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Muy buenas a todos desde el corazon de la noche catalana!!! giornata di novità. Allo studio è entrato un progetto che sembra sia più urgente della sistemazione urbanistica alla quale ho lavorato sino ad ora. Quindi dopo aver disegnato e ridisegnato strade, marciapiedi, raggi di curva per manovre di auto e camion, aiuole, alberi e tentato giorno dopo giorno di scolpire un terreno così sfavorevole come quello che ahimè mi è toccato, ho trovato un pò di respiro. L’anteproyecto che dovrà avere sembianze progettuali venerdi all’una, riguarda la sistemazione di due aree adiacenti, che si trovano nell’ensanche di Barcellona. L’ensanche chiamato da “noi” qui, example in catalano, è lo splendido regalo che uno dei più grandi urbanisti di tutti i tempi ha lasciato alla ciutat condal. Un piano regolatore generale che ha segnato positivamente il territorio e che permette di migliorarlo ancora con interventi puntuali senza scombussolarne il disegno. Oggi alle soglie del nuovo millennio tutte le statistiche sottolineano come al primo posto tra i motivi che spingono abitualmente a visitare Barcellona ci sia l’architettura. Non a caso infatti, il suo modello urbanistico spicca sulla scena internazionale. Barcellona è stata la prima (e finora unica) città ad ottenere il prestigioso premio che L’Istituto Reale Degli Architetti Britannici abitualmente concede a singoli architetti. Qualche anno fa quando Tony Blair incaricò Sir Norman Foster di mettere a punto la ristrutturazione urbanistica delle dieci principali città della Gran Bretagna, l´architetto si basò sul modello della capitale catalana. E se la cultura urbanistica recente consente l’utilizzo di grandi aree importanti per spazi pubblici e attrezzature, il merito è da ricercarsi nell’opera di chi, per primo, ha tentato di dare statuto di scienza alla sistemazione del territorio: Ildefonso Cerdà. Si cerca invano chi abbia pienamente inteso quei processi che la città normalmente favorisce. C’è stato, infatti, un gran numero di studi sul disordine e la decadenza urbana, ma pochi hanno tentato di affrontare il problema della “salute urbana” e di fissare norme migliori per lo sviluppo e l’espansione della città, e la figura di Cerdà certamente si colloca tra questi. Il binomio natura umana e sviluppo tecnico-scientifico risulterà vincente nell’immensa scacchiera che aveva come basi i seguenti punti:

  • Efficacia nel sistema di comunicazioni ed interconnessioni.

  • Una giusta politica fondiaria.

  • Equivalenza spaziale e solare in ogni casa.

  • Orientamento strategico degli assi viari.

La giusta utilizzazione spaziale diventa terapeutica per far fronte ai problemi sociali. Il sistema a scacchiera era stato scelto perché la regolarità e l’omogeneità avrebbero semplificato la circolazione e quindi favorito le relazioni sociali, grazie anche ad un piano di comunicazione scorrevole. Per Cerdà esistono due funzioni essenziali: il movimento e la stasi. La costruzione degli edifici e la viabilità sono due idee correlate e indissolubili di cui una non può esistere senza l’altra.

“… la via delimitava l’isolato dandogli una forma quadrata di 113 metri di lato con quattro smussature di venti metri che trasformavano gli incroci delle vie in piazze ottagonali, che rendono più facile “strada corridoio” la circolazione. Gli isolati così configurati erano degli ottagoni di 12370 mq di superficie di cui almeno 8000 occupati da giardini. In tal modo la superficie costruita avrebbe dovuto occupare soltanto due lati dell’isolato, fatto che insieme alla scomparsa della “strada corridoio” rappresentava nel 1859 una vera rivoluzione. In questo modo l’intimità dell’abitazione veniva rispettata e veniva anche assicurata una buona ventilazione e l’esposizione al sole in ogni ora della giornata. Le strade erano tutte larghe venti metri, tranne gli assi principali, larghi 60 e anche 80 metri, che permettevano contemporaneamente il passaggio di sei pedoni e di quattro veicoli in ciascun senso. Gli incroci, nei quali Cerdà elencava 200 punti di conflitto, erano tutti ottagonali disposti in modo da soddisfare ogni esigenza di locomozione. Quanto ai servizi, il modello teorico del progettista indicava un centro sociale e religioso ogni 25 isolati, un mercato ogni quattro quartieri, un parco urbano ogni otto quartieri, e un ospedale all’esterno della città per ogni settore di sedici quartieri. La densità media reale era di 250 ab/ha o, come si diceva allora, di 40mq per abitante, che corrispondeva agli standard raccomandati dai comitati di igiene pubblica.”

