“O” di Souto

Lo chiamai amorevolmente o pançudo (il panzone). Ma la realtà è che il tuttotondo portoghesone, bello paffuto, barbuto e sopraccigliuto, è il nuovo premio Pritzer dell’Architettura. Altro che ciance. Architettura con la A, mi raccomando. L’amico di Siza, il “fu suo allievo”, il progettista del condominio dove abitano entrambi,… lavora in un edificio disegnato dallo stesso Siza, e dove c’è pure lo studio di Siza, sito in Rua do Aleixo, a stretto contatto con uno dei rioni più pericolosi di tutta Porto (al sentire la parola Aleixo, in città, vengono in mente una serie di torrioni color terra, tanta droga, tanti panni stesi, tanti schiamazzi, tante famiglie povere che dovrebbero vivere a base di sussidi, con figli “a carico” che vanno in giro con roba di marca! Di quella sportiva, con catenine d’oro, orecchini alla Cristiano Ronaldo e quant’altro. Che potrebbe essere una maglietta del mitico FC Porto). Una piazzettina in discesa separa il condominio-studio dalla foce del fiume Douro. Tra l’altro in quella piazzettina ci sono due ristorantini dove si mangia davvero bene. Hanno quel bell’aspetto delle trattoriole alla portoghese, ma uno dei due locali è un “issimismo”. Cioè carissimo e buonissimo. Be’, insomma abbastanza caro. Cioè, per me è un “issimo”, poi fate voi.

Eravamo nella famosissima Casa del The, che poi sarebbe una casa del the-ristorante, sita in località Leça da Palmeira, a nord-ovest di Porto. Leça è una frazioncina del comune di Matosinhos, che a sua volta è una piccola cittadina piscatoria, porto di Porto, culla dei primi vagiti di Álvaro Siza. L’Alvarone nazionale. Seduti su quei cuscinotti degli anni ’60, ormai sgonfi, circondati da tutto quel legno, con quel tetto che cadeva a strapiombo sulla finestra a nastro rivolta sull’Oceano,… io e due miei compagni di viaggio ci stavamo godendo il momento. Ad un certo punto, dall’altra parte della sala, vicino alla porta d’ingresso e, soprattutto, ben distante dalle finestre a nastro e dallo splendido paesaggio che incorniciavano, be’… chi ti vedo? Caspita, c’era proprio lui, o pan… il Pritzker, assieme a due italiani. Dovevano essere due milanesi. E architetti. Calvizie celata dalla rasatura totale della crapa, in controluce l’apparire delle poche vestigia del “fu cuoio capelluto residuo”. Giacche. Giacche scure. No no, niente camice…magliettine attillate piuttosto. Uno dei due portava pure gli occhiali. Si parlava in Italiano ed i due ascoltavano interessati e rispondevano ad alcune suggestioni di Souto. Si, si, facevano con la testa. Poi li vedevo aprire la bocca quindi qualcosa stavano dicendo anche loro. L’ordinazione fu un Porto. Era tanto tempo fa.

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