primo anno a Londra

…e insomma, un anno è andato. ed è andato con una velocità che quasi mi spaventa. un anno fa quasi preciso iniziava il calvario della ricerca della casa, mentre sotto una londra piovosa (un po’ stronzetta effettivamente in quell’occasione) scorrazzavo a destra e a sinistra, zompettando su e giù per la tube alla ricerca disperata e disperante della mia cuccia…incontrando di volta in volta i personaggi più grotteschi che londra mi ha dato il piacere di conoscere; mentre la notte condividevo la camera con altre 15 persone e la mattina a colazione venivo insediata dal 22enne rumeno fratello del gestore dell’ostello. a distanza di un anno sono certa di aver vissuto le prime due settimane in una sorta di trance, quasi drogata dalla riserva di energie (e di ottimismo) che non pensavo di avere.

conclusasi la ricerca della casa la mia vita ha preso la piega che avrei voluto, una quotidianità luminosa fatta di passeggiate per west hampstead per andare a lavoro, piene di bambini piccolissimi con la cravatta e la cartella, di alberi che ho visto spogli, poi con timide gemme verde quasi fluorescenti, poi carichi di fiori. fotogrammi, odori, talvolta visi a cui la mente e gli occhi piano piano si sono abituati. dalla mia cuccia di loveridge road sono arrivata a piedi praticamente in tutto il centro di londra, con lunghissime passeggiate in cui il viaggio era di gran lunga più importante della meta, che spesso di fatto nemmeno esisteva. parlo al passato ma è ancora così. lavorare fuori dal centro comporta l’emozione, reiterata ogni fine settimana, di ritrovarsi in oxford street, trafalgar square, hyde park e sentire che davvero sono a londra, qui dove le cose succedono, dove tutto è possibile e dove ognuno può trovare la propria dimensione, dove si corre il rischio di incrociare sir mc cartney a passeggio.

è scontato dire che non è tutto rose e fiori…non parlo della nostalgia di casa, che a volte c’è stata e ogni tanto rifà capolino; parlo di quello che succede nella vita, di quello che è naturale che succeda ma che vissuto da quassù, da lontano, ha un altro sapore, e comporta percezioni dilatate o attutite. ho l’impressione che la vita, per tutte le cose belle che mi ha dato nell’ultimo anno, me ne abbia sottratte altrettante: parlo del rapporto quasi quotidiano con alcune persone, in particolare la mia sorellina che mi manca da togliere il fiato, parlo dell’emozione di vedere il sole far capolino dal cono dell’amiata mentre la luce arancione fitra tra gli ulivi; dello svegliarsi la mattina del trentesimo compleanno festeggiata “live” da tutta la famiglia; parlo della perdita improvvisa della persona che, più di ogni altra, mi ha fatto diventare quella che sono e che ha lasciato un vuoto che non si può descrivere, perchè non si può descrivere il rapporto che ci legava.

ma sono anche convinta che tutto sommato il bilancio è sempre in pari, perchè le emozioni, le soddisfazioni, le scoperte che mi ha regalato londra nell’ultimo anno sono molte più di quelle che avrei immaginato. e la maggior parte di queste sono state condivise con la tenera metà.

londra ha plasmato alcuni aspetti del mio carattere: ho capito quasi subito che non potevo tenere sempre sotto controllo tutto, che le cose da ricordarsi, pianificare, concludere sono sempre troppe, per cui ho iniziato ad accettare il fatto che può capitare ogni tanto di perdere qualcosa per strada; ho imparato a convivere (non del tutto actually…) con l’incubo di perdere bus notturno-coach per l’aeroporto-aereo, e con tanti altri lati oscuri e fobie ingiustificate del mio carattere. e quello che non consumo in seghe mentali ingiustificate lo acquisto in energia :-). da questo punto di vista è una londra molto interiorizzata, molto psicoterapeutica diciamo. un anno fa per esempio non avrei immaginato che avrei trovato il coraggio, ma chiamiamola disinvoltura, di andare dall’omeopata, la cui visita è una chiacchierata fitta fitta di un’ora e mezzo in inglese.

ma le soddisfazioni maggiori derivano dl lavoro naturalmente: sono diventata molto autonoma nella gestione dei lavori che mi vengono affidati, molto più veloce e soprattutto ora so di cosa si parla, almeno; dodici mesi fa espressioni come schedule of work, studwork, raking out spalancavano la mia mente sul vuoto cosmico. i lavori partono, procedono e si concludono con una velocità impressionante (o forse è il tempo che quassù passa più veloce?), quasi ogni settimana c’è un lavoro che va in appalto, e un lavoro nuovo che arriva. la crisi da questo punto di vista, almeno per ora, non si fa sentire; nell’ultimo monday meeting patrick diceva che essendo per certi versi un “prodotto di nicchia” e non dipendendo in modo sostanziale dal capitale privato, il restauro/conservazione è uno dei pochi settori che sembra non risentire della crisi; e soprattutto sono talmente pochi gli studi che si occupano di conservation che il lavoro non manca mai.

concludo, mentre il sole fa capolino e si preannuncia una giornata che la BBC definisce di “white grey“, dicendo che sono felice di essere qui: la mia è una Londra immagino molto diversa dall’immaginario comune, forse poco sparkling e molto rilassata e quotidiana…e aggiungo che questa città, per la ricchezza di stimoli che offre e per i differenti stili di vita che ti permette di condurre, è splendida sempre…ma ora che si avvicina il Natale è magica. e forse, fatta eccezione per Siena ovviamente :-), è l’unica città in cui vorrei trovarmi in questo momento.

bene…anche per oggi da Loveridge Road è tutto. see you soon, buon delirio prenatalizio a tutti 🙂

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