Dopo ripide salite azzurre,

RAPA NUI

I 15 MOAI

Dopo ripide salite azzurre, piegamenti dolorosi ma felici, dopo idilliache visioni, consulte a specchi magici, e cantilene stonate e dettate ai venti d’oriente, dopo l’indolenzimento delle narici, dopo gli abbracci stretti e i baci dolci, i sensi di colpa per troppa felicità, tutta insieme e troppo intensa, ammesso che la felicità abbia sfumature più o meno intense…. arriva un momento del mio viaggio, in cui guardo in basso, e vedo un punto all’orizzonte che ospita la mia casa.

vedo una “almanacca” discesa con la pavementazione trasparente, e attraverso questa ascolto la musica di una tango argentino, sento il freddo sulle mani del ghiaccio della Patagonia, distinguo nettamente i colori dei tessuti peruviani e le trame doppie delle lane boliviane. Sento l’acqua cristallina lambire i miei piedi sotto un cielo blu chiamato Messico e sento leggera la mano di un cubano dietro la mia schiena che mi fa ballare, mentre una gonna bianca con volà accompagna i miei piedi abbronzati che agili, danzano.

intravedo ciò che ancora manca al mio viaggio. cerco di indovinare, in fin dei conti, come una vera strega che si rispetti, ho indovinato una buona parte del viaggio trascorso sino ad ora.

ho scritto molto in questi mesi e mentre scrivevo e ricordavo ho pianto. le emozioni forti che riuscivo a scrivere nitide e quindi riuscivo a risenire sulla pelle, mi facevano piangere. quel piangere che amichevolmente chiamiamo anche commuovere.

non so se il resoconto del mio viaggio sara mai scritto tutto e sara mai letto, da occhi che non siano i miei.

non mi interessa. mi interessa SENTIRE, SENTIRE FORTE, SENTIRE TUTTO UN’ALTRA VOLTA MENTRE LO SCRIVO. FACENDOLO PER ME, SOLO PER ME.

AL rispetto, pubblico uno stralcio di un libro che non ho mai letto, ma che pe pura intuizione regalai ad una persona che era speciale per me in quel momento. una persona che ama scrivere.

quelle parole che mi spinsero a compare il libro, le sento oggi dirette a me. e sorrido mentre soono totalmente daccordo.

E COSÌ VORRESTI FARE LO SCRITTORE? di Bukowski


Se non ti esplode dentro a dispetto di tutto,
non farlo.
A meno che non ti venga dritto dal cuore e dalla mente e dalla bocca e dalle viscere,
non farlo.
Se devi startene seduto per ore a fissare lo schermo del computer o curvo sulla macchina da scrivere alla ricerca delle parole,
non farlo.
Se lo fai solo per soldi o per fama,
non farlo.
Se lo fai perché vuoi delle donne nel letto,
non farlo.
Se devi startene lì a scrivere e riscrivere,
non farlo.
Se è già una fatica il solo pensiero di farlo,
non farlo.
Se stai cercando di scrivere come qualcun altro,
lascia perdere.
Se devi aspettare che ti esca come un ruggito,
allora aspetta pazientemente.
Se non ti esce mai come un ruggito,
fai qualcos’altro.
Se prima devi leggerlo a tua moglie o alla tua ragazza o al tuo ragazzo o ai tuoi genitori o comunque a qualcuno,
non sei pronto.
Non essere come tanti scrittori,
non essere come tutte quelle migliaia di persone che si definiscono scrittori,
non essere monotono o noioso e pretenzioso,
non farti consumare dall’auto-compiacimento.
Le biblioteche del mondo hanno sbadigliato fino ad addormentarsi per tipi come te. Non aggiungerti a loro.
Non farlo.
A meno che non ti esca dall’anima come un razzo,
a meno che lo star fermo non ti porti alla follia o al suicidio o all’omicidio,
non farlo.
A meno che il sole dentro di te stia bruciandoti le viscere,
non farlo.
Quando sarà veramente il momento,
e se sei predestinato,
si farà da sé e continuerà finché tu morirai o morirà in te.
Non c’è altro modo.
E non c’è mai stato.

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