data stellare 02.02.2007

Ci sono poche cose che detesto a questo mondo:

1. Quando si viene a sapere che sei un architetto/studente di architettura. Se vai a casa di qualcuno, e quella casa fa pena, schifo e/o pietà, puoi far finta di nulla e, uscendo, scherzare in allegria con gli amici. Non ti succederà nulla, nessuno ti dirà niente, per quante battute malvage e orribili tu possa fare. Ma se scoprono che sei un architetto/studente di architettura… “Allora vieni che ti faccio vedere casa!“. E tu tremi. Prima di tutto, verrai ghettizzato: se il “prodotto” non ti piace, e lo dici, sarai ritenuto scortese, cafone e probabilmente hai sbagliato anche facoltà. Se ti piace, sarai ritenuto un leccaculo inguaribile. Se stai zitto e annuisci vigorosamente, all’uscita immancabilmente, quelle carogne dei tuoi amici ti domanderanno cosa ne pensi (magari con ghigni satanici e occhiatine smaliziate), per poi darti del “bastardo traditore” se sputi fuori un liberatorio “FA CAGARE”. Ho sempre pensato che il “gusto“, in se e per se, non esista. Non si arreda con “gusto“. Si arreda secondo uno stile, arricchendo o modificando caratteri attraverso tocchi personali. Esatto, cari i miei 4 lettori: quando vi sistemate casa, che lo vogliate o meno, state seguendo uno stile. Non vi siete inventati nulla (è piuttosto difficile avere qualcosa di “nuovo da dire”, non dimenticatelo!)! Al massimo, se proprio non ne capite nulla, avete messo su una bella “accozzaglia” di stili, prendendo gli elementi che vi piacevano dalle riviste e “sommandoli” senza alcun criterio (differenza tra composizione e aggregazione…). Avendo quindi un bagno con arredi ultra-moderni, piani di vetro, lavabi dal design graffiante e poi le mattonelle lavanda con festoni fiori e frutta del ‘600. Il “gusto” è un’invenzione degli arredatori. Quelli finti, intendo: quelli che senza alcuna laurea, e a stento con un diploma, si sono inventati questa professione e non hanno alcun titolo per esercitarla. Per noi ci son voluti anni all’università, esami, tavole, studio… per loro è stato sufficiente sufficiente andare a una qualsiasi stazione della metropolitana, investire 50 euro e stamparsi 500 biglietti da visita con su scritto:

Uberto Maria Ammazzacaffeucci
Arredatore

ET VOILA’, sono arredatori.
Ora, vorrei lanciare un appello… aiutatemi a salvare l’architetto/studente di architettura. Questo povero essere è costretto a passeggiare per TUTTE le case di conoscenti, sorbendosi:
a. guerrieri pigmei in legno bronzato del XIV secolo sorreggenti una lampadina a forma di candela
b. collezione di 117 sputacchiere in ottone cecoslovacco del XIX secolo (made in taiwan)
c. soggiorni veneziani con sale da pranzo rustiche
d. lampadari fatti da braccetti snodabili con alle estremità fiori in finto vetro (spesso e volentieri plastica)
e. bagni piastrellati secondo le geometrie più improbabili e SEMPRE E COMUNQUE con decori floreali IGNOBILI
f. librerie a “s” (non mi venite a raccontare che è un supremo pezzo di design… FA CAGARE E I LIBRI SI ROVINANO. PUNTO.)
g. stanze con 3 pareti di un colore e la quarta di un altro (con accostamenti quali: giallo-viola, lillà-ambra, verde ramarro-rosa maialetto da latte)
etc etc… Ora… E’ casa vostra… ci potete fare quello che volete, ma non venite a CHIEDERMI COSA NE PENSO!!! Voi non potete credere VERAMENTE, dinanzi a tale orrore, di sentirvi dire “BELLO“. Prima di tutto, perchè un architetto che dice “bello” e BASTA, o merita il rogo del certificato di laurea, o sta mascherando la nausea. Poi, perchè l’uso indiscriminato di pigmenti colorati, la scelta di oggetti di presunto antiquariato assolutamente a caso (idem per gli oggetti di design) non fa di casa vostra una casa arredata. No, ne fa una casa ammobiliata. Vi chiedo, inoltre, di non farvi TUTTO l’arredamento da Ikea… o meglio: fatelo, ma poi non chiedeteci “Che ne pensi?“. Cacchio dovrei rispondere? “Bella l’esposizione“?

