Bilbao 13-14-15-16 maggio 2005

Bilbao 13-14-15-16 maggio 2005

ore 08.25 l’aereo della Vueling, proveniente da Barcellona atterra puntualissimo nell’aeroporto di Sondika, gioiellino calatraviano.

C’ero già stata, ero arrivata in macchina e venni apposta per vederlo…ma ora ci atterravo…ora lo vivevo…è sempre una bellissima sensazione, quando vivo una architettura interessante, svolgo il percorso assaporando i materiali, scrutando i colori, immaginandomi la volontà dell’architetto, analizzando passo dopo passo, l’idea del suo creatore….

Santiago Calatrava: aeroporto di Sondika


L’edificio del terminal, concepito come un volume compatto di circa 30.000 mq, è composto da due corpi: quello centrale a sua volta, diviso in vari livelli:

§ Quota 45.50 metri servizi per i passeggeri in transito

§ Quota 50.50 metri gli arrivi

§ Quota 55.50 metri le partenze

§ Quota 60.50 metri caffetteria e ristoranti

E quello longitudinale, composto dalle due ali, (il non-luogo di Marc Augè), che poi sono le aree di attesa-transito-cazzeggio di chi va e di chi viene. Si perché, anche chi viene a volte si ferma, io ogni volta che arrivo-torno al Prat, mi siedo e mi fumo la sigaretta-riepilogo-del-viaggio.

Un diaframma vetrato, si apre verso il parco dall’atrio d’accesso, maestosamente, e attraverso questa stessa trasparenza, dalla caffetteria si possono osservare gli aerei che arrivano.

La struttura del corpo centrale si concreta con un sistema eccellente di travi e pilastri, necessario per consolidare la forma strana ma libera, della copertura nervata metallica.Tale forma è risolta dall’incastro di due triangoli e perimetralmente è scandita dal ritmo degli elementi d’acciaio. Questi ultimi nelle facciate laterali oblique, sono sostenuti da due archi in cemento, che mandano a terra i carichi gravanti sulla struttura.

Invece la forma complessiva di tutto l’aeroporto, guardando la pianta, assomiglia a un piccolo aereo deformato, almeno io la leggo così…di quelli che si fanno con un foglio strappato da un quaderno, quando si sta a scuola…e non mi sorprenderebbe, data la prassi-fantasiosa di Calatrava e il suo originale modo di creare strutture dallo studio di figure concrete, che fosse veramente andata così…

All’uscita Jorge e Oscar mi ricevono, sorridenti e lieti di vedermi. Una volta saliti in macchina ci dirigiamo verso Barakaldo, dove si trovano le loro rispettive dimore. Arrivati a casa, dopo qualche dritta di circostanza, un caffettino e qualche chiacchiera, si sono diretti ognuno verso i propri uffici.

Una mezz’ora di indecisione, se riposarmi un pò o no, (vista la levataccia delle 4.30) boccia l’idea-letto e giù nel Fosterito, come lo chiamano i bilbaini, verso Bilbao.

Norman Foster : metro di Bilbao

Era il 1993 quando Jourda & Perraudin, nella fermata del metro Vènissieux-Parilly a Lyon, facevano esplodere la plasticità del cemento armato e allo stesso tempo coniugavano l’espressività delle linee di forza degli archi, con l’inclinazione delle colonne laterali, ed era il 1995 quando Calatrava a Valencia, costruendo la stazione Alam
eda, definiva i limiti della piazza con i lucernari che davano luce e aria alla stazione, e risolveva la relazione con l’esterno, attraverso una copertura nervata, che allo stesso tempo costituiva il pavimento della piazza…..

Giungiamo al 1996 quando Sir Norman Foster, sperimenta in Spagna il metodo austriaco NAT (sul quale non sono pero molto informata) per la realizzazione dei tunnel e crea il Fosterito, la metropolitana di Bilbao. Anche qui c’è un dialogo di superficie: infatti le entrate magistralmente risolte in acciaio e vetro, ( che mi ricordano un pò Glasshouses del centro botanico a Graz di Volker Giencke)a parte l’elegante invito che forniscono al cittadino, fungono da splendide lampade, nelle notti scure bilbaine, per la città.

