lettera post-Natale

Sul foglietto con su scritto l’elenco dei nomi ho segnato tutti i pallini. Sulla sinistra di ogni nome, un pallino. Avevo stilato l’elenco delle persone a cui volevo fare gli auguri, via e-mail o tramite sms. Portoghese e Italiano. Fatti. Tutto fatto e concluso. Ma purtroppo alcune persone non hanno risposto. Ah! Portoghese, Italiano…ma anche Inglese, Eh! Per gli zii d’America, il sangue del mio sangue che un giorno mi piacerebbe tanto incontrare. A casa loro, sì, perché? E sennò che scrocco sarebbe? Un Natale di mangiate così non me lo ricordavo. Mio papà coglie sempre l’occasione per criticare gli eccessi nella produzione di cibo (“perché poi avanza!”), ma nei giorni a seguire mia mamma non cucina, (“riscalda”), e il problema dello spreco, tecnicamente, non sussiste. E adesso verrà il riposo, un Grande riposo, per poi mettersi d’accordo su cosa fare il 31. Assieme ad un mio amico, architetto e co-estimatore di Siza, ci metteremo a cucinare una tipica pietanza portuense, la francesinha (con l’uovo in cima!!! perché le tradizioni sono importanti). Ma questa è solo un’ipotesi. Non sarebbe la prima volta che lo facciamo, ma ci tengo a dire che fino a prova contraria noi due siamo gli unici italiani ad aver mai cucinato roba simile sul suolo italico. Ed anche se ci mancano le carni portoghesi e una pressatrice, il molho, cioè il sugo o sughetto, è proprio quello!

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