CRONACHE MICAELENSI, O CRONACHE DI SAN MICHELE

Cronache, parziali e a spizzichi e bocconi, di un viaggio appena concluso

C’era una volta…Un re!!! Diranno i miei piccoli lettori, e nO! E neanche un ciocco di ciliegio. C’era l’Arcipelago delle Azzorre, invece,…queste sconosciute. Chi sa, tra noi architetti, quello che sta succedendo laggiù? Siza, Gehry e compagnia non ci hanno ancora messo mano e quindi perché interessarci di quelle isole dove forse, dicono, riposa Cristoforo Colombo? O i di lui figli?

Fulgidità La lingua che ivi (vi) parlano, è una cosa celata sotto le mentite spoglie del Portoghese. Per darvi un’idea, diciamo,…diciamo che è come per un italiano sentire del fulgido dialetto barese.

Fratellanza atlantica Una patata molto molto piatta e allungata e ricurva sul lato occidentale come se fosse spezzata, insomma questa è l’impressione che ho dell’isola di São Miguel, una delle più solitarie dell’arcipelago. Oppure può assomigliare anche ad un Capodoglio. Alle volte, secondo un’indiscrezione lasciata da una gola profonda del luogo, si può sentire la mancanza di quel sentimento di fratellanza che c’è invece nel gruppetto di isole centrali.

Il giorno dopo Da Ponta Delgada, a sud, ho speso i miei bravi 2 euro e 9 centesimi di pullman (per dirigermi a nord). La prima cosa che fosse sulla costa nord, andava bene. Poco più, (o poco meno), di venti minuti, ed ecco che mi presento a Rabo do Peixe. Ho parlato di venti minuti, ma altri 10 sono passati prima che prendessi coscienza di quello che stava accadendo: era da un bel po’ di tempo che l’autista stava percorrendo le straducole dello stesso villaggio. Dal pullman osservavo incuriosito la piccola comunità di pescatori e non. Dal vetro del pullman alla porta di casa di un tipo delle volte ci separavano solo alcuni centimetri, in media sempre meno di dieci. Intanto l’autista continuava a fermarsi in dei “posti”, dei luoghi,…non sempre erano delle vere e proprie fermate. Alle volte era solo un incrocio, o una curva.

(Ma certo che stiamo a) Rabo do Peixe, mi rispose l’autista. Come per dire, dormivi? Di fatto aveva tutta l’aria di essere Rabo do Peixe, ma che ne so io se stiamo a Rabo do Peixe o no, avrei voluto rispondergli.

Obrigado, gli dissi. E così fui. Il pullman si era fermato in un incrocio. Su una curva c’era della gente ad aspettare e l’autista aveva pensato che fossero altri viaggianti. E aveva ragione. E questo doveva succedere tutti i giorni, qui a Rabo do Peixe, in ogni incrocio, in ogni curva, in ogni vuoto urbano o “spazio di risulta” rabense. Rabense?

Il Visitatore Dall’altra parte della curva-fermata-del-pullman, c’era la Casa del Popolo (comunista) per anziani. Era tutto in festa perché in quei giorni nell’isola de São Miguel ricorreva la festa dello Spirito Santo. O’, non badate al fatto che cambio continuamente tempi verbali, tipo dal presente al passato e viceversa. Comunque, pensandoci bene, forse era festa in tutto l’arcipelago. Era più logico che lo fosse, no? Bene, quello che trovai essenzialmente a RdP fu il seguente: il centro “storico” di un paesino che assomiglia tanto all’idea che i settentrionali hanno dei rioni napoletani; la chiesetta, la piazzetta addobbata nei giorni di festa e gli altoparlanti appesi ai lampioni della luce e sui cornicioni degli edifici; gli altoparlanti che urlavano a gran voce le musiche di una Laura Pausini portoghese; la strada principale del villaggio che attraversa lo stesso come un fiumiciattolo di pianura attraversa la Val Padana; un cane, anzi, una cagna in cinta, che attraversò la strada proprio mentre passava un gruppo di ciclisti…, dopo averne evitato uno, pensò bene di andarsi ad infilare sotto le ruote di una bmx condotta da un ragazzino robusto sugli 11/13 anni; un rione, pieno di case colorate antiche o costruite alla “maniera” antica, tra il centro e la strada costiera; un rione degli anni ’70, sempre colorato, ma ancora più malfamato; una matta che andava urlando a destra a sinistra nel rione anni ’70; gli uomini seduti o lungo la marginale oppure erano al porto, in piedi, a lavorare; oppure qualcuno era pure in centro; due bambini che mi vedevano fare le fotografie e mi chiesero qualcosa in una lingua incomprensibile; varie case “do Bendica” e una “do Porto”; la gente seduta fuori di casa, sull’uscio, per vedere come va il mondo; una tipa grassissima, ce n’erano molte, affacciata dalla finestra del piano terra per fare la stessa cosa; alcune case a due piani costruite per gli alieni (perché erano bassissime); e la tipa di prima che urlava nel rione anni ’70 e che andava a difendere i suoi diritti e quelli del suo uomo contro delle tipe sedute per terra di fronte all’uscio di casa; erano tutte sedute per terra di fronte l’uscio di casa; dappertutto; le donne con in mocciosi, gli uomini non si sa dove…

E poi ho visto anche

delle casine colorate

tante casine colorate

una casa gialla con cornici verdi (stile Brasil)

la ex casa del poeta

una casa verde con fascia arancione (o verde? o sono daltonico? giuro che sul posto mi sembrava arancione…)

il Grande Oceano

il dettaglio della casa Brasil

la casa rosa

la casa verde all’incrocio

le case dietro la casa verde all’incrocio

la casa verde e la casa azzurra, faccia a faccia

la parete della casa verde, per ammirarne il verde

gli uomini sul tetto della casa attaccata a quella verde

un muro verde

un’altra casa gialla

ancora un’altra

una traversa di case colorate

la stessa traversa, un po’ più avanti, con un’altra casa rosa ed un’altra casa verde

la casa di San Giovanni (erano molte quelle “protette” da Santi e Madonne)

un uomo in un’altra casa azzurra

la casa del fcp

un bar verde.

E due operatrici ecologiche: una era bassa e grassa, l’latra era grande e grossa con delle ciabatte “alte”, ed era pure un uomo. (No foto)

E più non dico su Rabo do Peixe.

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