L’ ebbrezza che

L’ ebbrezza che provoca il suono dell’ennesimo timbro sul passaporto è un qualcosa di indescrivibile.

Altra tappa, altro taxi, altro pianto. Ci si sente persi a fare un viaggio così. Vaghi, giri, sorridi e non c’è niente di stabile, tutto questo ottunde i sensi. La pelle non conosce atmosfere, l’udito, la vista e l’olfatto sono continuamene storditi, da nuove percezioni.

Come se tutto ciò non bastasse ad allenare freneticamente i miei sensi, l’esperienza del viaggio Around the world, richiede tante altre concentrazioni. Volente o nolente, il mio inglese sta facendo passi da gigante, chiacchiero a lungo con anglo-parlanti e mi stupisco dei risultati. Per quanto riguarda l’informatica, editare un blog, una pagina web, effettuare ritocchi fotografici, organizzare documentazioni varie, inerenti ai differenti paesi, sono compiti che mi stanno facendo crescere abbastanza anche sotto questo profilo.

Lo studio accurato dell’architettura, delle differenti forme artistiche e del passato politico di ogni paese, circondato poi dal fare ordinario dei diversi popoli, le loro tradizioni, usi e costumi quotidiani, che involontariamente si assorbono, arricchisce molto più di quanto uno possa aspettarsi.

SHANGHAI GIUNGLA URBANA

Svettano verso il paradiso del progresso, slanciate torri di acciaio e imponenti grattacieli vetrati, con le sopraelevate che vi passano nel mezzo. Shanghai è una città elettrica, iperattiva, esplosiva, bulimica oserei dire.

Insaziabile divoratrice di tempo e spazio, Shanghai sogna di diventare pulita come Singapore, ricca come Hong Kong e forse grande come Tokyo. Una città senza storia antica, ma con una storia recente, gonfiata e snella allo stesso tempo, Shanghai che significa la città sul mare, era solo un piccolo paesino di pescatori, fino al 18º secolo. Adesso quel luogo sordido è diventato una delle più grandi metropoli del mondo.

Nelle prime decadi dell’800, eleganti velieri titillavano, le coste cinesi. Nascondevano ingenti quantità di oppio, erano gli inglesi con i frutti delle loro piantagioni indie. Alla loro miasmatica proposta, incentrata sul commercio nel succulento porto di Shanghai, l’imperatore Dao Guang, nel 1838, si oppose. Nacque così la guerra dell’oppio. Qualche anno dopo, nuovi maldestri capi militari, anch’essi britannici, mossero verso la Cina a suon di cannoni. L’imperatore dovette così piegarsi alla mafia occidentale e si firmò il famoso trattato di Ninchino, con il quale si sanciva l’apertura di 5 nuovi porti: Shanghai, Canton, Ningbo, Fuzho e Amoy. Nel 1948 i mercanti inglesi, furono affiancati da americani, francesi e giapponesi. Nacquero così all’interno di Shanghai, le cosiddette concessioni. Queste altro non erano che intere aree, che seppur ubicate in territorio cinese, erano gestite da una propria autonomia politica che differiva dal sistema cinese. Mentre ben presto americani, inglesi e giapponesi si unirono per formare la concessione internazionale, i francesi rimasero isolati, per cui il territorio si divise in 3 parti: la vecchia città cinese, la concessione francese e la concessione internazionale.

A quell’epoca Shanghai contava un milione e mezzo di persone, di cui 600 mila erano stranieri. Eldorado per gli affaristi e paradiso per gli avventurieri, la città sul mare, sempre più assomigliava ad una febbrile giungla umana.

Nei bordelli le ragazze cinesi, pettinate alla maschietta, profumate con colonie francesi e vestite all’ultima moda occidentale, aspettavano in file ordinate, di soddisfare i marinai appena sbarcati.

Nababbi ebrei, aristocratici russi in rovina, contesse decadute, spie giapponesi, pericolosi gangsters, si dividevano una città dove regnava già una mafia segreta: la Qing Bang. Capeggiata da un anziano e ignorante fruttivendolo, l’organizzazione si interessava di tutti i generi di crimini: controllo della prostituzione, spaccio di droghe, regolamenti di conti tra bande rivali, assasinii dovuti a morbosi motivi di gelosie sentimentali. All’alba coraggiosi giovanotti, per pochi dollari, si dedicavano all’emozionante raccolta di cadaveri per le strade shanganesi. Su questo pullulante tessuto cittadino, colorato di morti facili, personaggi tenebrosi e piaceri scadenti, crebbe il punto forte della Cina comunista e sicchè la città, da Shanghai voluttuosa si trasformò in Shanghai virtuosa.

La rivoluzione culturale iniziata intorno al 1966, ebbe i suoi massimi esponenti, a Shanghai, tra cui il Timoniere Mao e la sua donna, ex attrice ripudiata dalla vecchia Shanghai, che opportunamente seppe, prendere le proprie rivincite. Oggi resta ben poco di questo glorioso passato, ma non si può certo dire che Shanghai abbia venduto la sua anima al diavolo. Anzi. Passeggiando sul bond fanno bella mostra di se, gli eclettici palazzi, sedi di banche internazionali, dagli interni con pregiati marmi policromi, mentre nella zona della concessione francese, i viali sono riccamente decorati dagli alberi piantati 200 anni or sono e da questi si accede alle sontuose residenze dallo stile liberty. Lo charme francese che si installò a suo tempo non ha mai lasciato questa città, che a parte il luccichio brioso che anima le strade principali, mantiene nei vicoli colorati e poveri, una forte dignità

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