Ho appena finito di

Ho appena finito di ingurgitare in modo animale i resti di salsicce e becon del brunch, fatto ieri mattina alle mie amiche canadesi e americane, e le uova sbattute appena fatte, affinche il tutto sia un autentico replay di ieri..

ho deciso che così va bene….copio e incollo.

ARCHITECTURE IN JAPAN

Per scrivere questo articolo sull’architettura giapponese, l’architetto Querceto, ha rinunciato a due sane giornate di mare e sole, ha studiato ben tre testi : e una rivista dedicata sull’architettura e la storia nipponica: Arquitectura in Japan, serie della Taschen, curata da Philip Jodido, un autore americano già citato in questo blog, e che io ammiro molto per la capacità di sintesi e rapida trasmissione dei significati architettonici che descrive, facendone un’attenta analisi. Secondo testo: Contemporary japanese architects, sempre della Taschen, ma stavolta l’edizione del testo in mio possesso è vecchiotta, risale al 1994, è curata da Dirk Meyhofer e gli scritti che affiancano quelli di quest’ultimo sono di un professore della facoltà di architettura di Tokyo: Katsushiro Kobayashi, un tipo che a dir la verità, analizza l’architettura del suo paese, con un occhio estremamente critico, e che non nego mi piacerebbe intervistare.Il terzo testo è un volume dell’enciclopedia italiana edita da Repubblica, la Storia, recentemente pubblicata e che io trovo alquanto affascinante per le schede aggiuntive, debitamente approfondite.La rivista spagnola è del 1991, un numero monografico di A&V, interamente dedicato all’architettura giapponese.Le correnti di pensiero, inutile dirlo, convergono profondamente su alcuni temi e divergono totalmente su altri. Per non appesantire troppo, questo scritto, ho deciso di riportare e commentare, solo i concetti oggettivi e i principi su cui si basava e si basa, l’architettura del Giappone.

Alti-bassi demografici.

Nel 1942 la città di Tokyi contava 6,9 milioni di abitanti. Nel settembre del 1945, i decessi e le emigrazioni, fecero calare vertiginosamente la popolazione, fino a contare 2.770.000 di cittadini.Nel 2005 la popolazione totale del Giappone girava intorno ai 127.417.244 abitanti, di cui il 10% residente in Tokyo. Case o conigliere? Viene spontaneo chiedersi…

Scempi.

Come nell’europa del post-guerra, anche in Giappone, sci fu la necessità di costruire in fretta e con poche risorse economiche. L’iter che provocò gli stessi scempi in Italia, lo conosciamo bene. Successivamente l’esplodere dell’economia del paese, dette piede ad una “implacabile logica commerciale” anche nell’investimento architettonico, dove si tenne ben poco in conto l’estetica. Al seguito di queste costruzioni frettolose e poco riflettute, si perse buona parte di quella bellezza di una tradizione vecchia di secoli.

WRIGHT

A questo punto devo inserire una piccola nota, curiosa per altro, ponendo sull’attenzione il fatto che i Giapponesi hanno il prurito nelle mani quando si tratta di demolire, (ma di questo parleremo in seguito.) non guardano in faccia nessuno. Infatti, riuscirono a demolire anche Wright. Non posso fare a meno di metter in chiaro questo dolente punto: “Sul sito, al di sotto degli otto piedi del suolo superficiale, c’erano da sessanta a settanta piedi di morbido fango. Il fango apparve come un elemento di fortuna, ottimo ammortizzatore per le terribili scosse. Perche non farci galleggiare sopra il fabbricato?una nave da guerra galleggia sull’acqua salata….”Erano le ideee dettate da Wright per l’imperial hotel a Tokyo. Demolita nel 1967 questa eccentrica struttura divenne famosa per essere sopravvissuta all’orribile terremoto del 1923, consolidando ulteriormente la reputazione di cui già godeva Wright.

LE 4 GENERAZIONI

Prima, durante e dopo questi scempi facevano capolinea, le famose generazioni di architetti giapponesi. C è chi parla di 4 generazioni, includendo nella prima con la figura predominante di Kunio Mayekawa, che aveva lavorato con le Corbusier e dal quale assorbì una notevole influenza (1905) Allievo di quest’ultimo e portatore delle stesse dottrine, Kenzo Tange, il primo architetto giapponese a me noto da anni, vedi centro direzionale di Napoli. Con questi due grandi architetti, si dice…si sia raggiunto un delizioso esercizio di integrazione tra una architettura moderna che stabilisce un fluido dialogo con il linguaggio architettonico tradizionale. Un esempio effettivamente rappresentativo è il ginnasio olimpico di Tange a Tokyo. La curva della copertura, che termina angolare verso l’alto, richiama fortemente quella degli antichi templi, ma è inserita in un formalismo nuovo e dinamico.

La seconda generazione è quella capeggiata da Kurosawa, Isozaki, Maki, appartenenti al gruppo metabolista.Relazionavano l’architettura con lo squama organico-cellulare, osseo, endocrino,, circolatorio, con i cicli metabolizzanti e lo sviluppo degli organismi degli esseri viventi. Un edifico di case unifamiliari, poteva essere identificato come un albero, dove il tronco costituisce il nucleo di comunicazioni verticali e istallazioni. I rami rappresentavano i corridoi di accesso alle case, che in questo caso, divise in cellule abitative, avevano a che fare con le foglie. Sulla base di queste utopiche idee, nascono la città elicoidale di Kikutake e la città aereo di Isozaki.La terza generazione secondo il mio punto di vista, corrisponde a quella divulgata nelle nostre facoltà 1 decade fa. Parliamo infatti della generazione , il cui leader è Tadao Ando. Tra gli altri, Riken Yamamoto, Toru Muratami, Shin Takamatsu.A differenza della precedente generazione che in balia della megalomania iniziale delle sue pianificazioni teoriche, basate su giochi di piani e volumi, tralasciava i dettagli per manifestare tutto il suo entusiasmo verso la composizione generale, la terza generazione, si accosta con maggiore attenzione ai problemi di piccola scala, Ma soprattutto pone l’accento su di una elevata sensibilità estetica.

Che Tadao Ando era un ex pugile, e che non ha nessuna formazione accademica, riferente all’architettura tanto meno, e che si formò come un autodidatta, e che nel 1976, si fece notare per una casa progettata per se stesso, son cose che si leggono molto poco sul suo conto.Dirà di se:“……L’architettura da me pensata, continua la tradizione compositiva moderna, come del resto la sua metodologia formale, con l’unica differenza che io procuro di enfatizzare il contesto geografico e naturale, così come l’eredità storica e culturale. L’intento è quella di personalizzare la modernità mediante la semplice ma potente estetica concettuale, propria del Giappone.”La quarta generazione è quella composta dagli eredi di un gran caos nel mondo dell’architettura e della costruzione.Team Zoo, Mozuna, Hasegawa e Takamatsu, esplorano nuovi cammini, elargendo il peso dei manufatti e delle ideologie antecedenti. Operano, disegnando un panorama alquanto variegato e con traiettorie molto singolari, personali. La somma di questi stili, attualmente sembra riscuotere più favori, rispetto a quella bipolarità tra il profilo giapponese e l’ombra straniera…

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