Tramonti “portuensi”: quando ogni cosa ha il colore giusto. La sabbia color sabbia, l’Oceano il blu più blu possibile, il cielo più caldo e sfumato e più rispettoso del blu del mare.

«Apprezzo la tua ironia, Signore, il cuoco cucinato nel suo forno». Alle volte mi viene in mente questa frase. Viene da un film di mostri e mi fa pensare alla grande e crudele ironia della sorte. Lui era e continua ad essere un tirolese, ed abitava a Porto, nel quartiere più “in” della città: la Foz. È uno spicchio che si affaccia su due gradi masse d’acqua, tra la vera foce del fiume Douro e l’Atlantico. E a due passi dall’Atlantico, viveva lui. In un palazzetto che è stato allontanato via, per non godere dei frutti dell’Oceano.

Il problema è che c’è una cortina di ville di lusso e un palazzone per ricconi, alto, che gli negano questo contatto. Sono ingombri che si affacciano tutti sulla strada, un’arteria che costeggia le spiagge e gli scogli e il mare.

Comunque, se apriva la porta della veranda, che dava su un terrazzino, si sentiva l’odore del mare. Viveva al piano terra e viveva solo. A pochi passi da quella immensa, paurosa massa d’acqua. Una cosa impressionante.

L’Oceano ti affascina, e ti circuisce. Anche se lo puoi ammirare, anche se ne puoi sentire il ruggito, anche se puoi vedere il suo battito pulsante, o la sua calma, verso la fine della sera, …sai sempre che un giorno può farti del male. Un giorno può uscire dai suoi confini, sollevarsi in piedi ed entrare nel tuo mondo. E in un attimo, colto da una potenza che non ha un perché, ti ritrovi a salutare qualche volto amico, pianto un po’ di tempo fa.

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