Ma veniamo a noi: la seconda cosa che odio è…
2) l’università italiana
Questo covo di desperados, vermi a cui è stato dato potere, assistenti col carisma di un criceto e baroni medioevali, meriterebbe un pulita col napalm. Certo, esistono i professori bravi, quelli che si tengono aggiornati, quelli simpatici e che ci tengono veramente a avere un buon rapporto con gli studenti… ma gli altri? Le categorie sono poche ma individuabili immediatamente:

a. Il BARONE. Gira vestito come un Duca dell’alto medioevo, guarda gli studenti con schifo e disgusto e è convinto che siano lì un po come i poveri fuori dalle chiese, la domenica, nel 1200: per elemosinare qualche tallero. Lui, magnanimamente, concede il suo sapere, ma sa che andrà sprecato: sono tutte bestie senza alcuna speranza. Normalmente insegna materie totalmente teoriche quali storia dell’architettura, ma può arrivare fino a Disegno dal vero e/o Rilievo (ovviamente non ne ha MAI fatto uno). Gli unici calli sulle mani che ha, sono direttamente proporzionali all’abbassamento della sua vista (e chi vuole capire…). Quelli che hanno intuito che c’è del nuovo nell’aria, che hanno fiutato il cambiamento e si sono resi conto che la scoperta dell’america ha dato il via al rinascimento, si distinguono perchè sotto la giacca, indossano un dolcevita (non chiedetegli di andare oltre: è il top dell’innovazione che riescono a fare). Il barone fatica a ricordare che non esiste più lo ius primae noctis, e lo rimembra solo grazie ai suoi innumerevoli assistenti. Questi, normalmente personaggi privi di spina dorsale (se li sceglie apposta il barone: troppo pavidi per infastidirlo) e certamente oggetto di indescrivibili violenze e soprusi quando erano studenti liceali, lo circondano e lo curano, come farebbe un giovane di 20 anni con sua moglie (una miliardaria di 87 anni con un enfisema e una polmonite). Alla sua morte (i Baroni non si dimettono e non vanno in pensione: muoiono, possibilmente insegnando o, meglio ancora, si accasciano senza un lamento sul registro delle verbalizzazioni… quando tocca a VOI) inizierà una lotta fraticida tra gli assistenti, meglio nota come “lotta di successione“.

b. il FILOSOFO. Non è in grado nemmeno di aprirsi la portiera della macchina da solo. Le sue lezioni sono bellissime: poesia pura. Un po come tutta la sua vita. E’ di quelli che ha una colonna sonora per ogni evento della sua vita. Veste solo in un “certo” modo, mangia solo in un “certo” modo, beve solo in un “certo” modo. E’ molto teatrale nei suoi gesti, nelle sue reazioni, persino la sua risata: sembra provata per mesi. La definizione più bella che sentii dare su professori di questo tipo fu “questo caga a gambe accavallate“. Non sono interessati alle lotte di potere: la loro realizzazione l’hanno avuta nel momento in cui hanno avuto la cattedra (sono convinti che sia avvenuto per diritto divino). Non dann
o una mano agli studenti nemmeno se si fanno cani, non per cattiveria, ma per totale incapacità di comprendere e riconoscere difficoltà, problemi, casi umani, disperazione, piaghe bibliche, allucinazioni a sfondo mistico, disastri naturali vari e eventuali. I loro assistenti sono normalmente più pratici, spesso simpatici, ma comunque dotati di quei “quarti di nobiltà” che te li rendono buoni per un aiuto, ma insostenibili per un’uscita fuori la sera.

