” ……….infatti questa è

” ……….infatti questa è stata la tragedia di tutta la vita di mia madre:aveva sposato un uomo che l’aveva portata fuori dalle mura, fuori da Firenze, fuori dall’ombra del Cupolone dove lei, orgoglisamente era nata. Mia madre era sempre un pò aristocratica e ci andava poco volentieri in quel mondo lì- la strada con il tram, la gente che passava ogni tanto in bicicletta, e un marciapiede che era un pò la piazza del paese- perchè non voleva stare a “ciaccolare”, come diceva lei. però ogni sera d’estate tutte le donne portavano giù le seggioline impagliate, si sedevano e gurdavano i ragazzi come noi, i bambini che giocavano a nascondino o a zoppino sul lastrico della strada. Tutta la mia socializzazione è avvenuta lì. la mia infanzia l’ho passata sulla porta di casa, con mi madre sempre guardinga che non mi sporcassi e che non mi picchiassero. Comunque, quello che era il mio mondo, un mondo pieno di pregiudizi, ovviamente pieno di restrizioni sociali. ” attento a quello là!….la moglie di quell’altro è una poco di buono, non bisogna parlarci tanto…”però era anche un mondo sicuro, un mondo che conoscevi, perchè era un mondo limitato. non c’ erano incognite.

sembra che molti esploratori vengano da un mondo così…..”

brano tratto da La fine è il mio inizio di Tiziano Terzani.

avevo 10 anni, forse 12, non lo so, ma ho passato la mia infanzia-adolescenza in ambienti popolari, semplici, giocando alle belle statuine sotto la finestra di casa, o a saltare nella settimana disegnata sull’asfalto, con il gesso trovato per strada. Oppure mi ricordo di un gioco tipo nascondino, ma con una variante: il ragazzo che dopo il tocco a due mani, era stato condannato ad andare sotto, non doveva semplicemente girarsi e contare fino a 40, ma doveva andare a prendere il pallone tirato da un eletto del gruppo che sta giuocando e che dovrà nascondersi. Il malcapitato che appunto avrebbe avuto il compito di cercarci, doveva andare a prendere il pallone e riportarlo al punto che chiameremo G, per comodità. Dopo il tiro che doveva mandare ben lontano la palla, scattava il bello del gioco; Mister X correva a riprenderla mentre tutti noi dovevamo approffittare per nasconderci in quel lasso di tempo in cui lui era distratto. Poi iniziava la divertente ricerca e se qualcuno riusciva ad avvicinarsi al punto G e a ritirare un’altra voilta la palla, liberava quelli che erano stati acciuffati. Bhe sono ricordi vaghi, sono di 20 anni fa. Di sicuro, questi giochi favorivano la socialità.

La notte prima di addormentarmi in quella stanza rosa, con la moquette e le tapezzerie dell’armadio con la stessa fantasia delle tende, fantasticavo e pensavo “..un giorno viaggerò tanto, andrò perfino in Australia…”

“….sembra che molti esploratori vengano da un mondo così…..”

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