Da questo stralcio estrapolato dal saggio di Antonio Lopez de Aberasturi si percepisce la natura del piano Cerdà e di come egli stesso pone l’accento sui problemi della società, come era radicata in se la convinzione di impiegare tutte le sue forze “al servizio della classe operaia” . Tutta questa premessa andava fatta visto che questo è un blog su Barcellona e poi serviva per inquadrare bene l’iserimento delle due porzioncine di suolo, sulle quali ho passato l’intera giornata, che appunto appartengono ad uno degli ottagoni del piano su riportato. Ma la cosa bella è che non avevamo tanto materiale a parte quello impresso da internet, quindi son dovuta andare all’archivio municipale a cercare qualche pianta interessante dell’area in questione. L’ente si trova in Carrer Bisbe Caçador nº 4, un vicoletto sperduto, perpendicolare alla prima parallela a Via Layetana, storico asse di collegamento tra la montagna e il mare. Tra gli odorini tipici di Barcellona sui quali evito di soffermarmi, giungo al numero 2 del suddetto vicoletto, accanto ad una porticina che nessuno mi apre e dove c’e’ scritto “archivio municipal de Barcelona”, passa una bellissima ragazza bionda con due grandi cani neri e parla con loro in italiano, le chiedo gentilmente, nella nostra lingua, dov’è l’entrata dell’archivio e me lo indica stupita del fatto che non glielo avessi chiesto in spagnolo…. in questo squarcio di centro storico catalano dal sapore grezzo, noto una porta di vetro ben incastonata ad una parete di pietra e a lato leggo che sono nel posto giusto, finalmente. Entro in una sala rettangolare, dove mi chiedono i documenti e poi mi fanno compilare la classica scheda di cui sempre ci lamentiamo (capita sempre e in tutte le città), dopodichè mi dirigo all’ascensore. Come nelle banche mi costringono a lasciare nei minuscoli armadietti metallici i miei averi e finalmente entro nella sala giusta. Pavimento di finto gres, grigio, pareti rivestite di legno chiaro, lo stesso degli enormi tavoli centrali, infissi verde chiaro, atmosfera silenziosa e cosa che mi ha stupito moltissimo, la presenza di numerosissimi studiosi ultrasettantenni. Unica nota stonata i neon, lunghi sui tavoli, senza grazia e troppo forti, da sala operatoria direi…. dopo il primo quarto d’ora, mi comunicano che il supporto cartaceo dei documenti che cerco può darsi che non esista, perchè dopo la guerra civile molti di questi, sono andati persi, (non è vero per
chè una mole interessantissima di materiale di questo tipo fu portato ai tempi della guerra a Salamanca, dove ancora si trova e i catalani lottano per il ritorno in patria di queste reliquie, oggi nel palazzo della Generalitat c’era giusto la presentazione di un libro che parla di questo tema ) in cambio hanno dei micro-film, e vabbè accontentiamoci per il momento. Inserisco il piccolo documento nello Scanner Canon 800 e noto che c’e’ solo una facciata, che non mi serve a niente perchè l’edificio è li tranquillo nella calle Bruc e posso fotografarlo quando voglio…. Insisto educatamente, con questa distinta signora dai capelli biondi cortissimi, che indossa una gonna longuette nera con golf leggero nero, mocassini neri, collant color carne e orecchini di perle ai lobi, fino a convincerla di approfondire un pò in più la ricerca. Dopo un pò torna e mi dice che gli esemplari non risultavano nell’archivio normale, perchè sono affetti da parassiti ( la parola che usa lei è: hongos) e si devono restaurare! E chiaramente la direttrice di quel dipartimento, proprio oggi è ammalata….. sfoggio un pò di parlantina e garbatamente, cortesemente, la metto in condizione di farmi arrivare con le mani su quei documenti ( i trucchi non si svelano e poi si sa…basta nascere a Napoli). Vestaglietta bianca di garza, usa e getta e guanti di lattice, entro in una stanza freddissima, per la temperatura e per l’arredamento metallico, e sotto il vigile occhio di uno degli impiegati, che non mi molla un secondo, mi riproduco fedelmente su un foglio la pianta dell’edificio del 1900 con relative quote ( quando mettono questa data è perche non sanno a quando risale l’edificio esattamente), il piano Cerdà è del 1859 vai a sapere quell’ottagono in che hanno fu costruito… esco dall’archivio con il bottino in borsa e con gli occhiali ancora sul naso, nel frattempo ha piovuto e le strade sono lucide e fresche, è anche ora di pranzo e dai ristorantini escono profumi che mi risvegliano un certo non so che, famelico….

oggi 20 ottobre….00,30

Massy, ti ho appena chiamato, hai il cellulare spento, volevo farti gli auguri di buon compleanno… ti ho lasciato ragazzo 5 anni fa, e stai diventando un uomo, mi sono persa il passaggio, peccato… l’importante è trovarti, quando ti rivedo dopo 2-3 mesi, sano, forte e con una morale giusta, come ci hanno insegnato mamma e papà. Stai sempre nel mio cuore, hermanito mio, tvb.

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