data stellare 03.05.2007

Partirò male e probabilmente dirò la cosa sbagliata. Ma visto che il blog è mio e sono il responsabile unico di quello che viene scritto, allora ho deciso di farlo. Quindi, esprimo la mia solidarietà a Andrea Rivera. Non voglio aprire un dibattito e non raccoglierò un discorso orientato in tal senso. Voglio semplicemente far presente che trovo giusto quello che ha detto. Si può essere d’accordo. Non si può essere d’accordo. E’ un paese democratico QUESTO, ERGO, ognuno è LIBERISSIMO di pensarla come vuole.

“…Non sopporto che il Vaticano abbia rifiutato i funerali di Welby. Invece non è stato così per Pinochet, a Franco e per uno della banda della Magliana. E’ giusto così assieme a Gesù Cristo non c’erano due malati di Sla, ma c’erano due ladroni”

Ripeto: considivisibile o meno. Ma sui meri fatti, sui conti della serva, è tutto vero. Punto.
A chi obietterà che Welby è una mela che è VOLUTA cadere lontano dall’albero, perchè ha fatto la sua scelta, mi sento di rispondere che è assolutamente vero. Ma almeno, lui ha spento la SUA vita. Al contrario degli esempi citati da Rivera, che di vite ne hanno spente parecchie e non loro.
A chi obietterà che non era il giorno, perchè era la “festa” del lavoro, che non era il momento dopo le minacce di bagnasco, mi sento di rispondere che è assolutamente vero. Ma accusarlo di terrorismo mi sembra altrettanto inopportuno, stupido e fuori luogo.
La chiudo qui, perchè non voglio per nessun motivo aprire un dibattito in tal senso.
Detto questo… la parentesi del numero chiuso stenta a chiudersi! Ho ricevuto qualche mail privata e un altro paio pubbliche in cui si enumerano i vantaggi del blocco all’ingresso. Ragazzi avete le vostre ragioni. La realtà descritta da giovanni, in particolare, risulta quasi irreale, talmente è bella. Ma evidentemente, nel suo caso, l’ateneo ha voluto praticare il numero chiuso rispettando il principio di cui abbiamo già parlato: blocco l’afflusso per garantire una qualità dei servizi. Ripeto il mio punto di vista: a queste condizioni, posso capire e comprendere. A fatica, visto che è un’università pubblica, ma in linea di principio, posso starci. MOLTO MENO nel caso dei super-atenei, dove viene (o veniva, almeno fino a poco tempo fa) imposto il blocco alla laurea quinquennale usando la RIDICOLA scusa della qualità del servizio (sottolineo RIDICOLA) per poi non imporre alcuna limitazione alle nuove lauree triennali come arredamento d’interni, grafica etc etc (specie nel periodo in cui cicciavano come il prezzemolo nel bidet)
Cosa dobbiamo dedurre da questo comportamento signori?
A pensar male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca: io vedo le lauree triennali trattate come una “serie b” dai loro stessi insegnanti (nella stragrande maggioranza dei casi, titolari di cattedra al corso quinquennale), che forgiano il corso quinquennale col principio a loro caro della casta chiusa, per poi caricare “cani e porci” dall’altra parte, perchè servono i soldi delle iscrizioni e delle rate universitarie. Quindi mi bocciano all’esame di ingresso alla quinquennale? Nessun problema, entro con una semplice iscrizione a arredamento di interni e poi l’anno prossimo rifaccio il test e mi faccio convertire gli esami!
Vedi che buoni i signori dell’università, che danno 2 possibilità? UNA SEGA! Lorsignori, in questo modo, incassano 2 immatricolazioni e 2 tasse di iscrizione al test di accesso a studente, avendo la facoltà UGUALMENTE AFFOLLATA. ET VOILA’! Il delitto è servito… Bisogna aggiungere altro? Signori complimenti. Per collegarmi al discorso di Rivera, se all’epoca ci foste già stati, Gesù Cristo l’avrebbero crocifisso da solo, perchè l’albo sarebbe intervenuto per salvare due quote di iscrizione… sempre che i suddetti avessero passato l’esame di abilitazione, ovvio…
