Oggi piove: una classica giornata che svegli e dici ” ma chi me lo fa fare di alzarmi” e invece oggi proprio oggi mi sono alzato ben presto per stampare un biglietto, prendere un caffé (decente, alla fine forse l’ho trovato), e andare di corsa in stazione. La stazione di chamartin che quando la vidi in un viaggio molti anni fa mi sembrava incredibile, ora mi sembra abbandonata. Se qui a Madrid pioveva e facevano 10 gradi, al mio destino c’erano 5 gradi e un diluvio che manco Noé…ero arrivato puntuale ad Avila.
Nel mio periodo di disoccupazione mi muovo e come detto in altri post, ne aproffitto per fare quello che mi piace.
In Spagna l’edificio antico ce l’hanno un po’ sul gozzo, non gli va giù, il moderno piace molto di più; se qualcosa ha più di 100 anni allora già quasi subito si pensa a rifarla con degli interventi spesso discutibili.
Per fortuna anche qui ci sono professionisti che si dedicano al restauro e per fortuna (perdon per la rindondanza) ne ho trovato uno che è disposto ad accompagnarlo nei suoi cantieri. E così ogni tanto mi trovo dentro ad un palazzo in stato pietoso, tutto da scoprire, da analizzare e da fare star su. Le vibrazioni positive sono incredibili nel vedere quei tre mattoni che sudano storia, che sotto ce n’hanno altrettanti di 100 anni prima, con testimonianze evolutive incredibili, che perderle sarebbe un dispiacere. Sto scoprendo poco a poco come lavora un equipe di specialisti che cercano, finalmente di fare le cose per bene.Oggi per esempio mi sono trovato nel mezzo di una discussione sul perché sotto, dentro una muratura del ‘700 ci fosse niente meno che una balaustra in legno, magari del ‘600. E quella balaustrina decide, è un elemento che condizionerà e cambierà l’idea di progetto, di un progetto già fatto e consegnato. Ma la fretta non c’è, e nemmeno la mania del guadagno su quel cantiere. Si mettono freni e si ragiona. Questo secondo me è fare architettura, ragionare sulle cose, ogni minimo elemento esistente, ogni voce, qualsiasi testimonianza contribuisce al prodotto finale.
Probabilmente sono seghe mentali, ma almeno si ha la garanzia che il risultato finale non sarà risultato di un gesto, di un’imposizione dell’onniscente architetto, ma il frutto di un ragionamento.
Per me tutto questo è oro colato, è quello che ho studiato, quello che più o meno voglio fare, perché se essere “architetto” significa imporre un concetto, una idea, allora andrei a fare il pubblicitario, il venditore.
Un post su una balaustra di legno? Beh sì, perché secondo me quel pezzo di legno nascosto per anni è un simbolo di un modo di ragionare.
Al ritorno la temperatura si era addirittura abbassata.
2 risposte a la balaustra