l’ultima fatica

ma buongiorno cittini!!! ebbene sì, prima o poi doveva succedere, sono stata risucchiata dalla tentacolare metropoli. il lavoro procede a ritmi piacevolmente sostenuti, così come la vita di casa (spesalavatricestiraturapulizie) e il perfezionamento di alcune questioni squisitamente burocratiche, che scandiscono i miei fine settimana. oramai io e i lloyds siamo, come dicono nemmeno troppo lontano da londra, “culo e camicia“. a tre settimane dall’apertura del conto in banca mi sono stati recapitati due libretti degli assegni, una debit card, un’altra carta di credito per mandare i soldi a casa (in qualità di emigrante, naturalmente; e, per non sapere nè leggere nè scrivere, un bel pieghevole in polacco che illustrava le virtù della carta), tre lettere di benvenuto, un paio di missive che spiegano in modo esaustivo come utilizzare l’home banking, e siccome a distanza di due settimane l’home banking ancora non l’avevo usata, un’ulteriore lettera il cui tenore grosso modo era: “pensavamo di essere stati chiari, ma siccome l’home banking continui a non usarla, ti si rispiega daccapo“.a un mese e mezzo dall’arrivo, tante sono le cose che mi fanno in un certo qual modo sentire a casa, e che mi fanno risuonare nella testa il vecchio adagio “tutto il mondo è paese“. questo era quello che basically pensavo ieri mentre, nel cuore della city, profondevo ogni sforzo nell’effettuare un rilievo almeno sensato di un cimitero trasformato in giardino…bè, non era esattamente solo questo che pensavo, per la verità; e a dirla proprio tutta, è capitato che esprimessi verbalmente, con l’accompagno di espressioni fiorite, il mio più intimo sentire. ma come è che mi avevano sguinzagliato con il metrino nel cuore pulsante del mondo finanziario? alle undici del mattino, mentre assaporavo sprofondando nella sedia le gioie di un lunedì low energy sorseggiando tè al finocchio, mi si palesa davanti daniel, il canadese dinoccolato che continua a cantare jingle bells dal 3 dicembre. “alenora” mi fa, “dato che il tempo si è rimesso, pensavamo che potresti andare a fare il rilievo di cui avevamo parlato. che dici, ti va? spetta che ti dò tutto il necessario“. sparisce e ricompare canticchiando, recando trionfante armi e munizioni: rotella metrica e metrino floscio di metallo, risalente, così a occhio, al cretaceo. “la camera l’ha presa alex, ma compra pure una camera usa e getta, le vendono anche da boots“. io gli propongo di usare il cellulare. alza un sopracciglio e sorride. poi gli faccio “ma non è che abbiamo un misuratore laser? voglio dire, magari essendo da sola è utile“. se gli avessi chiesto “ma non e’che abbiamo un prototipatore satellitare integrato a scansione quantica differenziale?” l’effetto non sarebbe stato troppo diverso. l’eleonora del subconscio risale la trachea, prende la parola e chiede “why?” – “bè, non l’abbiamo mai comprato“. intontita dalla logica ferrea rimango a guardarlo con un sorrisino opaco mentre si dondola sulle piante dei piedi. la cosa che mi ha lasciato perplessa è che, nonostante la dotazione “sportiva“, si rileva e si disegna in millimetri. a mezzogiorno sono on site. obbiettivo: trovare Juanita, che detiene le chiavi del giardino, e che dovrebbe trovarsi in chiesa. cerco invano qualcuno dall’aspetto iberico, finchè una tipa che potrebbe essere la sorella gemella di Judi Dench mi domanda se ho bisogno di aiuto. e’ Junita, naturalmente. sorvoliamo sulle tre ore trascorse a rilveare il giardino, tra la verzura lussureggiante, quintali di foglie in putrefazione, bocchettoni degli uffici che sparava aria calda a 350 nodi, e naturalmente il vento. e siccome tutto il mondo è paese, impiegati in pausa pranzo e curiosi, si fermavano e chiedevano il perchè e il percome si sentiva la necessità di misurare il giardino, e perche’ proprio ora e chi finanziava il lavoro. e io lì da sola con il mio metrino sega, a rotolarmi come un maialino di cinta nella melma, dando fondo a tutta la mia pazienza (poca) e all’italico ingegno (arte di arrangiarsi) per veder di tirarne fuori qualcosa. e siccome non tutti i mali vengono per nuocere, la chiesa confina con uno starbucks microscopico, a cui sono approdata, lorda come il maiale di cui sopra, alle tre e un quarto a fare pranzo con i biscottini al ginger. il risultato del rilievo è sostanzialmente un picasso in età prescolare, periodo sbirulino, pesantemente dedito all’alcool e affetto da una forma grave di cubismo. e oggi alle sei e mezzo ho alzato bandiera bianca e ho detto a daniel “ascolta cosino, mi dispiace ma di questo rilievo non funziona una mazza“. ha accennato una fuga di bach, ha alzato il sopracciglio e ha detto “bè in effetti non è il massimo andare a fare i rilievi da sola. ma non i preoccupare, servono degli schizzi, poi se il progetto piace mandiamo qualcuno a fare il rilievo per bene“. sounds good, ho pensato e sono scappata a casa. sentendomi un po’ idiota, ma così in generale.

ovvìa cittini, mi avvio a letto. statemi bene…e da loveridge road, per stasera è tutto.

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