La storia della tesi non vuole finire… ho due anni e spiccioli di insulti, beghe e dispettucci da raccontare… perchè proibirci questo piacere? Andiamo avanti! Una volta capito il meccanismo della ricerca, inizia a far gran raccolta di riviste. Constatato che su quelle riviste, la metà era pubblicità, e l’altra metà architetti che avevano pagato per farsi pubblicare il progetto, mi orientai verso roba più seria… non mi recavo in edicola con quella frequenza dai tempi d’oro di “Gin Fizz”, “Le Ore Mese” e altre riviste… ehm… “adolescenziali”… Nelle monografie trovai un senso. E’ vero anche che di tanto in tanto mi piacerebbe spellare leeeeeeeentamente i redattori, perchè me ne fotto di 1 foto a 4 dimensioni col grandangolo di una sedia mentre apprezzerei di gran lunga una pianta e/o una sezione in più ogni tanto, ma fortunatamente l’america non ci ha regalato solo una pessima cucina, l’uranio impoverito e bay watch (a proposito di turbe adolenscenziali): con internet, infatti, ci si procura facilmente il materiale richiesto e con un po di fantasia, siamo in grado di ottenere tutte le piante che ci servono. Lo studio si fece piuttosto intenso. Mi ripromesi di passare quei 6 mesi senza matite per le mani, avendo la netta sensazione di andare in quinta col freno a mano tirato. Ovviamente, il mio amato relatore in quei 6 mesi non si fece vedere, sentire, trovare etc etc.
Ero stato sei mesi con le manine legate dietro la schiena, studiando opere, facendo mio ogni dettaglio spaziale, cercando una poetica, un linguaggio, cercando QUALCOSA da DIRE. Decisi come agire. Non avrei raso al suolo tutto. Anzi! Avrei mantenuto tutti quei padiglioni in cemento armato, avrei conservato ogni grammo di ignobile calcestruzzo romano degli anni 70. I mercati generali dovevano essere converiti in città del teatro. Così decisi di trattare l’intero complesso come una città stratificata, sezionando edifici, aprendo strade, piazze, riaccostando i corpi, allontanandoli, creando scorci, esplosioni prospettiche etc etc. Il tutto, facendo perno sugli edifici storici, immutati come il più antico e sacro monumento della città. Poteva funzionare. Avrebbe certamente funzionato. L’unico “buco” era quello spazio vuoto sulla destra, vicino ai binari. Il grande padiglione moderno sarebbe stato disintegrato, lasciando spazio a una struttura moderna. Se avevo la città del teatro, LI’ sarebb
e sorto il palazzo del teatro
.
Ora, pensate… tutto questo… e nemmeno un allucinogeno!
Mi recai alla revisioni. Erano trascorsi quasi 7 mesi. Avevo dei risultati in mano. Il professore ne rimase affascinanto: russò solo un paio di volte. Mi cambiò di 2 gradi l’inclinazione di una piazza ellittica (REALMENTE AVVENUTO) e mi sposto di 2 metri sulla destra una piazza circolare (REALMENTE AVVENUTO) senza alcun motivo se non un “Prova un po a…” concludendo con un “mmmmmh sì. Meglio“. L’ultima volta che avevo usato un criterio così scientifico, avevo appeso un quadro e avevo chiesto a mia sorella se era dritto…
Beh” pensai “Per un complesso di quasi 8 ettari non è andata male
E qui?” Mi domandò con lo stesso tono con cui Torquemada domandava “Rinunci all’eresia?”
Il punto dolente
Qui ci deve essere il mio palazzo del teatro. Una grrrrrrande sala che sintetizzi i vari laboratori, gli spazi dell’accademia, della scuola di scenografia
Mmmmh… qui ci vuole una grande teatro
Ci deve essere l’eco…
Sì. Qui metterai un grande teatro
Ho come l’impressione di aver già vissuto questa scena
AHAH! Che ideona che ho avuto! Il palazzo del teatro!
Ohhhhhh! Ma che genio professore! Ma che braaaaaavo! Mi irradi! Mi irradi!
Ok, va e fallo!
Pr-prego?
Sì, procedi!
O-ok… ma speravo che ne potessimo parlare, prima
Che vuoi parlare?! AHAH! Noi siamo uomini d’azione! Va e fa il tuo dovere!
E andai. Signori, che voi ci crediate o meno, trascorsi su quel “palazzo” il restante anno e mezzo.
Ma per oggi chiudiamo qui
Tenete duro ragazzuoli! Non molliamo di un millimetro!

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