Da sempre Bilbao si è sentita minacciata dalle conseguenze ambientali, generate dalla sua importante densità industriale. Dinanzi a problemi di contaminazione, traffico su due ruote e rumori assordanti, il piano di costruzione del metro, s’installò nel più totale entusiasmo da parte dei cittadini, che vedevano nel progetto, una via d’uscita a quella dolente e fastidiosa situazione.

Foster fece in modo che, all’interno del metro il cittadino si sentisse “dentro la terra” che fosse cosciente della singolarità del luogo in cui si trovava.

Il tunnel con la sua forma così poderosa, rappresenta una risposta organica alle forze naturali e prende a piene mani, tutto il protagonismo.

Le stazioni acquistano le forme di enormi gallerie sotterranee: esattamente quelle che sono; tali gallerie hanno tutte grosso modo, un’ampiezza di 16 metri e un’altezza di 8 e sono costruite con pannelli di cemento prefabbricato di 1.2mt x 2.4mt e…… purtroppo ricevettero un trattamento trasparente anti-graffiti, su tutta la superficie….dico purtroppo perché in questo caso….il cromatismo danzereccio e la musicalità dei graffiti di Keith Haring sicuramente non avranno discepoli a Bilbao… anzi…..

Stà metropolitana i bilbaini se la tengono cara cara….(la puliscono tre volte al giorno) e conservano…no scusate… elevano all’ennesima potenza, l’ideologia poetica del suo creatore, fatta di essenzialità, linee pure, riduzione minima degli elementi e soprattutto un’unica tonalità cromatica: il grigio chiaro.

In ogni caso non riuscirei ad utilizzare la parola asettica, per definirla, mi piace affibbiarle l’aggettivo elegante….in contraddizione con il suo stesso nome: metropolitana.

La città

Bilbao è una città affascinante, vive della sua memoria e spalanca le braccia ad un futuro migliore.

È situata in una valle, e il suo tracciato urbanistico ippodameo e radiale allo stesso tempo, permette di vedere le montagne, attraverso ogni piccolo scorcio stradale. L’asse principale è costituito dalla gran Via, che lungo la traiettoria si apre in 3 piazze: all’ estremo occidentale nella Plaza del Sagrado Corazon, centralmente nella Plaza Moyua, di forma ellittica, e all’estremo orientale nella Plaza de España. A nord la città è dominata dal Nervion, il fiume che la protegge e circonda. Nell’arco di superficie che congiunge due strade radiali, la calle Escano e la Alameda de Recale, un tempo c’erano i cantieri navali, oggi scomparsi per lasciare posto all’isola che avvolge il guggeheim.

5 anni fa, quando mi recai per la prima volta a Bilbao, la zona circostante, il bel museo di Gerhy, era un enorme cantiere aperto, oggi giorno ha delle zone ancora in fase di definizione, però tutt’intorno al fiume e al museo, sorgono un’isola pedonale, un parco e una lunga passeggiata ben attrezzata.

È il ritrovo domenicale di molti bilbaini a parte che culla di riposo, per i numerosi turisti arrivati magari, fin lì, solo per ammirare l’eccentrico spazio museale.

Nella parte sud-occidentale, a ridosso del corso d’acqua, sorge il kasco viejo. (centro storico), l’alberata spianata, aperta tra la riva destra del Nervion e la città vecchia, è il cuore cittadino.

Las siete calles, rappresentano, la maglia fitta di vicoletti del centro storico che vengono chiamati anche cantoni. La particolarità di alcuni dei cantoni sta nel loro andamento ondulato. Non sono, infatti, rettilinei, ci sono continue salite e discese, leggere e piacevoli. Gli edifici sono assolutamente ricchi, di storia, di decorazioni, di eclettismo e hanno un sapore nettamente nordico.

