Lieto, amaro, fine. Estivo.

Prima Lisbona e poi l’Alentejo, con i suoi faraglioni POSSENTI e le dolci colline cosparse di sugheri.
Poi Óbidos, che mi ero dimenticato di segnalare.
Coimbra, quella che studia.
Ed infine Porto, la laboriosa, l’antica capitale del Nord scolpita dal barocco di pietra del Nasoni, la Porto delle francesinhas e della Scuola architettonica tanto applaudita dal settore.
Porto, ma anche Matosinhos.
Anzi, per la precisone: Leça da Palmeira.

Alcuni “tattici” vedono le cose in questo modo: con gli anni, se non si curano certe amicizie si rimane soli.
Per altri sodalizi, invece, conviene puntare tutto sulla qualità del tempo trascorso.
Quando la qualità è alta, anche un solo rincontro per anno, o addirittura meno, sarà sufficiente per far ripartire il flusso canalizzatore dei sentimenti.

Alle Piscine delle Maree di Leça da Palmeira, dove si erano avventurati prima che li potessi fermare, li hanno cacciati per aver varcato la soglia al di là degli orari previsti.
Tesi difensiva: la porta d’entrata era socchiusa.
Per lo meno, sono riusciti a farsi una perlustrazioncina veloce, portata a termine proprio sul filo di lana e cioè qualche istante prima del secondo intervento della guardia.
Quando invece si sono presentati alla Casa del Tè, con me a capo della comitiva, la delusione è stata un qualcosa di irreversibile.
Sapevo che era visitabile solo al…“di fuori dei pasti”.
E a pagamento.
(Perdinci è monumento nazionale!).
Sapevo che in quel momento, al “calar del Sole”, entrambe le sale erano alla mercé di un famoso chef portoghese.
Ma mai, Mai, MAI…mi sarei aspetto di vedere…
Be’ insomma, non ero preparato.
Non eravamo preparati.
C’era molta foschia e freddo in quel momento, a Leça da Palmeira.
E avevamo tanto bisogno di un tè caldo.
E di una casa calda.

L’immagine di una donna rivestita di nero, dai capelli raccolti, elegante e severa,…per capire cosa volevamo ci ha dovuto aprire la porta, che era CHIUSA A CHIAVE.
La Casa del Tè, un luogo dove potevi andare a prenderti un tè,…caro, ma con la chance di poter incrociare un Souto de Moura in compagnia di due architetti milanesi.
Quella Casa del Tè, non esiste più.
Non esiste più lo spazio dove potevi prenderti solo il tè, uno spazio separato dallo quello adibito alla ristorazione vera e propria.
Quella Casa del Tè, recentemente restaurata dal suo autore, Álvaro Siza (Vieira) da Matosinhos, è entrata a far parte della mercificazione nazional-monumentale e del circuito del…“ciò che è portoghese è gourmet e buono…e quindi va pagato minimo 100 soldi a persona, se vuoi entrare”.

È la storia dei vecchi, vecchi fidati amici “dell’Italì”, che ti vengono a trovare per prendere parte ad una spettacolare avventura portoghese.
Alla quale tu, ovviamente, non potrai partecipare.
Non completamente.
Il problema è noto: non sempre il piano di ferie approvato dall’azienda coincide con i piani di ferie “affettivi”, quelli cioè che ti permettono di andare in vacanza con i compagni di merende della tua migliore esistenza.
Pazienza, almeno lavoro ce n’è, direbbe qualche buon sensato settantenne.

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