono il singolo paese o la singola cittadina. La provincia è l’Italia, tutta la parte d’Italia che non è immortalata in nessuna cartolina, che nessun turista verrà a fotografare perché non si può fotografare qualcosa che per essere compresa bisogna che ti coinvolga.

Ma è anche ciò che, da Copacabana a Bari, da Calcutta a Secondigliano ci dichiara, icona dopo icona, che cosa sia il mondo oggi, rivelandoci lo spirito totalizzante del nostro meraviglioso tempo.

PesciPensieri

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