c. il MANEGGIONE o MAGHEGGIONE. Il peggiore di tutti. In facoltà non c’è MAI. Ha un piccolo esercito personale di assistenti, che costruisce con gli anni, arruolandoli per coscrizione a ogni corso. E’ il vero “scafista” della facoltà: conosce TUTTI e sente TUTTO. Ha sempre un “lavoretto” che ti permetterà di “arrotondare” e continuare gli studi (non fatevi fregare: vi promette di portarvi nell’Italia degli studi professionali a lavorare come badanti per grandi architetti, per poi mettervi sul marciapiede del disegno CAD).
Spesso ha posti di potere e rappresentanza anche al di fuori dell’università (dove, ovviamente, non si reca MAI). Dove passa tutto il suo tempo? Lui sostiene di essere a studio, ma telefonando, immancabilmente, risponderanno che è “fuori“. Le sue lezioni sono molto affascinanti: piene di praticità, spesso battute (volgari) e quel pizzico di poesia che ti fanno dire IMMEDIATAMENTE “A questo chiedo la tesi!”. Mai errore potrebbe essere più grande: E’ INTROVABILE! Dopo 3 revisioni piene di promesse e speranze, vi affiderà ai suoi assistenti da caccia e da riporto, per poi fare brevi apparizioni. Tra i suoi sottoposti trovate di tutto: bravi ragazzi arruolati per errore (come in ogni trincea, insomma), vermi che hanno atteso tutta la vita di vendicarsi per le schicchere che rimediavano dietro le orecchie durante le scuole medie, intellettuali saccenti bastardi privi di qualsivoglia forma di praticità, ipocriti fottuti (di quelli che ti dicono: “io mi sono fatto da solo! Non avevo nessuno a coprirmi le spalle, finita l’università” e hanno il coraggio di dirtelo dentro lo studio che appartiene alla sua famiglia da 12 generazioni, nel centro geometrico e storico della vostra città). Con la nascita delle lauree triennali, i MAGHEGGIONI hanno piazzato i loro sottoposti più meritevoli (secondo i LORO canoni, non certo per bravura o capacità di insegnamento), prendendo possesso delle nuove cattedre e infilandoveli, a torto o a ragione. Peccato che siano posti statali quelli e non dinastici…
Per concludere, il magheggione è molto simile a una vecchia rock star: fa la sua comparsata con un’aria palesemente scoglionata, strimpella due cazzate al piano e poi tende la mano per il caché della serata lasciando i suoi segretari a firmare gli autografi per lui. E se ne va senza salutare.

d. il DROGATO. Sostenere che nella classe docente universitaria non vi sia neanche un cocainomane, è come sostenere che Moggi sia un dirigente leale e una persona corretta. Ma per appartenere alla categoria che descrivo, non è previsto necessariamente l’uso di sostanze stupefacenti: in questo limbo rientrano tutti quei professori che hanno comportamenti “flashati”, assurdi, inspiegabili con un pizzico di buon senso. Abbiamo quello che, finita la revisione, per liberare il tavolo (hanno sempre fretta) vi butta le tavole per terra e non vi guarda MAI in faccia. Abbiamo quello che, quando sorridete all’esame dicendo “E’ il mio ultimo esame” vi risponde incazzato “E chi se ne frega” (a pensarci bene è SEMPRE incazzato…). Poi quello che si presenta a buffo in commissione di esame (riesce a rientrare perchè membro del dipartimento competente) e boccia tutti con urla e insulti assortiti. Chi si addormenta durante gli esami. Chi si presenta in aula con un alito che va dal “brunello del 94” al “pinot grigio del 2005” passando per tutte le regioni e le annate che ci sono in mezzo. Quelli che praticano il sessimo a 360° (verso i ragazzi o verso le ragazze indistintamente) con domande da terza elementare ai preferiti e da convegno di fisica molecolare agli altri.
Gli assistenti? Bah, illustri sconosciuti, di circa 40-50 anni, destinati al dimenticatoio generazionale e molto religiosi (pregano molto… che il prof muoia di overdose al prossimo tiro, ma cmq pregano!)

Per ora chiudo… Questi “tipi” non sono stati approfonditi a dovere, non sono ancora “pieni”: dobbiamo ancora sondare, scandagliare, raccontare storie di vita vera, e capire COME si forma il nesso tra mondo del lavoro e università. Chiarisco, ancora una volta, che i professori descritti qui NON SONO TUTTI quelli disponibili all’interno dell’università italiana: ci sono anche quelli preparati, bravi e responsabili. MA non voglio mettermi a glorificare chi fa il suo dovere. Ricevono già un ricchissimo stipendio (cui contribuiamo lautamente con le tasse universitarie) a testimoniare la nostra fiducia in loro.
Avete altri “tipi”? Avete storie universitarie da raccontare? Il mio indirizzo è sempre lo stesso. Non mollate la presa, cari i miei 4 lettori: abbiamo appena iniziato il nostro viaggio, nel magnifico e putrescente mondo universitario!

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