Non sembra di stare in Spagna, osservando Bilbao sembra di stare in un paesino svizzero….. ho camminato per tutta la mattina nel centro storico, fermandomi solo per disegnare. Ho comprato dei pastelli e un block, in un negozietto scuro, senza luce né aria e con una commessa che sbraitava con qualcuno che neanche ho visto…. Ho dimenticato la mia macchina fotografica a Napoli la settimana scorsa, e non volevo lasciare lì le emozioni che sentivo camminando, e ho cominciato a schizzare tutto ciò che mi incantava. Colore su colore, ombre, chiaroscuri e improntavo su carta e nella mia mente quelle strade, quegli scorci, quella poesia.

Poi finalmente è venuto Oscar a prendermi. Abbiamo passeggiato a lungo e siamo entrati in almeno 3-4 baretti per un buon vino di Crianza, mentre si faceva l’ora in cui lui aveva prenotato un tavolo, in un ristorante chiamato Kasko. Verso le 15, quando ci siam seduti, io già avevo bevuto vari bicchieri di vino…. Il pranzo era buonissimo e la compagnia piacevolissima, ci siamo alzati da tavola che io vedevo doppio…ed erano solo le 16.30…… Oscar tornava al lavoro e io mi diressi a casa di Jorge, che mi aveva debitamente lasciato le chiavi. Lì…dopo una settimana tosta, intensa, con novità o troppo belle o troppo brutte, ho avuto un momento di delirio, ho scritto, sul mio cellulare cose che non avrei mai scritto se fossi stata lucida….ma in vino veritas si sa, e dopo una ventina di minuti, mi lasciavo dietro tutto e tutti per sprofondare in un sonno rifocillante..

Venerdi sera

Verso le 19.30 Oscar e Jorge mi hanno tel
efonato, per annunciarmi che in un’oretta venivano a prendermi, la siesta era durata solo un paio d’ore, ma andava bene così..adesso iniziava il bello, la città di notte, tra pinchos e vini, musica, tradizioni e balli!

Dei bei pantaloni verdi, stivali neri con, magliettina e cardigan arancioni, giubbino di renna e trucco intonato al look, poche gocce di Iris e via…suona il citofono.

Ci avviamo verso il Fosterino, tutti i bilbaini escono in metro il finesettimana….ehhh-mò-che-ce-l’abbiamoooo-usiamolo…

Fermata: kasco viejo, ci dirigiamo a piedi verso una piazza che a vederla, ricorda tanto Plaza Real qui a Barcellona, squadrata e piena di palme; nel primo bar ci ha raggiunto Jorge grande (per distinguerlo dall’altro che ha solo pochi mesi in meno), ora eravamo al completo, tutti e quattro abbiamo cominciato a zigzagare tra un bar e l’altro, pincho su pincho e vinito su vinito…

Il pincho è di tradizione basca ma si trova in tutta Spagna ed è composto da quello-che-gli-pare-allo-chef, però appoggiato su una fettina rotonda di pane la maggior parte delle volte. Pezzetti di bistecca con salsa di formaggio, baccalà, insalata russa, datteri racchiusi in strisce di bacon, funghi alla piastra (anche detti champis da champiñones) prelibatezze di 4cm x 4cm più o meno…

Gente per la strade che chiacchierava con il bicchiere in mano, ragazzi seduti sui gradini d’entrada delle abitazioni a piano terra, colore e folclore. Siamo finiti a ballare in un disco-bar, musica-pop-spagnola e già si passava ad altri tipi di bibite….traca traca traca….

Sabato

Ci siamo dati appuntamento con gli altri a casa di Jorge per fare colazione insieme alle 11.30.

Ed è stato un momento veramente bello, perché uno era addetto alle spremute d’arancia, un altro a farcire le brioche, un altro a tostare il pane e la musica allegra faceva della cucina colorata di Jorge un luogo brioso, radioso, pieno di vita.

