…dove ero rimasta?

…di acqua sotto ai ponti ne è passata tanta. tantissima se penso all’intensità con cui ho vissuto il periodo da fine marzo ad ora. Ma riassumiamo per chi non dimora all’interno del mio cervello.

Sul fronte lavoro le giornate si susseguono con un ritmo e una velocità che non finisce mai di meravigliarmi, e che spesso mi inquieta. Da inizio anno ho corso come una trottola, lavorando ben oltre gli orari consueti (e consoni, e soprattutto pagati). Che si sia trattato di un appalto da consegnare a fine marzo, di una planning application per l’extension di una una chiesa, o lavori già in cantiere da seguire sotto tutti gli aspetti, mi sono ritrovata quasi a luglio senza sapere come. Nel frattempo, come da copione, la cicogna è volata da queste parti, e per ben due volte: il mio collega ha avuto una bimba, la mia collega dirimpettaia un bimbo. Daniel ha suggerito gongolante un matrimonio combinato, battuta che ha scatenato un’ilarità sgangherata e scomposta in tutto l’ufficio. La ragazza scozzese che si era unita a noi lo scorso luglio è volata per altri lidi, decisamente più posh, Chelsea nella fattispecie. In buona sostanza, da cinque architetti ggggiòvani che eravamo siamo rimasti in tre, più i tre soci. Ma anche sul fronte partnership ci sono novità. Il mio boss storico, l’uomo dal gozzo più turgido del regno, e che ora è a tracannare vino da qualche parte in Borgogna, dal primo luglio andrà gattopardianamente in pensione. Rimarrà come consulente, e continuerà a seguire gli stessi lavori, e ad occupare lo stesso ufficio, a far ondeggiare il gozzo e deliziarmi con battute, veramente spassose, su misterberlusconi.

Ma è sul fronte personale che ci sono state piccole ma significative novità, che hanno inciso profondamente sul mio percorso personale, rendendo la primavera 2010 decisamente importante. Inizio con il dire che, dopo le vacanze di pasqua, ho intrapreso una sorta di “viaggio”, che mi ha fatto letteralmente rinascere. Preferisco non approfondire, non è questa la sede, ma il benessere che ne è derivato persiste tuttora. La novità meno di rilievo è stato il taglio di capelli, con il quale mi sono liberata di un paio di chili di capigliatura. Questo non mi ha cambiato la vita ma la ha sostanzialmente semplificata. Ma la vera rivoluzione è stata l’acquisto di una bicicletta al mercato domenicale di Brick Lane. Blu elettrico, assolutamente essenziale, razza mountain bike da battaglia, Orazia è stato senz’altro il migliore acquisto di questi due anni e mezzo, minipimer escluso ovviamente.

(Orazia alle Thames Barriers due giorni fa)

Per me che sono nata con la bicicletta sotto alle chiappe, salirci è stato come ritrovare un vecchio amico, come rientrare nella casa d’infanzia o aprire un cassetto pieno di ricordi. In due parole, ho ritrovato una parte di me che, da quando stavo quassù, avevo perso. Dato che avevo virtualmente esaurito i posti raggiungibili a piedi, l’acquisto di Orazia mi permette di ampliare il raggio delle “perlustrazioni” londinesi. E già nel mio “carnet” “vanto” traguardi di tutto rispetto, tra cui Canary Wharf (32 km anda e rianda), Richmond Park (52 km anda e rianda) fino all’ultimo, assolutamente folle, a Woolwich a vedere le Thames Barrier lo scorso sabato (60 km). Nutro per lei un amore insano, a tratti morboso, che mi spinge ad affacciarmi alla finestra “per vedere se c’è ancora”; soprattutto adesso che, complice il mio compleanno, è stata dotata di una poderosa trombetta. Suonarla mi dà lo stesso infantile godimento che mi darebbe suonare vigorosamente il clacson a bordo di un tir sull’autostrada del Brennero – e il rumore è esattamente quello. L’effetto collaterale è che i passanti non si scansano, ma rimangono sostanzialmente pietrificati domandandosi da che parte arriverà mai il transatlantico che ha appena annunciato l’arrivo al porto. E che, a giudicare dalla sirena, deve essere di dimensioni ragguardevoli.

Al viaggio metaforico cui accennavo prima ne è seguito uno reale, che ho desiderato negli ultimi dieci anni. Il 30 aprile sono partita, con il principe inconsorte, alla volta di Amman. Visitare la Giordania è stato il mio sogno negli ultimi due lustri, e realizzarlo è stata una soddisfazione che non sono in grado di descrivere. Attraversare il Siq e trovarsi davanti al Tesoro a Petra è stata l’emozione maggiore della mia vita, superiore forse al giorno della laurea.

(L’Architettessa con il Principe Inconsorte in beduina guisa)

Il viaggio in Giordania è stato indimenticabile, per la quantità e la qualità di cose che abbiamo visto e abbiamo fatto, per il loro “peso specifico”; un viaggio che non posso paragonare a nessun altro viaggio che ho fatto nella mia vita. Per questo decisamente merita un post a parte che, ora che ho ritrovato l’ispirazione, spero non si faccia attendere troppo.

Per il resto, l’estate ha faticosamente raggiunto anche il Regno: proprio adesso siamo nel bel mezzo delle due settimane del c.d. caldo torrido londinese. Continuo ad andare in piscina alle sei e mezzo di mattina e a litigare cordialmente (ma nemmeno tanto) con i miei compagni di corsia; con cui, altrettanto cordialmente, capita di scambiarci calci negli stinchi e manate sulla schiena. Abito ancora nella stessa casa, nello stesso quartiere, che amo profondamente e a cui l’estate ha regalato nuovi colori, nuovi profumi e una vitalità contagiosa. E continua il mio percorso di neofita vegana, fatto di sessioni di internet in notturna e di sperimentazioni culinarie.

E anche per stasera, da Fitzjohn’s Avenue, è tutto.

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