Poi siamo andati in spiaggia a passeggiare serenamente bagnandoci i piedi nel mar cantabrico, scansando continuamente una varietà infinita di conchiglie fino a quando ci siamo seduti nella terrazza di un baretto a ridosso della spiaggia, bevendo ancora una volta, vino bianco accompagnato da calamari fritti…si perché in Spagna sono le pietanze che accompagnano il vino e non al contrario come succede in Italia…..

Abbiamo pranzato in casa, svaligiando mobili e frigo del padrone di casa e poi ci siamo ritrovati in compagnia delle nostre stesse presenze delicate, stesi sui tappeti e sui divani, acciaccando enormi cuscini bianco-panna, a leggere, ad ascoltare musica, a raccontarci oltre ai silenzi anche piccoli pezzetti di storie vissute…..sbadigli, risate, note stonate….il sole stava per lasciarci e il salotto era invaso da una soffice luce color pesca….Uno dei pomeriggi più sereni delle ultime settimane.

La sera abbiamo cambiato zona, dopo un doveroso replay di pinchos-vino nel centro storico, nei cui bar la tv mandava la partita del Barça che da lì a 90 minuti sarebbe diventato campione di Spagna. Quando già erano le 2.00, seguendo il fiume Nervion, ci fermiamo proprio davanti alle torri in costruzione di Arata Isozaki, a pochi passi quindi dal guggeheim e lì di fronte siamo quindi entrati in una mirabolante discoteca: colonne specchiate, pavimento lucido rosso (che a stento si vedeva), enormi pannelli fotografici in bianco e nero alle pareti, barman-super-tatuato, piccoli neon coloratissimi sui vassoi delle bibite,(Ibiza a confronto è uno zero a sinistra) poltroncine di pelle nera, serie di ragazze con cappelli da poliziotte e una (la futura sposa) con un vestito da carcerato… sfilza di ragazzi vestiti da indiani e da orsacchiotti rosa (maggio è mese di matrimoni e gli addii al nubilato/celibato si celebrano intensamente in tutta Spagna)ma la cosa più assurda in quell’ambiente irrazionale era che le note della canzone che ci ha accolti erano…quelle di…

Ma dopo tutto che cosa c’e’ di strano, è un’emozione che cresce piano piano, stringimi forte, sarà perché ti amo e vola vola con me , il mondo è fatto perché se l’amore non c’e’ basta una sola canzone per far confusione fuori e dentro di te…nanana nana nana nana . Ve li ricordate? Nientedimenochè…I Ricchi e Poveri! Che flash!!!ma ci stava bene….dopotutto..era in tono. Il mio bicchiere, vodka e succo d’arancia, (prendo questo mix quando voglio rimanere io) si svuotava e si riempiva quasi per magia…

Alle 6.30 i tre moschettieri, stavano spadellando nella cucina di Jorge per dare vita a una tortilla de madrugada, a dire il vero era buona, ma lo sarebbe stata comunque quando l’ingrediente fondamentale, l’affetto, era così in buone dosi….

La domenica, il risveglio dei sensi è stato lento…a buon intenditor pocas palabras, però la percezione dell’arrivo dell’ultimo giorno lì a Bilbao non ha tardato…

Sono stata con Oscar a vedere una mostra sull’arte degli Aztechi, al Guggenheim. Invece degli auricolari avevo lui al mio lato che era anche meglio della vocina registrata che mi sarebbe toccata. Il suo viaggio in Messico risale a un anno fa, ma la sua memoria era nitida e i suoi racconti affascinanti.

Il popolo azteco, proveniente dai territori situati nel nord dell’attuale Messico, si insediò intorno al 1195 d.C. su alcuni isolotti del lago Texoco, nel luogo dove, secondo quanto tramandato dalle fonti, avevano visto un’aquila mangiare un serpente, posata su un cactus. La scena corrispondeva al segnale che il loro dio, Huitzilopochtli, aveva dato come indicazione del luogo prescelto per fondare la civiltà azteca, la civiltà del “Quinto Sole”…………

Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *